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Benedetta Ceresa

abbozzo

Questa Dispensa fa parte di una conferenza sul linfodrenaggio tenuta da Benedetta Ceresa per le apprendiste di Galenica domestica presso Bianca Buser il ((data)) a Lugaggia.

Ringraziamo Benedetta che ci ha messo a disposizione la sua dispensa per il sito MedPop ad uso pubblico.
Redazione MedPop

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Sistema linfatico Dispensa AF 4.19 Malattie linfatiche Lucidi MmP 15.2 Malattie linfatiche Dispensa PT 4.5 Ricettario linfatico

1.  Accenni storici sul metodo

La creazione di questa tecnica si deve alla geniale intuizione del dott. Emil Vodder, kinesiterapista danese con una buona formazione scientifica (studi di medicina, biologia e filosofia).
Egli, insieme alla moglie Estrid, lavorò come massoterapista negli anni '32 -'36 in un istituto di cure fisiche a Cannes specializzato nella cura delle forme croniche di catarro. Qui, Vodder ebbe modo di trattare un giovane paziente inglese affetto da tonsillite cronica. Utilizzando delicati movimenti rotatori dei polpastrelli lungo le vie di deflusso linfatico della pelle di collo, gola e spalle, riuscì ad ottenere un miglioramento straordinario delle condizioni di salute del paziente, risolvendo la patologia.
L'utilizzo dello stesso tipo di manualità su numerosi altri pazienti affetti da sinusite cronica o simili patologie otorinolaringoiatriche, con il riscontro del medesimo risultato, condusse, a poco a poco, alla codificazione di una precisa tecnica, che venne presentata al pubblico, per la prima volta, nel 1936, riscuotendo notevole successo.
Nonostante lo scetticismo e le difficoltà, amplificate dal fatto che Vodder non era un medico, la tecnica si diffuse a Parigi (1936), a Copenaghen e successivamente, in Austria (Walchsee) dove, negli anni '70, Vodder aprì la dr. Vodder Schule con i coniugi Wittlinger.
Contemporaneamente il Dott. Asdonk in Germania riprendeva e ampliava la tecnica di base, applicandola alle patologie linfatiche più gravi e fondava le prime cliniche specializzate nella zona della Foresta Nera.
Ecco perché noi denominiamo il Iinfodrenaggio terapeutico secondo i suoi due geniali padri:

Linfodrenaggio Manuale Terapeutico secondo Vodder-Asdonk.

È da notare che in questo contesto viene adottato il termine semplificato "Terapia di Linfodrenaggio" o "Linfodrenaggio" per indicare la terapia fisica dell'edema.
Dire che si fa "linfodrenaggio" è scorretto dal punto di vista linguistico in quanto "linfodrenaggio" indica soltanto il fisiologico scorrimento di un fluido nei vasi linfatici.
La terapia manuale che esegue un "Linfoterapeuta" deve essere esattamente definita "Linfo-drenaggio Terapeutico" o "Linfodrenaggio Manuale".
Se in aggiunta si esegue un trattamento di bendaggio compressivo, allora verrà definita "Fisioterapia dell'Edema".

Questo approccio terapeutico apportò uno sviluppo incredibile al settore specialistico della Linfologia, fino ad allora di interesse secondario, cosicché in seguito vennero fondate cliniche specializzate per poter trattare i numerosi pazienti affetti da patologie linfatiche. In questo contesto meritano di essere menzionati i coniugi medici ungheresi Foldi che collaborarono con Asdonk dal 1979 al 1981 in Germania e che qui conobbero il linfodrenaggio terapeutico. Dopo il loro distacco fondarono una propria clinica. Il Dr. Fòldi chiamò il metodo di trattamento appreso dal Dr. Asdonk "Fisioterapia Combinata Decongestionante" trattandosi, però, esattamente del metodo terapeutico di Asdonk.
Ne risulta che l'importanza del Dr. Asdonk, legata alla linfologia, deriva anche dal fatto che i medici che dirigono le più importanti cliniche linfologiche della Germania hanno imparato da lui il linfodrenaggio terapeutico.

2.  Formazione

di terapeuti e medici specializzati

Nel 1969 il Dr. Asdonk aveva già avviato una scuola per la formazione di linfoterapeuti. Dal 1981 in Germa-nia vennero fondate altre scuole di linfodrenaggio che acquisirono le loro conoscenze dalla scuola di Asdonk. Anche per i Iinfoterapeuti la tecnica non può essere appresa da un libro, ma solo con la pratica. Riferendosi ai quadri clinici è molto difficile apprendere il proprio "sapere" studiando la teoria solo dai libri; bisogna studiare queste patologie collaborando con un esperto di questo settore.

Un medico che intende occuparsi di linfologia, deve soddisfare le seguenti condizioni:

  1. seguire un corso di linfodrenaggio della durata di quattro settimane presso un istituto riconosciuto e pos-sibilmente un ulteriore corso di perfezionamento sul trattamento degli edemi in una clinica linfologica.
  2. svolgere un'attività di almeno due anni in una clinica linfologia

In Germania, soltanto un corso di specializzazione teorico prati-co di quattro settimane, che si conclude con un esame, presso un istituto autorizzato è la condizio-ne necessaria perché la terapia di linfodrenaggio sia riconosciuta dalla Cassa Malati.
Inoltre un corso di base, seppure indispensabile, non è sufficiente: l'allievo terapeuta deve "farsi le ossa" trattando i primi pazienti con la supervisione di esperti.
"Linfologia" è la scienza che studia il sistema linfatico, ed in pratica anche una parte del settore specifico dell'angiologia, lo studio dei vasi. In realtà succede che di rado gli angiologi si occupino dei problemi linfolo-gici. Per altri versi i concetti di "Iinfologo" e di "Iinfologia" sono definizioni che non vengono salvaguardate nell'ambito professionale medico, come invece il "chirurgo", l'internista od il "ginecologo". Di conseguenza ogni medico può definirsi linfologo, indipendentemente dal fatto che abbia o non abbia esperienze in questo settore; quindi il paziente non è assolutamente in grado di distinguere, nel campo della linfologia, chi è spe-cializzato o meno.
La linfologia si estende ai settori della medicina interna, radiologia, chirurgia, ginecologia, medicina nucleare ed endocrinologia.
Inoltre la linfologia non si limita soltanto alle malattie del sistema linfatico ma abbraccia quelle patologie che possono essere trattate con la terapia fisica dell'edema. È necessaria quindi la diagnosi differenziale di fronte alle diverse forme di edema affinché venga promosso un esperto nel settore delle malattie edematose che dovrebbe essere definito più propriamente "edematologo". La maggior parte delle patologie linfatiche, inoltre, ha origine da tumori maligni o da terapie degli stessi, quindi il medico dovrebbe avere anche esperienza nel settore oncologico.

3.  Definizioni

3.1  LINFATISMO

Il linfatismo è l'ipersviluppo o ipertrofia degli organi linfatici. Come già accennato in precedenza, il Or. Vodder ebbe dei grandi successi terapeutici nel trattamento di bambini e ragazzini !infatici (cute pallida e tumefazio-ne del viso). Anche se oggi questa patologia si presenta raramente, l'indicazione al trattamento con linfodre-naggio può essere data in quei casi di bambini o ragazzini che presentano infezioni recidivanti dei seni para-nasali, della bocca, della faringe ed anche dei bronchi e, in casi eccezionali, può essere indicata anche per gli adulti.
Il trattamento con linfodrenaggio viene eseguito applicando le manovre con uno svuota mento delle catene linfonodali sovraclaveari ed in seguito col trattamento del collo, del capo ed anche dell'ascella. Il trattamento dovrebbe essere effettuato circa tre volte alla settimana per più settimane o mesi, meglio se in autunno.
Non può essere effettuato se sussistono stati febbrili, infezioni purulente o patologie linfonodali specifiche come ad esempio la tubercolosi. In questi casi, prima di intervenire con il linfodrenaggio, bisogna guarire l'infezione con una terapia farmacologica.

