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Medicina popolareper autodidatti
agosto 12, 2005 |
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Indice della pagina 1.1
Terapie manuali
di tradizioni orientali 1.3 Terapie manuali articolative 1.4 Massaggi del tessuto
connettivo, muscoli 1.7 Terapie manuali con
scopi psichici 3.8 Proprietà del tessuto
umano 3.10 Percezione, tocco, reazione 3.11 Meccanismi neurofisiologici |
MN 4.4 Elementi di terapie
manuali
© Peter Forster Bianca Buser Pagine correlate: MmP 22 |
Esistono diversi metodi passivi
di lavoro corporeo:
€ una serie si basa su riflessi
di diverso tipo (neurologici, vasomotori, ³energetici², ³informatori², motori o
di tipo occulto)
€ un altro
gruppo si basa più direttamente sulle strutture corporee, (ossa e
articolazioni, tessuto connettivo, muscoli, viscere ecc.).
In pratica,
è difficile distinguere le tecniche secondo questi criteri, perché nel lavoro
corporeo si tocca sempre la pelle e non si può sapere quale effetto, sul
tessuto sottostante, sia diretto e quale riflessivo, vale a dire se l¹effetto
sia meccanico, ³idraulico², elettromagnetico, neurologico e informatico,
³energetico² o di tipo sconosciuto.
Con
³riflessivo² nel senso occidentale si intende l¹effetto su zone collegate
tramite tessuto connettivo, vasi sanguigni o linfatici e nervi con organi
interni, allo scopo di influenzare il funzionamento di questi organi.
L¹idea del
nesso tra zone cutanee e organi interni esiste da millenni ed è usata anche
dalla neurologia clinica (zone di Head, dermatomeri, ³trigger points²).
In medicina alternativa si usano tante teorie per giustificare il fatto. Anche diverse terapie non manuali si basano sul principio riflessivo: agopuntura, ³neuralterapia², TENS, diverse terapie che usano il caldo e il freddo e persino delle tecniche ³deviative e di smaltimento² sono interpretabili come ³riflessive².
1.1 Terapie manuali basate su tradizioni orientali
1.3 Terapie manuali rivolte prevalentemente a ossa e articolazioni
1.4 Massaggi del tessuto connettivo, muscoli
1.7 Terapie
manuali prevalentemente con scopi psichici
1.1 Terapie
manuali basate su tradizioni orientali
Le tecniche
di lavoro corporeo orientale si basano sui concetti ³anatomici² e ³fisiologici²
orientali, sia cinesi sia indiani.Sono trattati i seguenti temi:
1.1.1 Tradizione
cinese e giapponese
1.1.1 Tradizione
cinese e giapponese
Basato
strettamente sull¹intero sistema di medicina tradizionale cinese, usa diversi
tocchi e strisci per scopi terapeutici precisi. In Europa è poco divulgato
vista la difficoltà culturale ad assimilare i concetti medici cinesi e la
richiesta di virtuosità tecnica del tatto.
Digitopressione
e automassaggio della medicina tradizionale cinese basati sul concetto di
meridiani, elementi, agopunti della medicina cinese.
Metodo di
massaggio giapponese divulgato in Europa. Prevalentemente digitopressione (con
prevalenza delle funzioni dei ³meridiani²), combinata con elementi di judo,
do-in e massaggio antico giapponese, arricchita di elementi di osteopatia e
chiropratica occidentale.
I più noti
in occidente sono i diversi rami della tradizione ayurvedica con i relativi
concetti anatomici e fisiologici. Applicazioni di tradizione popolare sono
tecniche di massaggio per bambini e tecniche di ³riaggiustamento² di
articolazioni e di ³allentamento di muscoli dolenti² nelle tradizioni
artigianali.
Diverse
tecniche provenienti della medicina ayurvedica: ³terapia di drenaggio²,
³terapia nutritiva² differenziata in ³terapia assimilativa², ³terapia con gli
oli² e ³terapia astringente².
Vengono
applicate delle tecniche che si attengono principalmente a tre fonti:
€ la
riflessologia ³classica², basata su lavori di Fitzgerald, Ingham e Marquart
sin¹ dal 1913
€ la
riflessologia ³neurologica² a partire della scoperta delle zone di Head,
dermatomeri, trigger points
€
riflessologia occidentale basata su modelli cinesi e indiani.
