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Il gruppo di lavoro corporeo è un gruppo formato da terapisti praticanti. Una volta al mese, sotto la tutoria di Bianca, si istruiscono a vicenda sui vari aspetti pratici che un professionista di lavoro corporeo deve conoscere. Persona di contatto: Sabrina

 

 

Tutoria

 

Infarto del miocardio

 

 

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Indice della pagina

Infarto del miocardio

Terapia clinica

Vasodilatazione ...

Cause

Mortalità

Insufficienza cardiaca

Sedi dell¹infarto

Fattori di rischio

 

Sintomi

 

Cura e prevenzione

Diagnosi

Angina pectoris

Ricettario coronario

 

Pagine correlate:

Programma: Apparato circolatorio

Ricettario cardiovascolare

Lucidi: Malattie vascolari

Dispensa: Malattie vascolari

Lucidi: Lipidemie

Dispensa: Patologia metabolica

Lucidi: Superstizioni popolari

 

 

Da it.Wikipedia, l'enciclopedia libera. Articolo stilato da Renato Caniatti.Io ho solo aggiunto qualche illustrazione, le patologie accompagnanti, le terapie e i ricettari di medicina popolare.


L'infarto del miocardio (o infarto miocardico) è la necrosi del tessuto del cuore causata da una sospensione o dalla diminuzione dell'irrogazione sanguigna arteriosa.

 

ausgedehnter, bereits Jahre alter, völlig verschwielter Vorderwand-Septuminfarkt des linken Ventrikels; membranartig dünne, aneurysmatisch ausgeweitete, nicht mehr kontraktionsfähige Kammerwand im Infarktbereich. (Pschyrembel)

 

 

Cause

Si verifica per occlusione di un ramo delle arterie coronarie, originata quasi sempre da una trombosi su base aterosclerotica.

 

 

 

In questa malattia, avviene una deposizione di sostanze grasse sulle pareti delle arterie, con conseguente modifica della loro struttura e formazione di placche aterosclerotiche. Il vaso all'interno perde la sua levigatezza. Sulle placche ulcerate si vengono a depositare le piastrine del sangue e si formano trombi. Le piastrine, con la loro capacità adesiva, fissano a sé globuli bianchi e globuli rossi. Si forma così un coagulo. La massa corpuscolata si accresce rapidamente fino ad occupare tutto il vaso, attraverso il quale il sangue non circolerà più. Il territorio in cui questo sangue era diretto, resterà senza ossigeno e quindi morirà (infarto).

Oltre al motivo sopra, il sangue può essere bloccato anche da una emorragia nella parete dell'arteria, per rottura dei piccoli vasi che la nutrono.
Altre cause possono essere l'arrivo di un embolo o uno spasmo prolungato dell'arteria.

Queste cause, non sono comunque sufficienti all'insorgenza dell'infarto. Quando un'arteria si occlude, nelle sue diramazioni successive la pressione scende a zero, ma aumenta la quantità di sangue circolante nei vasi vicini. Il sangue raggiungerà la zona attraverso vasi che collegano territori dipendenti da altre arterie. Se il sangue arriva prima che le cellule muoiono, si eviterà ogni conseguenza, altrimenti insorge l'infarto. Affinché ciò accada è necessario che il diametro dell'arteria sia di una certa entità e che il fenomeno si verifichi rapidamente, in quanto impedisce la determinazione di un circolo collaterale che fa affluire il sangue alle zone in cui necessita.
Quanto più grande sarà l'arteria occlusa, tanto maggiore sarà la zona necrotica che potrà arrivare fino alla superficie esterna o interna del cuore.
Se arriva alla superficie esterna, si avrà una infiammazione del pericardio, normalmente liscio, ma che in questo caso acquisirà una certa ruvidezza. Questo si tradurrà in un fruscio, detto rumore di sfregamento, durante le fasi di contrazione e di rilascio del cuore. È comunque un fenomeno di scarsa importanza. Ben più grave se arriva alla superficie interna. L'infiammazione locale dell'endocardio, può determinare trombi nella zona lesa, con il successivo staccarsi di questi (emboli) e la loro entrata nel circolo sanguigno.


Sedi dell'infarto

La sede dell'infarto varia in rapporto alla coronaria occlusa:

Interessa maggiormente il ventricolo sinistro e, in base all'estensione dell'area infartuata, si possono distinguere: infarto massivo transmurale (tutto lo spessore della parete cardiaca), infarto massivo non transmurale, infarto laminare (verso la superficie interna del cuore), infarto miliare (a piccoli focolai).