3.2  PREEDEMA

Con preedema si intende un edema latente o non immediatamente riconoscibile, che può avere una manife-stazione diffusa su tutto il corpo con un contenuto fino a 4-5 litri di liquido, senza che lo si possa riconoscere subito dall'infossamento lasciato dalla pressione prolungata con la punta di un dito (generalmente contro una resistenza dura - es.: tibia). Questo preedema può essere individuato solo grazie a regolari controlli del peso e a quanto riferisce il paziente, il quale lamenta un intenso senso di tensione. Una conoscenza prolungata e minuziosa del paziente ci consentirà di distinguere alla palpazione e attraverso il turgore della pelle, lo stato di preedema dagli stati non edematosi.

3.3  EDEMA

Trattasi di un visibile aumento dei liquidi (macroedema), normalmente patologico, che si localizza prevalen-temente nel tessuto connettivo sottocutaneo e interstiziale. Quindi è posto nello spazio intercellulare, al di fuori del sistema linfatico. L'edema altera i profili corporei ed ha una notevole deformabilità oltre ad un ele-vato turgore dei tessuti (gonfiore, tensione). Un edema può manifestarsi in modo unilaterale o simmetrico, localizzato o generalizzato, cioè può colpire una sola parte oppure tutto il corpo. Gli edemi possono inoltre essere differenziati dal fatto che abbiano un alto contenuto proteico (essudato) od uno scarso contenuto proteico (trasudato).
Gli edemi rispondono alla legge di gravità, quindi la prima manifestazione avviene particolarmente ai piedi, alle gambe e, in chi giace allettato sulla schiena, glutei, faccia posteriore delle cosce, e col tempo si possono estendere al resto del corpo. Per gli edemi simmetrici devono essere valutate le diagnosi differenziali con tutti gli altri tipi di edema, in modo particolare se vi è un interessamento degli arti inferiori. In un edema a distribuzione unilaterale bisogna ipotizzare inizialmente un edema allergico, reumatico infiammatorio, un edema traumatico, un flebedema (venoso), un edema artificiale o un edema ischemico.

3.4  MICROEDEMA

Si tratta di edemi localizzati di piccola entità, non visibili. Colpiscono soprattutto le piccole articolazioni in artropatie a carattere infiammatorio o degenerativo.

3.5  ANASARCA

È un edema generalizzato di entità particolarmente massiva, che compare negli stati di carenza proteica o in gravi insufficienze cardiache. Colpisce le parti declivi del corpo ed è estremamente deformabile e turgido.

3.6  VERSAMENTO

Il versamento è una raccolta di liquido incapsulato, ad esempio nello spazio:

4.  I FATTORI DELL'EDEMA:

I vasi linfatici sono sempre coinvolti nella genesi degli edemi. Da una parte può manifestarsi una diminuzione funzionale o meccanica della capacità di trasporto linfatico che da origine ai cosiddetti "edemi linfostatici" o 'Iinfedemi". In tal caso si tratta di una patologia dei vasi linfatici.
Dall'altra parte i vasi linfatici possono essere sani, con una normale capacità di trasporto ma non essere in grado di smaltire una iperproduzione di liquido e così si crea una "insufficienza linfodinamica" che è caratte-ristica di tutte le altre forme di edema. In tal caso sono patologici i vasi venosi, la composizione del sangue oppure sono alterati i rapporti della pressione sanguigna.
In corrispondenza della loro patogenesi gli edemi possono essere a basso o ad alto contenuto proteico, e tra questi si pongono le possibili forme intermedie. Nelle forme a bassa concentrazione proteica si tratta di edemi da eccesso di filtrazione di liquido (premendo si lascia un segno profondo, detto "fovea"), mentre nelle forme ad alta concentrazione proteica si tratta di un edema da eccesso di filtrazione di proteine (poco deformabile - segni poco profondi).

I fattori che influiscono nella formazione dell'edema sono:

  1. la pressione nel territorio circostante al capillare venoso;
  2. la pressione oncotica (colloidosmotica) o capacità di assorbimento;
  3. la permeabilità del capiIlare;
  4. il deflusso linfatico.

5.  EDEMI FISIOLOGICI.

Non tutti gli edemi sono patologici; qualche forma si manifesta fisiologicamente senza che necessiti di tera-pie. Questi edemi hanno sempre distribuzione simmetrica, colpiscono prevalentemente le donne e sono edema:

  1. da sovraccarico ortostatico;
  2. ciclico premestruale;
  3. edema gravidico;
  4. edema da calore.

5.1  ... DA SOVRACCARICO ORTOSTATICO.

Questo edema compare solo dopo una prolungata stazione eretta o seduta, senza mai compiere alcun mo-vimento. Compare, per esempio, dopo voli aerei intercontinentali o viaggi in autobus di lunghissima durata, dove si trascorrono 10-20 ore o più sempre nella stessa posizione. La causa di tutto sta nel fatto che, man-cando l'attività muscolare, vengono rallentati sia il ritorno linfatico che venoso portando ad un rigonfiamento
di piedi, caviglie e gambe. Questi edemi non sono significativi se, durante le normali attività quotidiane ed il lavoro, non si sono mai manifestati dei gonfiori. Gli edemi da sovraccarico vengono ulterior-mente aggravati dal caldo. Colpiscono preferibilmente le donne e si risolvono relativamente presto con un posizionamento in elevazione degli arti inferiori.

5.2  ... CICLICO PREMESTRUALE.

È caratterizzato dall'accumulo, di solito da 1 a 3 litri d'acqua nella settimana che precede l'inizio della me-struazione. Regredisce velocemente durante i primi giorni di mestruazione generando un aumento della produzione di urina. Circa il 25% delle donne mestruate soffre più o meno di questa sindrome che si pre-senta con senso di tensione a piedi, mani, seno e, talvolta, con una tendenza ad un gonfiore generalizzato in tutto il corpo. Contemporaneamente possono presentarsi cefalea, emicrania, mag-giore irritabilità, turbe dell'umore (sindrome premestruale) e tutto ciò può essere in parte spiegato da una condizione di lieve edema cerebrale ma anche da un disturbo dei valori centrali delle endorfine. Si presenta inizialmente al menarca (prima mestruazione) e termina, di solito, con la menopausa, anche se può perdura-re per altri 3-4 anni con sempre minore intensità. In tal caso viene detto solamente "edema ciclico".
La causa di questo edema premestruale sta nella maggiore produzione di estrogeni ed in una relativa caren-za di progesterone durante la fase luteinica, che si pone alla fine di un ciclo, per cui gli estrogeni sono re-sponsabili di questa ritenzione idrica.
Come definizione di edema corrisponderebbe, per lo più, ad un preedema. Per l'edema premestruale non è necessaria una terapia; è sicuramente da consigliare una dieta povera di sale nelle ultime due settimane del ciclo. Può essere utile il nuoto e sudare molto, sia con un'attività sportiva che in sauna. Le donne con so-vrappeso dovrebbero normalizzare il loro peso affinché venga alleviata la sintomatologia. Occasionalmente viene assegnata una terapia con bromocriptina (Pravidel) od una breve somministrazione di progesterinici (non superiore ai 10-12 giorni). Le donne interessate dall'edema ciclico premestruale di solito, durante una gravidanza, soffrono anche di gravi forme di edema gravidico.

5.3  ... GRAVIDICO FISIOLOGICO.

È un edema fisiologico se l'accumulo idrico non supera i sette litri circa; ciò corrisponde ad un aumento pon-derale fino al termine della gravidanza di circa 12-13 Kg. Tale riserva idrica è fondamentale durante la gravi-danza in quanto assicura un continuo scambio di liquidi tra la placenta ed il feto; uno stato di carenza idrica può causare dei danni fetali. Aumenti di peso eccessivi sono quindi collegati o ad un eccessivo deposito di adipe o ad una elevata edematizzazione. Una leggera deformabilità sui piedi e sulle gambe è da ritenersi, in questo caso, fisiologica come pure un evidente gonfiore di tutta la cute. Bisogna comunque escludere edemi legati a patologie epatiche o renali nonché i flebedemi conseguenti a trombosi, che sono relativamente fre-quenti durante la gravidanza.

5.4  ... DA CALORE.

Il calore genera una maggiore perfusione capiIlare ed una maggiore permeabilità vasale per cui si può ma-nifestare, in particolare tra le donne, la formazione di un edema generalizzato con particolare interessamento dei piedi e delle gambe. Questo quadro peggiora con il caldo umido e con la bassa pressione.

6.  PRINCIPI DI TERAPIA

DELL'EDEMA.

Le varie forme di edema dovranno essere trattate con terapie differenti secondo la loro patogenesi.
Una terapia farmacologica con diuretici può essere indicata nei casi di edema generalizzato a scarso contenuto proteico.
La fisioterapia dell'edema si esegue nei casi di edema ad alto contenuto proteico e negli edemi localizzati a scarso contenuto proteico. Negli edemi essudativi (ricchi di proteine) i diuretici non si dimostrano efficaci in quanto non sono in grado di allontanare le proteine dall'interstizio. Con la somministrazione di diuretici ver-rebbe unicamente innalzata la pressione oncotica e quindi l'acqua verrebbe richiamata dalle proteine con maggiore forza.
Soprattutto negli edemi combinati viene presa in considerazione una terapia mista farmacologica e fisiotera-pica.
Qui di seguito vengono spiegati i differenti edemi che vengono suddivisi in 3 gruppi in base alla loro indica-zione della fisioterapia dell'edema.

6.1  CLASSIFICAZIONE LINFOLOGICA

DEGLI EDEMI

GRUPPO 1

  • Linfedema
  • Flebedema
  • Lipedema

Edema:

  • artificiale
  • traumatico, morbo di Sudeck
  • da inattività
  • ischemico
  • diabetico
  • ortostatico
  • idiopatico
  • indotto da diuretici

GRUPPO 3
Edema:

  • renale (uremia, sindrome nefrotica)
  • di origine epatica
  • allergico
  • tossico
  • endocrino
  • su base dietetica
  • da farmaci
  • iatrogeno
  • angioneurotico ereditario
  • da altitudine

GRUPPO 2
Edema:

  • infiammatorio
  • reumatico
  • cardiaco
  • gravidico patologico

EDEMI COMBINATI
(molto frequenti agli arti inferiori)

7.  LlNFEDEMA.

Sono colpiti i vasi linfatici. La loro capacità di trasporto non è sufficiente per liberare i tessuti dal liquido interstiziale
che è normalmente presente ed in particolare non è sufficiente per allontanare le proteine interstiziali.
Si distingue in :

di persone colpite nel mondo).

MEZZI DIAGNOSTICI DEI LlNFEDEMI:
Solitamente è sufficiente una visita medica ed un'anamnesi dettagliata, se eseguita da uno specialista. Gli arti inferiori devono essere osservati con il paziente in posizione eretta.
Il più facile mezzo diagnostico per il linfedema è il
Segno di Stemmer (vedi immagine)
Ispessimento della plica cutanea delle dita dei piedi e delle mani. Nel 90% dei linfedemi degli arti inferiori questo segno risulta positivo. Nelle mani l'ingrossamento delle dita è circolare (a manicotto).

Altri test sono:

Non vengono evidenziati i linfonodi; infatti, il mezzo di contrasto usato, che è idrosolubile, si diffonde relativamente in fretta nel tessuto circostante. Attenzione! Nel 3% dei linfedemi compaiono alterazioni patologiche, mentre tra i sani si manifesta il 2% di alterazioni patologiche (del sistema linfatico); quindi questo metodo diagnostico ha un margine di errore del 5%.

7.1  LlNFEDEMA PRIMARIO.

Rappresenta il 10% di tutti i linfedemi.
Distribuzione: arti inferiori 95%, arti superiori 1%, testa e genitali 1%, più parti del corpo 3%.

CAUSE

(a) Ipoplasia (85%):
i vasi linfatici sono troppo piccoli od in numero troppo limitato o entrambe le condizioni; ne consegue una
minore capacità di trasporto.

(b) Aplasia parziale
una aplasia totale dei vasi !infatici di una estremità non è compatibile con la vita.
L'aplasia parziale può colpire diverse componenti del sistema linfatico, cioè i capi Ilari, i collettori o entrambi.

(c) Linfangiectasia:
dilatazione del vaso linfatico, allargamento del lume vasale, anche di parecchi millimetri di larghezza che non
consente più una normale chiusura delle valvole. Ne consegue una insufficienza funzionale con ristagno di
linfa (corrisponde alle varici venose = dilatazioni vasali del sistema venoso). È molto rara una linfangiectasia generalizzata nell'organismo che spesso, però, interessa le mucose intestinali e gli altri organi creando disturbi dell'assorbimento di vitamine e proteine.
Conseguenze: difetti dell'accrescimento, elevata predisposizione alle infezioni, edema da carenza proteica, versamenti pleurici, ridotte aspettative di vita.

(d) Fibrosi linfonodale primaria:
scarsa dotazione di linfonodi con relativo ingombro del flusso linfatico in vasi linfatici normalmente strutturati.

CLASSIFICAZIONE DEI LlNFEDEMI PRIMARI

(a) Linfedemi ereditari. Sono molto rari: 4% dei casi. Eseguire diagnosi differenziale attraverso anamnesi ed eventuale controllo parenti.
Si distinguono due tipi

  1. congeniti: Tipo Nonne-Milroy
  2. fino alla pubertà: Tipo Meige

(b) Sporadici, detti anche linfedemi accidentali (maggioranza: 96% dei casi )

  1. congeniti: Linfedema congenito
  2. fino alla pubertà: Linfedema giovanile
  3. dopo la pubertà: Linfedema precoce
  4. dopo i 35 anni: Linfedema tardivo

Rischio di linfedema sporadico: 1 % (trasmissione ereditaria ca. 1%)

Rischio di linfedemi ereditari: 50% (se il partner non è portatore)

PERIODI DI COMPARSA DEL LlNFEDEMA.

Raramente è presente alla nascita e compare quasi sempre durante la pubertà. Durante la quale si ha un
notevole aumento della filtrazione di linfa, dovuto al rapido accrescimento ed alle variazioni ormonali. Non è
rara la comparsa del linfedema durante una gravidanza, invecchiando compare sempre più raramente e
questo al massimo fino al 75. anno di età. La comparsa tardiva di un linfedema richiede sempre una diagnosi
minuziosa per poter escludere un eventuale tumore come possibile causa di un linfedema secondario.

DISTRIBUZIONE DEI LlNFEDEMI PRIMARI.

Donne 55%
Uomini 45%
Interessamento da linfedema:

Casi estremamente rari:

CARATTERISTICHE DEL LlNFEDEMA.

Di solito è più accentuato distalmente, cioè si manifesta inizialmente nella parte più lontana dai linfonodi e dal centro del corpo (mani, piedi, polsi, caviglie ecc.). è infrequente che sia più sviluppato prossimalmente e molto di rado si
estende ai quadranti corporei adiacenti. Il colorito della pelle rimane invariato ed è per lo più liscia.
Talvolta il linfedema in fase iniziale può rimanere reversibile per più anni. L'inizio dell'edema è scatenato spesso da contusioni, ematomi, infezioni e fratture. La sua progressione non è prevedibile.

SINTOMATOLOGIA.

Gonfiore, senso di pesantezza, senso di tensione, dolori da tensione, limitazioni motorie, raramente crampi
muscolari. Aggravato parzialmente dall'assunzione di alcool, da ondate di calore climateriche, da infezioni
e dallo stress. AI mattino i disturbi sono minori, ma aumentano nel corso della giornata, talora con comparsa
di dolori da "scoppiamento". In presenza di edemi gravi si verificano variazioni della capacità lavorativa. I sintomi
scompaiono con il Linfodrenaggio manuale.

DIAGNOSI DIFFERENZIALE.

In presenza di un linfedema bilaterale simmetrico è talvolta difficile, nelle donne più giovani, fare una distinzione tra un
linfedema e un lipedema. Escludere linfangiomi con l'ecografia.