 

 

 


 

Sintomi

 

Non sempre la sintomatologia di un infarto è chiara, a volte può essere mascherata da disturbi gastrici. Può persino mancare e venire rilevata casualmente da un elettrocardiogramma eseguito per altri motivi.
Normalmente, i sintomi dell'infarto sono imponenti e tipici, anche se non sempre a sintomi gravi corrisponde un infarto grave, in quanto la sensibilita al dolore è un fenomeno del tutto soggettivo. Solo un esame clinico potrà valutare l'entità del danno subito dal cuore.

 

Localizzazione di dolori

Il sintomo che domina su tutti gli altri è il dolore. Insorge all'improvviso, a volte dopo uno sforzo o un pasto copioso, ma anche a riposo, specie nelle ore notturne. È un dolore che si localizza in mezzo al petto, che viene definito a sbarra: da l'impressione di schiacciare, con il paziente quasi immobilizzato. Il dolore si può irradiare al collo, al braccio sinistro, più raramente alle due braccia (specie negli infarti posteriori). A volte può localizzarsi nell'epigastrio (zona corrispondente allo stomaco), può durare ore o giorni.
La deficienza di ossigeno nella zona del cuore colpita è la responsabile del dolore.
Nella fase iniziale, si può avere un momentaneo aumento di pressione dovuta a stimoli nervosi e all'adrenalina immessa nel sangue. Presto la pressione si abbassa e il paziente entra in collasso, si sente spossato, è freddo, pallidissimo e suda; il polso è debole e frequente. Questo è il momento più pericoloso.
A questi sintomi, si uniscono a volte anche nausea e difficoltà respiratoria.
Questo è il quadro della fase acuta dell'infarto, se questa viene superata, grazie alle possibilità terapeutiche esistenti, cessa ogni disturbo importante.

 


 

Diagnosi

Oltre che sulla sintomatologia, la diagnosi si basa anche sugli esami del sangue.
Dalla zona lesa, entrano nel sangue delle sostanze proteiche e degli enzimi che sono frutto della distruzione delle cellule. Le sostanze proteiche si cominciano a riscontrare già dopo un giorno dall'infarto e causano un aumento della temperatura corporea (37,5°-38,5°) ed un aumento del numero dei globuli bianchi e della velocità di sedimentazione dei globuli rossi. Gli enzimi più importanti sono le transaminasi, la creatinfosfochinasi, la latticodeidrogenasi, ecc.

 

Gli elementi diagnostici fondamentali, vengono però dall'elettrocardiogramma, che consente di accertare la presenza dell'infarto, la sua localizzazione e la sua evoluzione.

 

 


 

 

Terapia clinica

In fase acuta occorre il primo soccorso con l¹obiettivo di mantenere possibilmente un minimo di respirazione e di circolazione fino all¹arrivo dell¹ambulanza:

 

Gli obiettivi del trattamento clinico sono:

  • sedazione del dolore
  • riduzione del fabbisogno di ossigeno
  • prevenzione delle aritmie
  • recupero della circolazione nella zona ischemica.

La dissoluzione del trombo attraverso farmaci (trombolitici) rappresenta la possibilità terapeutica più interessante, che consente il ripristino del flusso del sangue nelle coronarie.

Attualmente esistono altre strategie di rivascolarizzazione miocardica più invasive ma più efficaci. L'esame coronarografico e successivo trattamento delle stenosi coronariche tramite angioplastica con o senza impianto di stent è anzi oggi la terapia di elezione per i pazienti con infarto miocadico. Certamente come tutte le manovre invasive è gravata da alcuni rischi che vanno dai meno gravi come lo pseudoaneurisma della arteria femorale (frequentemente utilizzata per l'introduzione dei cateteri coronarici) ai più temibili come la dissecazione coronarica. Ad onor del vero in mani esperte tali rischi sono largamente superati dai benefici specie se, prima della procedura, il paziente viene trattato con i moderni farmaci antiaggreganti come gli inibitori delle glicoproteine 2b/3a (nomi commerciali: Aggrastat per la formulazione a lento rilascio e Reopro per la formulazione ad azione rapida; nome molecolare: Abciximab) che sembrano ridurre la microembolizzazione a valle della stenosi, legata al microtrauma esercitato dai cateteri e dagli stent sull'endotelio coronarico. Per concludere, attualmente sono disponibili altresì stent a rilascio di farmaco, cioè in grado di rilasciare sulla parete del vaso interessata dall'impianto dello stent farmaci (Sirolimus e Paclitaxel ad esempio)in grado di controllare l'iperproliferazione neointimale riducendo sensibilmente la ristenosi a distanza.


Mortalità

La mortalità da infarto nel primo mese è di circa il 50%, la metà di queste avviene nelle prime due ore dalla comparsa dei sintomi. Negli ultimi anni i dati non hanno avuto miglioramento per le morti preospedaliere, mentre si è ridotta significativamente nei pazienti che arrivano in ospedale.