STADI DELL'EDEMA# Edema latente (non riconoscibile chiaramente, solo scintigraficamente)

  1. Edema reversibile: involve durante la notte;
  2. Edema manifesto: linfedema manifesto.

GRADI DELL'EDEMA.

fino a 10%: lieve
fino a 20%: discreto
fino a 40%: forte
fino a 80%: massivo
fino a 160%: elefantiaco
oltre 160%: gigante

In caso di edemi monolaterali determinazione con l'edemometro.
Il grado degli edemi bilaterali deve essere valutato soggettivamente, il che richiede molta esperienza.

FISIOTERAPIA DEL LlNFEDEMA PRIMARIO.

(a) linfedema dell'arto inferiore:
trattamento di scarico dell'addome con le manovre respiratorie e drenaggio addominale profondo, molto importanti
perché spesso c'è un danno delle vie linfatiche addominali; in ogni caso trattamento classico (scolastico)
con esecuzione delle manovre per l'edema.

(b) linfedema dell'arto superiore:
direzionare il trattamento anche verso l'ascella controlaterale, altrimenti proseguire con trattamento classico
più le manovre per l'edema.
I bambini molto piccoli ed i neonati verranno trattati dai genitori, i quali saranno stati avviati allinfodrenaggio,
perché spesso il trattamento da parte del linfoterapeuta è possibile ma con difficoltà. La compressione con
bendaggi o calze dovrebbe essere portata solo per poche ore e non durante il sonno per il rischio di causare
necrosi da decubito,

7.2  LlNFEDEMA SECONDARIO

Il 90% dei linfedemi nell'Europa centrale sono di tipo secondario.

CAUSE

  1. operazioni o ferite
  2. radioterapia
  3. infiammazioni
  4. malattie parassitarie (solo nei tropici);
  5. lesione metastatica: Iinfedema maligno.

Operazioni, ferite e/o radioterapia.
La causa più frequente del linfedema secondario è la combinazione tra intervento chirurgico e radioterapia alla radice degli arti (sia superiori che inferiori). All'arto superiore nel 90% dei casi abbiamo un rallentamento del flusso linfatico, ma solo nel 30% si sviluppa un edema manifesto. Negli interventi all'ascella (senza radioterapia) solo il 10% dei casi sviluppa linfedema.
Nei casi di radioterapia mirata all'ascella (senza intervento) abbiamo ancora un 10% di linfedemi. Nei casi di
interventi senza radioterapia all'inguine o all'ascella, i linfedemi si sviluppano subito o a breve distanza di tempo dall'intervento e solo casi eccezionali sviluppano un linfedema a distanza di anni.
Nei casi di radioterapia all'inguine o all'ascella senza operazione, l'edema non si manifesta subito (raro) ma nella maggior parte dei casi, dopo mesi o anni, a causa della crescente retrazione del tessuto connettivo (per la fibrosi da raggi).
Questi linfedemi secondari hanno inizio distale nell' 80% e centrale nel 20% dei casi.
La sola mastectomia non provoca edema!
Cause più rare di un linfedema secondario sono le operazioni o le irradiazioni all'estremità stessa (in sarcomi, operazioni di by-pass, interventi di varici), come pure le ferite accidentali e le vaste ustioni degli arti.

Il 75% di tutti i linfedemi sono secondari dell'arto superiore, conseguenti a carcinoma mammario.
Questa patologia di rado colpisce anche il maschio.
Nel 50% dei casi trattati con terapia combinata la comparsa di questo linfedema avviene fino anche a distanza
di un anno. In seguito diventa sempre meno probabile, ma ancora possibile fino a 25 anni dopo, poiché
con la lenta retrazione delle radiofibrosi profonde si giunge ad uno strozzamento delle vie linfatiche.
Una comparsa tardiva del linfedema deve farci pensare ad una recidiva e alle relative indagini per i tumori.
Tre o quattro anni dopo la terapia contro il carcinoma il rischio di ammalarsi di un linfedema maligno è già
quasi uguale a quello di un linfedema benigno.
La possibilità di andare incontro ad un linfedema maligno si protrae fino al 32° anno dopo la prima operazione

(necessaria sicurezza istologica).
Il 5% dei linfedemi secondari dell'arto superiore sono causati da altre malattie come malignomi laringei, orali,
della lingua, gola, pelle, polmoni, bronchi, esofago, tiroide, malattie sistemiche dei linfonodi (e sistema linfatico),
come il morbo di Hodgkin, e dopo traumi.

(1) Linfedemi secondari particolari

(a) Linfedema mammario secondario.
Provocato da metastasi linfonodali, se la mammella non è stata asportata
Dopo una radioterapia della mammella, dopo mastectomie conservative, si crea un edema mammario dolente
con tessuti molto tesi che non corrisponde ad un linfedema ma ad un edema infiammatorio. Regredisce
spontaneamente dopo alcune settimane o mesi; con il linfodrenaggio consentiamo però un più rapido miglioramento
dei dolori da tensione e del gonfiore (vedi edema traumatico).

(b) Linfedema secondario del capo.
Compare dopo interventi e/o radioterapie sui linfonodi cervicali e sovraclaveari, in malignomi della bocca,
della gola, della laringe, cancro cutaneo, tiroide e patologie maligne del sistema linfatico, raramente
in metastasi cervicali originate da carcinoma mammario.
L'intervento di dissezione dei linfonodi cervicali e sovraclaveari di una catena linfonodale cervicale viene
detta "Neck dissection".

(c) Linfedema secondario di genitali e arto inferiore.
In particolare si manifesta dopo interventi e/o radioterapia.
Donne: carcinomi dell'utero e della vulva, più raramente da malignoma ovarico o degli annessi.
Uomini: nei malignomi dei testicoli e della prostata.
Entrambi: in patologie dell'intestino, della vescica, nei tumori della pelle e nelle patologie sistemiche maligne del sistema linfatico; relativamente frequente anche dopo incidenti, ferimenti, ustioni, schiacciamenti, fratture complesse. Di rado compare dopo interventi sulle varici venose o in asportazione di vasi venosi per by-pass coronarici. Possibile edema del moncone dopo un'amputazione.

(d) Infiammazioni.
Si manifesta soprattutto in seguito a erisipela recidivante, di rado da linfangiti (infiammazione delle vie linfatiche)
e ancora più raramente da tubercolosi dei linfonodi. Si forma una struttura cicatriziale del vaso linfatico oppure una cicatrizzazione del linfonodo che aggravano il flusso linfatico. Dopo la guarigione dell'erisipela spesso non è possibile riconoscere un linfedema primario o uno secondario poiché l'erisipela può rendere manifesto un linfedema primario latente. Sono possibili linfedemi postinfiammatori dell'arto inferiore scatenati da flebiti recidivanti.

(e) Malattie parassitarie.
La filariasi provocata dalla "Filaria Wucheria" nelle zone tropicali, che viene trasmessa dalla puntura di una zanzara, e che raggiunge attraverso la pelle il sistema linfatico, vi si sviluppa e crea delle occlusioni meccaniche.
In Europa non esiste alcun rischio di malattia.

SINTOMI DEL LlNFEDEMA SECONDARIO.

Sono come nel linfedema primario; si aggiungono alterazioni cutanee vasoneurotiche che si presentano sottoforma di colorazioni bluastre o rossastre e parestesie reversibili che compaiono in edemi a sviluppo molto rapido con sovradistensione della pelle. Negli edemi a rapida formazione è presente inizialmente una notevole deformabilità e un tessuto molto turgido; in seguito lentamente c'e una progressiva perdita di queste caratteristiche a causa della formazione di fibrosi a contenuto proteico causate dalla deposizione di sostanze proteiche nell'interstizio. Il paziente lamenta una estrema affaticabilità delle estremità colpite. Una forma estremamente grave di linfedema dell'arto superiore può addirittura causare la lussazione dell'articolazione scapolo-omerale.

Linfedema maligno.
È la forma più grave di Iinfedema secondario meglio descritta come "Iinfedema a carattere maligno" o "Iinfedema carcinomatoso" o "Iinfedema tumorale" che stanno a significare un linfedema condizionato da una patologia maligna o dalle sue metastasi. Gli edemi maligni costituiscono il 10-15% di tutti i linfedemi secon-dari e l'evoluzione del tumore comporterà relativamente una progressione lenta o veloce dell'edema.

FISIOTERAPIA DEL LlNFEDEMA SECONDARIO.

Mi limito a descrivere il trattamento degli edemi più frequenti. Quelli per esempio della testa o dei genitali sono per fortuna molto rari e comunque complicati da trattare.

(a) Terapia del linfedema secondario dell'arto superiore.
Nel linfedema benigno il trattamento si orienta in particolare verso l'ascella controlaterale; per il resto: tratta-mento classico più le prese per l'edema Se sono presenti fibrosi da raggi, non vanno trattate all'interno ma tutt'in-torno. Importante lo stiramento o l'allungamento delle fibrosi. Trattarle con cura durante le manovre di stira-mento e di scioglimento poiché sussiste il pericolo di lacerazioni cicatriziali con sanguinamento e conse-guente peggioramento dell'edema. Di norma si istruisce il paziente affinché esegua quotidianamente, da solo, un tratta-mento di 10-15 minuti per due volte al giorno
È importante ammorbidire le fibrosi da raggi per prevenire un ulteriore imprigionamento delle vie linfatiche e dei plesso brachiale.
Invece le fibrosi proteiche del tessuto, che si formano specialmente nell'avambraccio, possono essere trat-tate con molta forza e intensità (scioglimento della fibrosi).
Il trattamento di compressione si effettua nella fase di regressione dell'edema applicando un bendaggio; questo si adatta bene alla variabilità delle circonferenze, al contrario di una calza compressiva confezionata.
La ginnastica ha lo scopo di esercitare i movimenti a pompa di tutto l'arto eseguendo esercizi isometrici nel bendaggio. Attraverso la pressione muscolare contro il bendaggio viene incrementato sia il deflusso linfatico che venoso. Gli esercizi non devono però provocare affaticamento muscolare che può causare un peggio-ramento dell'edema. Si eseguiranno esercizi sotto forma di "Intervalltraining".

.

(b) Terapia del linfedema secondario dell'arto inferiore.
Sono importanti le vie di scarico!Sia le vie linfatiche addominali profonde che quelle lungo i fianchi in direzione ascellare. Su sospette recidive tumorali del bacino non si effettua il trattamento addominale profondo.
In caso di fibrosi da raggi, eseguire un trattamento intensivo di ammorbidimento con molta attenzione, so-prattutto nella zona dell'inguine o del basso ventre, eventualmente anche sui glutei. In ogni caso trattamento classico degli arti inferiori con stimolazione dell'anastomosi ischiatica, posta sulla faccia posteriore della co-scia.
Per il resto, vale quanto descritto per l'arto superiore.

Probabilità di successo dellinfodrenaggio
Nei linfedemi primari e in quelli secondari benigni:

Nel linfedema maligno:

solo una terapia palliativa importante per lenire i dolori e per migliorare la qualità di vita.
Nel linfedema maligno l'unica controindicazione al linfodrenaggio è la metastasi locoregionale, se non è an-cora stata avviata una terapia adeguata antitumorale, mentre sarebbe possibile da subito neI caso in cui sia già stata iniziata la terapia (radiazioni, chemioterapia, terapia ormonale).
Per principio le metastasi possono essere mobilizzate dal trattamento, per cui sussiste il pericolo teorico di una più rapida diffusione di cellule tumorali tramite il linfodrenaggio; in pratica, però, non è ancora stato tro-vato nessun riferimento a questo tipo di complicanza.
Nei linfedemi maligni molto tesi può essere assegnata una terapia palliativa con diuretici che normalmente non andrebbero mai somministrati. Nessuna controindicazione al linfodrenaggio manuale nelle metastasi a distanza o recidive locali molto estese non più trattabili.

Terapia profilattica nell'edema.
II linfodrenaggio manuale, in parte, viene applicato a scopo preventivo nelle mastectomie, per evitare l'insor-genza dell'edema. Tale misura preventiva non è razionale in quanto non è dimostrato se il singolo paziente avrà un linfedema oppure no.
È più importante una profilassi dell'edema e l'applicazione intensiva di linfodrenaggio alla sua comparsa; non è invece altrettanto razionale l'uso di una calza compressiva a scopo profilattico.

7.3  COMPRESSIONE NEI LlNFEDEMI

(vedi immagini)
Il bendaggio e la calza possono essere piuttosto tesi, ma i dolori che compaiono a riposo e il ristagno venoso (dita blu di mani o piedi) sono disturbi che devono scomparire immediatamente con il movimento. Se per caso questo non dovesse succedere, bisognerà assolutamente allentare la compressione.
Le calze devono principalmente contenere completamente l'edema. La pressione deve essere massima distalmente mentre deve diminuire proseguendo prossimalmente.
Prendendo le misure per la calza bisogna tenere conto che lavandola può restringersi un po', perciò non deve essere confezionata troppo stretta o troppo corta.
È consigliabile portare una calza solo di giorno, non necessariamente di notte. In casi eccezionali si può assegnare una compressione anche per la notte, soprattutto in casi di edema maligno o quando l'estremità si riempie in fretta di liquido durante la notte. Per la compressione notturna usare solo la classe di compressio-ne I, perché altrimenti il riposo notturno verrà disturbato dai dolori da compressione.
In casi di allergie alla gomma è possibile ordinare, presso ditte specializzate (es. la Zorn), delle calze con rivestimento in cotone o seta.
Infilando i collant o calze compressive si devono usare, per principio, i guanti di gomma, sia per proteggere le calze che per infilarle con maggiore facilità.
In caso di sclerosi delle coronarie, i bendaggi troppo stretti o delle contenzioni elastiche molto estese posso-no portare a dolori anginosi.
Nei neonati e bambini piccoli è possibile applicare il bendaggio solo per qualche ora. Attenzione ai segni da pressione (strie rosse) che possono provocare una necrosi da pressione. Non lasciare il bendaggio durante il sonno. La calza ha senso solo dalla fine de 2° anno di vita.

COMPRESSIONE NEL LlNFEDEMA DELL'ARTO SUPERIORE.

Classe di compressione 2.
Per gli uomini, e per le donne che la tollerano, è possibile usare la classe di compressione 3.
Per i pazienti anziani, nelle paresi degli arti o nelle ipersensibilità alla pressione è necessario scegliere il materiale particolarmente delicato e senza cuciture.
Calza compressiva per l'arto superiore: uò essere utile un guanto compressivo perché è possibile un ristagno distale con gonfiore della mano e delle dita.
Nei guanti compressivi bisogna sempre inserire una cuscinetto di schiuma di lattice 'Komprex" (della Ditta Lohmann) su misura per il dorso della mano e altre compres-se non su misura per il palmo della mano; la compressa sarà reniforme per il guanto con le dita oppure ovale per il guanto senza dita, necessarie per l'lntervalitraining. I guanti saranno in materiale compressivo della classe 1 o 2.
Con protesi mammarie molto pesanti, utilizzare speciali reggiseni con spalline larghe, per evitare che si formino i solchi sulle spalle come con i reggiseni con le spalli-ne troppo sottili (schiacciano i vasi linfatici cefalici)

COMPRESSIONE NEL LlNFEDEMA DELL'ARTO INFERIORE.

Per il linfedema dell'arto inferiore normalmente si usa la classe di compressione 3. Gli uomini più giovani e le donne che la sopportano possono usare la classe di compressione IV. Ai pazienti più anziani ed a coloro che non sop-portano la pressione si consiglia la classe di compressione 2.
Nei linfedemi massivi (oltre 40% di volume di edema) è consigliabile una sopracalza compressiva nella clas-se di compressione 2.. Se il tessuto non viene tollerato si consiglia il materiale Bellavar senza cucitura di-sponibile nella classe di compressione 2 e 3,
Per principio tutte le confezioni sono eseguite su misura. Sono disponibili anche degli ausili di seta per in-dossare le calze, da infilare precedentemente sulla punta dei piedi.