Fattori di rischio e prevenzione

Colpisce in prevalenza il sesso maschile (con fattore 4 a 1), con un incidenza di età tra 40 e i 60 anni di vita. Il rischio nella donna aumenta dopo la menopausa, arrivando ad eguagliare quello dell'uomo dopo i 50-60 anni.
Fattori di rischio sono l'ipertensione arteriosa, il diabete mellito, il fumo, l'obesità e l'ipercolesterolemia. Importantissimo è il fattore ambientale ovvero il sistema di vita.
Poiché il fattore ambientale è modificabile, l'infarto può essere prevenuto.
Occorre curare in modo continuo e scrupoloso le malattie predisponenti, tra le più importanti il diabete e l'ipertensione. Occorre anche un regime di vita equilibrato, che tenda a limitare l'aterosclerosi, evitando la vita sedentaria, specialmente se associata a tensione emotiva.

 

 

Consumando energie con il moto, si evitano gli squilibri tra alimentazione eccessiva e scarsa quantità di energie spese dall'organismo. Il moto procura anche distensione, che serve a limitare gli stimoli nocivi che giungono al sistema nervoso.

Occorre evitare il fumo, in quanto è dimostrato che la nicotina ha effetti peggiorativi sulle malattie dell'apparato circolatorio in genere, predisponendo il cuore all'infarto. Importante anche seguire una dieta proporzionata al lavoro svolto. Si suggerisce di ridurre il consumo di grassi (specialmente grassi animali), anche se epidemiologicamente non è dimostrato il beneficio di questa misura (vedi grafico accanto).

Occorre tenere presente che tutte queste precauzioni non possono prevenire in assoluto l'infarto, ma di sicuro possono ridurne l'incidenza.

Correlazione consumo di grassi / decessi per infarto del miocardio

 


Angina pectoris

E¹ un dolore di restringimento del petto, sintomo di ischemia coronarica. Si somministra immediatamente un medicamento vasodilatante a effetto breve (nitroglicerina) ed ev. un anticoagulate (1/2 pastiglia di aspirina).


Vasodilatazione e vasocostrizione

Vasocostrittori

farmaci che procurano vasocostrizione, cioè una diminuzione del diametro dei vasi sanguigni, grazie a una contrazione della muscolatura liscia delle pareti. Sostanze naturali che provocano vasocostrizione sono l¹angiotensina, la serotonina, le catecolamine, la caffeina, la nicotina ecc. I farmaci più impiegati nel trattamento dell¹ipotensione acuta agiscono direttamente a livello della parete vascolare, come l¹ergotamina (e altri derivati dalla segale cornuta), e l¹adrenalina.

Vasodilatatori

farmaci che aumentano il calibro dei vasi sanguigni. Se intervengono sulle vene riducono l¹afflusso del sangue al cuore e provocano una diminuzione della pressione nel piccolo circolo; se intervengono sulle arterie fanno diminuire la pressione sistemica. Sono di tre tipi a seconda del meccanismo d¹azione: vasodilatatori ad azione sulla muscolatura vascolare diretta (nitroderivati quali nitriti d¹amile e trinitrina usata soprattutto come coronarodilatatore); vasodilatatori inibitori delle fibre vasocostrittrici (spasmolitici, adrenolitici, ganglioplegici: tra questi la papaverina, dilatatore cerebrale e coronarico; l¹acido nicotinico, dilatatore arterioso; il propanololo e la clorpromazina); vasodilatatori con azione centrale diretta (reserpina e derivati), che sono impiegati in episodi acuti (scompenso cardiaco, edema polmonare, stato di shock, infarto ecc.), oppure in terapie prolungate in casi di insufficienza cardiaca, ipertensione. A questa classe di farmaci si è aggiunto di recente il sildenafil (Viagra), inibitore della fosfodiesterasi di tipo 5, indicato in caso di impotenza da deficit erettile.


Insufficienza cardiaca

Una delle conseguenze di un infarto al miocardio è evidentemente una certa insufficienza cardiaca. Dipende dall¹ampiezza della lesione cardiaca. Nelle cure di persone con precedenti eventi coronari, è sempre da rispettare ed ev. da curare.



Cura e prevenzione delle malattie coronarie

Per la prevenzione esistono innumerevoli proposte. Si tenta naturalmente di evitare l¹evitabile dalla lista dei fattori rischio, ma i risultati sono più che incerti, anche se la sanitocrazia e il salutismo ci fanno credere, che una ³vita sana² diminuisca l¹incidenza.

Dal punto di vista medico sono basilari perché causali:

Solo dopo, si tiene in considerazione delle misure affiancanti come alimentazione e stile di vita. Il salutismo invece non diminuisce ne i rischi arteriosclerotici ne di malattie coronarie.


 

 

 

Daniela Rüegg curavit

Luigina Janner curavit

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