7.4  ALTRI TIPI DI TERAPIE PER I LlNFEOEMI.

APPARECCHIATURE A COMPRESSIONE MECCANICA.

Le apparecchiature a monocamera sono proprio sconsigliate.
Quelle a più camere sono probabilmente le migliori, poiché, grazie all'andamento peristaltico della pressione, si adattano maggiormente alla fisiologia.
Se ne consiglia l'applicazione in associazione con il linfodrenaggio manuale, avendo precedentemente liberato ma-nualmente le vie di deflusso; altrimenti avremo una stasi di proteine alla estremità prossimale del manicotto, con il pericolo che insorgano fibrosi circolari che possono impedire il deflusso linfatico. Può essere utile nei linfedemi massivi per alleggerire il terapista dalle faticose manovre per l'edema.
La compressione non deve essere dolorosa. La durata di un trattamento di compressione che va dai 15 ai 30 minuti, ed ogni singola compressione deve essere applicata per un massimo di 5 minuti La pressione del-l' apparecchio deve aumentare lentamente per raggiungere cosi la pressione ottimale. La pressione varia molto per ogni singolo caso: all'arto superiore è mediamente circa 50 mmHg, all'arto inferiore è di circa 100 mm/Hg. Se per caso la mano od il piede non potessero venire incluse nel trattamento di compressione mec-canica, allora dovranno essere bendate prima di iniziare. Non è consigliato l'uso della compressione meccanica in caso di linfedema solo del piede e delle dita del piede.
È possibile eseguire un trattamento unicamente con apparecchiature a compressione meccanica (pressione a 30-40 mmHg) nei flebedemi non complicati e senza componente linfedematosa e nei lipedemi e quindi senza il trattamento di inguine o ascelle (base degli arti). Nei flebedemi con trombosi recidivanti o trombofle-biti, il trattamento a compressione meccanica non è consentito.

INTERVENTI NEI LlNFEDEMI.

Nel corso degli anni sono stati tentate diverse vie chirurgiche per ovviare o dare sollievo ai linfedemi.
Anastomosi linfovenosa: i vasi linfatici vengono collegati ad una vena: piccolo intervento possibile in parte in anestesia locale. Ha senso in grosse formazioni edematose di recente costituzione ed essenzialmente prive di fibrosi proteiche.
Anastomosi linfonodo-venosa: un linfonodo viene inserito e cucito in una vena (simile all'anastomosi linfovenosa).
Trapianto di vaso linfatico: grosso intervento della durata di molte ore, dove di solito uno o due vasi linfatici della coscia vengono impiantati sotto cute nell'arto inferiore controlaterale o nell'arto superiore, con tecniche di microchirurgia ..
Inserimento di tubi di drenaggio: si inserisce un tubo di silicone sottocutaneo attorno al quale dovrebbero formarsi dei nuovi vasi linfatici. Di dubbio successo.
Escissione sottocutanea: viene asportato un cuneo di tessuto connettivo adiposo allo scopo di ridurre il vo-lume.
Liposuzione: metodo discutibile poiché viene eseguito alla cieca e quindi sono possibili ulteriori danni tessutali
Per tutti i tipi di intervento vale il principio che non esistono ancora importanti esperienze e che mancano delle chiare indicazioni. Per cui l'indicazione viene valutata, solitamente, caso per caso, ma, in generale, essa è maggiore per i linfedemi secondari rispetto a quelli primari.
Non vi è indicazione all'intervento se non sussiste un vero e proprio edema, se ci sono radiofibrosi estese o recidive e nelle gravi fibrosi proteiche del tessuto. Nei trapianti di vasi linfatici l'estremità edematosa non deve mai avere sofferto di erisipela e il circolo di scarico dell'arto inferiore "donatore" deve risultare normale alla scintigrafia.
Gli interventi sui vasi linfatici e la fisioterapia dell'edema non sono terapie che si escludono a vicenda, bensì metodi complementari.

7.5  COMPLICANZE DEL LlNFEDEMA

  1. Erisipela (è la complicazione più importante)
  2. vescicole linfatiche, fistole linfatiche;
  3. eczemi, ulcere;
  4. fibrosi tessutali (proteiche);
  5. reumatismi delle parti molli;
  6. micosi interdigitali (specialmente ai piedi)
  7. neoplasie benigne
  8. neoplasie maligne

ERISIPELA

È la complicanza più frequente ed importante dei linfedemi. L'agente patogeno è rappresentato di solito da streptococchi e, raramente, da stafilococchi o altri batteri. Il rischio di contrarre una erisipela aumenta con l'aumentare del volume dell'edema.


Didascalia

Didascalia
Decorso:
  1. decorso tipico: febbre alta, arrossamento a chiazze, gonfiore con conseguente aumento dell'edema, dolo-ri, danno funzionale
  2. decorso più lieve: più mite; in parte ancora malessere, febbre limitata, possibili manifestazioni cutanee puntiformi. Si presenta spesso, dopo ripetute erisipele, attraverso immunità parziale acquisita;
  3. decorso più grave: bolloso; con formazione di vesciche, necrosi e cancrene. *.*


(a) COMPLICANZE NELL'ERISIPELA.
Molto di rado, come patologia secondaria da streptococchi, vi è la manifestazione di glomerulonefriti, febbre reumatica, carditi.
È raro che per mesi si manifestino nevralgie nelle zone colpite. Spesso dura per alcune settimane una iper-emia vasomotoria da danno tossico delle fibre neurovegetative vasali.
In caso di vaste fibrosi da raggi si corre il pericolo di una paralisi causata dall'edema dell'erisipela. Sarà re-versibile solo se trattata immediatamente con linfodrenaggio intensivo, altrimenti diventerà permanente.

(b) TERAPIA.
Penicillina; se allergici eritromicina, tetraciclina o altri.
Nelle erisipele recidivanti: Benzatina-Penicillina (Wycillina, Diaminocillina) una volta al mese intramuscolare; eventualmente ridurre gli intervalli a 3, 2 o 1 settimana se ricompare l'erisipela.
In caso di fallimento terapia antibiotica orale giornaliera. Eventualmente profilassi mensile con gammaglobu-line
Antidolorifici sintomatici contro dolori e febbre.
Trattamento locale: impacchi con acqua fredda per lenire il dolore. Non usare alcool altrimenti viene aspor-tato il manto lipidico protettivo della pelle. Non usare disinfettanti perché non comporta alcun vantaggi, anzi, l'alcool porta ad una disidratazione con rischio di fissure cutanee.
Posizionare in alto e scoperto l'arto superiore o inferiore colpito.
Profilassi dell'erisipela.
In piccole ferite accidentali pulire con disinfettante e coprire la ferita.

(c) DIAGNOSI DIFFERENZIALE DELL'ERISIPELA.
Eczemi, eritema vegetativo, vasoneurosi, emangiomi, flebiti, carcinomi infiammatori, attacchi di gotta, eritro-melalgia, eritema cronico migrante nella Borelliosi di Lyme, erisipeloide (patologia del suino trasmissibile all'uomo), micosi fungoide.

VESCICOLE LlNFATICHE E FISTOLE LINFA TlCHE.

Le vescicole linfatiche si formano per una eccessiva pressione intravasale: un liquido chiaro, vitreo, che si può spremere via con una spatola. In seguito si avrà una crescente fibrotizzazione e mutazione in fibromi.
Se c'è fistolizzazione sussiste il pericolo di erisipela. Quindi disinfezione, eventualmente laserterapia con laser coagulante o cauterizzazione.
Da una fistola linfatica possono fuoriuscire fino a 3 litri di liquido al giorno.

ECZEMI* ULCERE.


Didascalia

(ulcus cruris)
Terapie locali, evitare i materiali allergizzanti, usare bendaggi sterili; guarigione principalmente con terapia di linfodrenaggio

FIBROSI PROTEICHE.

II ristagno di proteine nell'interstizio porta alla trasformazione in tessuto connettivo, ad opera dei fibrociti, nel quale vengono imprigionati i vasi.
Questo è un tessuto morbido, elastico, che lentamente si trasforma in connettivo adiposo. Compaiono prin-cipalmente nell'avambraccio e nella gamba. La tendenza alla formazione di fibrosi si manifesta in maniera molto differente, da minima a massima, senza che si debba per questo trovare una causa. Le fibrosi protei-che, al contrario delle fibrosi da raggi, non portano mai ad un danno neurologico da compressione; esse vengono particolarmente incrementate dalla erisipela.
Si può tentare di mobilizzare queste proteine (gel * sol) con una terapia complementare di ultrasuoni a bas-so dosaggio.
Si possono eseguire energiche manovre di scioglimento delle fibrosi. I successi relativi al trattamento di que-ste fibrosi non sono purtroppo molto soddisfacenti in rapporto alla diminuzione del volume dell'edema; lo sono in misura maggiore, invece, in relazione al tessuto che diventa più morbido.

REUMATISMO DELLE PARTI MOLLI.

II 50% dei pazienti con linfedema dell'arto superiore soffre di una periartropatia omerale-scapolare; il 20% di epicondilite mediale o laterale, il 5% di tenovaginiti, il 2% del morbo di Dupuytren, il 3% di sindrome del tun-nel carpale, raramente rizartrosi e di miogelosi (grave contrattura dolorosa) periscaporale.
Possibile trattamento con analgesici e linfodrenaggio, anche applicazione di freddo e ultrasuoni.

MICOSI.

Soprattutto interdigitali, fra le dita dei piedi, poiché lì, a causa della scarsa aerazione, si può giungere alla macerazione della pelle con infiltrazione di spore micotiche.
Pericolo di erisipela; di conseguenza, eseguire dei pediluvi con permanganato di potassio e terapia con so-luzioni o pomate antimicotiche. Sono estremamente rare le micosi tra le dita delle mani, solo in casi di gra-vissimi edemi della mano. La terapia è uguale a quella per i piedi.

NEOFORMAZIONI CUTANEE BENIGNE.

In particolare le papillomatosi delle dita dei piedi, nella regione del pube e sulla faccia anteriore della coscia.
Con il linfodrenaggio si ha spesso una regressione molto buona fino alla completa sparizione. È molto importante una pulizia profonda delle cripte poiché sussiste il pericolo di erisipela.

NEOFORMAZIONI MALIGNE.

Nello 0,05% dei casi di grave linfedema secondario non trattato, si sviluppa la sindrome di Stewart-Treves o emangiosarcoma. Si tratta di noduli e chiazze di colore rosso-bluastro. Alla sua comparsa è già vastamente metastatizzato e non è più guaribile, nemmeno con immediate amputazioni dell'estremità colpita.

7.6  LlNFEDEMA E GRAVIDANZA.

IMPORTANZA PER LA MADRE.

Viene data una certa importanza solo se è già manifesto un linfedema primario o secondario dell'arto inferio-re, perché durante la gravidanza si può avere un peggioramento dell'edema. Però, con le cure relative al caso (posturA in elevazione degli arti, inabilità al lavoro) e una terapia intensiva con linfodrenaggio e calze compressive, il rischio di un peggioramento è minimo. Col procedere della gravidanza la parte addominale del collant dovrà però essere adattata con inserti triangolari all'aumentare della circonferenza.
Durante la gravidanza è vietato il trattamento profondo dell'addome.

IMPORTANZA PER IL BAMBINO.

Eccetto il rischio già citato relativo all'ereditarietà di un linfedema primario, per il feto non esiste nessun pericolo di linfedema.
Il linfedema non è una causa di interruzione di gravidanza e neppure un motivo per consigliarla.

7.7  LESIONI ATTINICHE

I linfedemi secondari vengono spesso complicati dai danni da raggi: tra questi riconosciamo:

DANNI ACUTI (DURANTE LA IRRADIAZIONE);

(vedi immagine: dermatite da raggi)


Didascalia

Si tratta di reazioni infiammatorie, in particolare della cute e delle mucose con relativo edema, tra le quali solo la dermatite trova indicazione al linfodrenaggio manuale. Con un attento trattamento delle vie di deflus-so è possibile una guarigione più rapida di questo eritema da raggi. Il territorio irradiato può essere trattato solo col Iinfodrenaggio manuale, se la cute è intatta, perché ricordiamo che la cute in superficie è più vulne-rabile dopo l'irradiazione. La regressione dell'eritema si avrà dopo settimane o mesi.
Eventuale comparsa di nevralgie: aree cutanee dolenti per la sollecitazione di nervi sensitivi.

DANNI SUBACUTI (DOPO SETTIMANE O MESI);

Si manifesta in particolare nel tessuto interstiziale, dove risulta un edema infiammatorio. La linfologia pone il suo interesse in particolare sulle mastiti da raggi e sugli edemi alla radice degli arti, poiché questi regredi-scono velocemente se trattati con linfodrenaggio·manuale.

DANNI TARDIVI (DOPO MESI O ANNI).

Essi si suddividono in:
I) danno da raggi della cute: radioderma (radiodermite);

  1. danno da raggi del tessuto connettivo; fibrosi da raggi;
  2. danno da raggi a carico di diversi organi.

(a) Radioderma (radioderma).
Lenta formazione di alterazioni tardive della pelle e cioè sotto forma di:

La cute con radioderma spesso è molto sottile e facilmente vulnerabile, con perdita di annessi cutanei (peli, unghie, ghiandole sudorifere).
Pericolo di ulcere cutanee croniche, che si formano in parte subito e in parte dopo anni o decenni da un radioderma, e che sono molto resistenti alla terapia.
Consentito un attento trattamento periferico dell'ulcera, da cui una più facile guarigione.
Tumori cutanei secondari: sono altre conseguenze possibili delle radiazioni, anche se rare.
Lo sviluppo si ha però dopo parecchi anni.
Le lesioni cutanee un tempo erano molto frequenti perché si irradiava con cobalto e raggi Röntgen; oggi sono chiaramente diminuite poiché le moderne radioterapie ad alta energia danneggiano più raramente la cute.

(b) Fibrosi da raggi (radiofibrosi).
Scopo della radioterapia è distruggere cellule tumorali, vedi p.e. nei Iinfonodi regionali. Poiché le vie linfatiche e i linfonodi decorrono nella loggia vasale questo può portare alla lesione di nervi e vasi (vene e vasi Iinfatici). Non è possibile un danno neurologico diretto da radiazioni poiché i nervi hanno una resistenza elevata. Il danno provocato dalle radiazioni al tessuto connettivo della loggia dei nervi e dei vasi, può portare ad una infiammazione cronica del tessuto con una lenta trasformazione in tessuto fibro-tico e formazione di cicatrici. Questo progressivo restringimento del tes-suto cicatriziale, che si palpa sotto forma di solida fibrosi da raggi, giun-ge ad un lento imprigionamento e strozzamento dei vasi e dei nervi di quella zona. Dapprima vengono compressi i vasi linfatici, che sono molto sottili, in seguito si manifesta un danno a carico di vene e nervi. Uno strozzamento delle arterie è molto raro, poiché, grazie alla loro pressione sanguigna, sono in grado di resistere alla pressione esercitata dall'esterno.
Lo strozzamento delle vie linfatiche provoca un Iinfedema od un peggio-ramento dell'edema, se già preesi-stente.
La compressione venosa può dare origini a trombosi o rappresentare un ostacolo per il deflusso venoso (flebostasi * stasi venosa) con colora-zione cianotica della pelle e vene turgide.
Una compressione delle vie nervose può causare una lesione del plesso. Siccome il procedere di questo strozzamento all'interno della fibrosi da raggi avviene molto lentamente, una lesione del plesso non si mani-festa mai immediatamente dopo una irradiazione ma, al più presto, dopo mesi, di solito dopo anni. Caso limite: inizio di una lesione di plesso da radioterapia dopo 34 anni.
Sintomi della lesione del plesso:
parestesie, ipoestesie, dolori, debolezza fino alla completa paralisi, in parte crampi muscolari.
L'inizio avviene di solito con formicolii e leggero senso di torpore (ipoestesia), che deve sempre essere va-lutato come un sintomo precoce di danno al plesso.
Talvolta dolori insopportabili.

(c) Danno da raggi a carico di organi.

Non sono assolutamente rari danni da raggi alla vescica (vescica sclerotica con frequente minzione e dolori vescicali) e all'intestino (enterocolite da raggi e proctite con tendenza alla dissenteria, perdite ematiche e spasmi intestinali dolorosi causati spesso da errori dietetici). Talora il danno intestinale è cosi grave da ri-chiedere la creazione di un "anus praeter" (colostomia). A volte è possibile anche una fibrosi da raggi degli ureteri, con occlusione, e insorgenza di idronefrosi e insufficienza renale.

Osteolisi da raggi dell'articolazione dell'anca o del cotile con sfondamento del bacino a opera della testa del femore. Nelle giovani donne irradiazione delle ovaie e blocco della funzione ovarica (intenzionale) con cli-materio precoce.

Alla base dell'arto superiore sono possibili fratture spontanee da osteolisi a carico di coste e clavicole. Rare le rigidità articolari della spalla da fibrosi da raggi.

A volte formazione fibrosi nei polmoni e pleure; raramente fibrosi del pericardio (possibili alterazioni del-l'ECG).

La diagnosi differenziale più importante nella lesione di plesso causata da fibrosi da raggi è un danno da infiltrazione tumorale, che essenzialmente ha lo stesso decorso, ma che progredisce molto più rapidamente nei sintomi. La differenziazione è molto difficile poiché spesso anche gli ausili tecnici, p.e. la tomografia computerizzata, falliscono nelle diagnosi.

Se il danno dura solo poche settimane vi è la possibilità di migliorare, nel caso in cui la terapia antitumorale si dimostri efficace.
(d) Terapia delle fibrosi da raggi.

Neurolisi: liberazione chirurgica dei nervi; non è priva di rischi poiché è possibile la sezione accidentale delle fibre nervose. Di solito non ha successo, perché nuove formazioni cicatriziali scatenano gli stessi sintomi che c'erano in precedenza. In caso di dolori fortissimi si procede alla sezione del nervo al di sopra della fibrosi da raggi. Provare con le correnti TENS se ci sono dolori. Spesso si consigliano analgesici.

I momento una terapia innocua è lo scioglimento manuale della fibrosi: è un trattamento attento di disten-ione della fibrosi con lo scopo di ammorbidire quel "recinto" attorno alle fibre nervose. Non è possibile la regressione di una lesione del plesso già da tempo preesistente. Scopo della terapia è impedire il progredire di questo danno neurologico. Le manovre si applicano delicatamente per non provocare lacerazioni tessutali con ulcere o la formazione di ematomi nella cicatrice, altrimenti c'è il pericolo che aumenti il danno compres-sivo a carico del plesso.

TERAPIA AMBULATORIALE O TERAPIA IN REGIME DI RICOVERO.

Edemi di grado minore: ambulatoriamente
Edemi più gravi: ricovero
Trattamento ospedaliero di edemi di grado lieve in caso di:

  1. resistenza alla terapia ambulatoriale;
  2. mancanza di una possibile terapia ambulatoriale;
  3. gravi deficit della deambulazione;
  4. cattive condizioni generali;
  5. erisipele recidivanti;
  6. gravi fibrosi;
  7. ulcerazioni da raggi;
  8. lesioni di plesso per fibrosi da raggi;
  9. metastasi cutanee aperte
  10. dopo interventi nella zona colpita dall'edema.

Il 70% dei pazienti con linfedema secondario dell'arto superiore si sot-topone a trattamento ambulatoriale. Il 15% dei pazienti con linfedema se-condario dell'arto superiore utilizzano un apparecchio per la compressione meccanica. Il 70% dei pazienti che eseguono solamente un trattamento ambulatoriale con linfodrenaggio manuale ottiene un miglioramento dell'edema.
Nel 95% dei pazienti trattati in de-genza, affetti da linfedema secon-dario dell'arto superiore non maligno, si ottiene un buon miglioramento; nel 4% un miglioramento moderato (di-sturbi residui dell'edema); nell' 1 % non c'è miglioramento. La diminuzione media del volume dell'edema nel trattamento dei linfedemi secon-dari dell'arto superiore ammonta a 340 mi su un volume medio iniziale di 930 mI.

8.  FLEBEDEMA

VENE SUPERFICIALI:
ARTO SUPERIORE: vena basilica e vena cefalica.
ARTO INFERIORE: vena safena magna e vena safena parva.
Le vene perforanti mettono in comunicazione le vene superficiali con quelle profonde. Il flusso viene regolato da valvole in direzione "esterno * interno" (nel sistema linfatico * il contrario: il flusso ha direzione "interno -esterno").
Una pressione venosa normale da sdraiato è di 5-13 cm colonna d'acqua, nel f1ebedema la pressione veno-sa è aumentata.
Le patologie venose sono quasi esclusivamente a carico degli arti inferiori, solamente molto di rado interes-sano quelli superiori.

9.  Annessi

9.1  Immagini

Foto e filmini scientifici con "lymph" si trovano su SciencePhotoLibrary.

((Chiedo a Bebe come autrice: di scegliersi delle foto ed ev. dei filmini adatti per essere integrati nel testo.

Potete benissimo usare anche delle foto / filmini di altre fonti, basta che abbiamo un indirizzo URL.

Ricordo che si entra su questa pagina con <Edit> <Password> <Autore> <Save> e si procede poi con <Immagini> <EditSection> <incollare l'URL> e <Save>

Daniela ed io ci arrangeremo poi di renderli "visibili" e di integrarli nel testo, ma dobbiamo primo sapere quali.))

Elenco foto

((La seguente lista è di lavoro (aggiungere e togliere links) e va sostituita alla fine del capitoletto seguente. Dopo "didascalia" si può infilare anche dei commenti e delle istruzioni per la redattrice. daniela August 14, 2010, at 11:13 AM))


Foto


linfedema avanzato arti inferiori

segno di Stemmer

terapia compressiva del linfedema

lipedema di media entità

lipedema grave

ulcus cruris

flebedema grave con inizio di ulcus






Formule "vuote" di riserva:
Formula per immagini .html (.jpg, .png, ...). Non cancellare ma <copiare> incollare nel posto desiderto e poi sostituire URLreferenza, URLschermo, htmlDidascalia:
URLschermo? | htmlDidascalia


Formula per immagini .php. Non cancellare ma <copiare> incollare nel posto desiderto e poi sostituire URLreferenza, URLschermo, phpDidascalia:


phpDidascalia


Elenco filmini

Filmini

Come NON si fa il linfodrenaggio

Trattamento corretto dell'arto inferiore

La terapia compressiva dell'arto inferiore

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9.2  Commenti

alla pagina Bebe/Linfodrenaggio: Ev. cliccare sul titolo per stilare un commento.

Peter12 August 2010, 22:09

Cara mia Benedetta, complimenti che hai capito al volo il da fare. Grazie. Sarà un bel testo alla fine. Lasci anche qualcosa a Daniela?
Abbraccio 8>)__

P.S. Scrivi p.f. nella casella "Autore" il Tuo nome (Benedetta o Bebe) una volta. Così non devo scervellarmi chi è entrato.

bebe13 August 2010, 22:26

grazie Peter :-)

Peter14 August 2010, 09:04

Ottimi gli immagini. La "formula" in "Elenco foto è però
[[ | ]] e non [ | ] li ho messi a posto.
Se non Ti segna l'immagine ma il link, lascialo stare, lo aggiusto poi io (il programma PmWiki non accetta degli immagini con indirizzo .php e devo quindi aggiustarli).

Molto brava. Ti ringrazio.
8>)__daniela August 14, 2010, at 11:13 AM

Proveniente da http://pforster.no-ip.org/~admin/pmwiki/pmwiki.php/Bebe/Linfodrenaggio
ultima modifica September 04, 2010, at 08:54 PM