Sono trattati i seguenti temi:
1.2.2 Massaggio
riflessologico del piede
1.2.3 Massaggio riflessologico dell¹orecchio, delle mani
1.2.4 Manipolazione
delle zone di Head
1.2.5 Manipolazione
di dermatomi
1.2.6 Manipolazione
di ³trigger points²
1.2.7 Digitopressione,
Jin Shin Do, Zero Balancing
1.2.8 Kinestesia, Kinesiologia applicata, touch for health
1.2.1 Massaggio
zonale
Fitzgerald
nel 1913 ha definito in doppio sul corpo umano cinque zone longitudinali
partendo dal mignolo della mano fino al mignolo del piede. Si massaggia una
zona allo scopo di raggiungere gli organi ad essa connessi. Eunice Ingham,
basandosi su queste ricerche sviluppò il ³massaggio riflessogeno del piede²,
altri terapeuti ne svilupparono su altre parti del corpo. Interessante
³similitudine² con i meridiani dell¹agopuntura cinese.
1.2.2 Massaggio
riflessologico del piede
Ingham, in
base alla teoria zonale, ha sviluppato una topografia degli organi sul piede.
1.2.3 Massaggio
riflessologico di orecchio, mani ecc.
Altri
terapisti hanno sviluppato topografie zonali per l¹orecchio, le mani ed altre
zone del corpo.
1.2.4 Manipolazione
delle zone di Head
Zone empiricamente
trovate da Head, che indicano disturbi di organi interni. Si massaggiano
dolcemente le zone dolorose allo scopo di riequilibrare la funzione dell¹organo
disturbato.
1.2.5 Manipolazione
di dermatomi
Zone
cutanee innervate di determinate vertebre. Si tratta il dermatomo allo scopo di
raggiungere altri organi innervati tramite la stessa vertebra. Interessante la
³similitudine² delle intersezioni di dermatomi e le ³zonali² con i punti
dell¹agopuntura.
1.2.6 Manipolazione
di ³trigger points²
(trigger
=> grilletto)
Si basa su
nessi empiricamente osservati tra muscoli dolorosi e punti che rinforzano il
dolore (trigger point). Si stimola la zona di dolore, anestetizzando e calmando
il trigger point allo scopo di far sparire il dolore.
1.2.7 Digitopressione,
Jin Shin Do, Zero Balancing
Dedotta del
Do-In (automassaggio) della medicina tradizionale cinese, combinata con
elementi di shiatsu e osteopatici usati come terapia passiva.
1.2.8 Kinestesia,
Kinesiologia applicata, touch for health
Negli anni ¹60
Goodheart, un chiropratico, scoprì legami riflessologici tra vertebre, nervi,
muscoli da una parte e sistemi neurolinfatici, neurovascolari, nervi
periferici, liquido cerebrospinale e ³meridiani² dell¹agopuntura cinese
dall¹altra. In base a ciò furono sviluppate tecniche diagnostiche e
terapeutiche usando e riintegrando diverse altre tecniche come la ³polarity²
(nel ³Touch for Health²), la digitopressione cinese e giapponese, l¹osteopatia,
il CranioSacrale e la chiropratica.
Divulgato
da Mantak Chia, basato su tecniche di massaggio indiane e cinesi,
prevalentemente orientato al ³viscerale² (vene, linfa, intestino e organi
interni) allo scopo di curare diverse malattie e disturbi.
1.3 Terapie
manuali rivolte prevalentemente a ossa e articolazioni
Gli
operatori di queste tecniche tentano di ³spostare delle articolazioni² tramite
movimenti e/o impulsi ben dosati e direzionati sulle ossa che formano
l¹articolazione. Il risultato di queste manipolazioni dovrebbe essere un
³riassestamento² di tutto il tessuto responsabile della postura e del movimento
e la ³liberazione² di vasi e nervi ³incastrati².
1.3.1 Chiropratica, terapia manuale, chiropratica dolce
1.3.2 Osteopatia,
chiroterapia, biomeccanica
1.3.3 CranioSacrale
(Sutherland, Upledger)
1.3.4 Vitalogia
(Huggler), vitalpratica (Vuille)
1.3.5 Equilibrio
base spina dorsale
1.3.1 Chiropratica,
terapia manuale, chiropratica dolce
Movimenti
centrati e a scatto per reinserire al loro giusto posto vertebre e giunture
spostate allo scopo di diminuire le irritazioni dei nervi, responsabili dei
dolori.
La tecnica
è documentata in Egitto e Tailandia a partire dal 4000 a.c. Alla fine del Œ800,
Naegeli e Palmer svilupparono nel medesimo tempo e indipendentemente la
Chiropratica, tecnica che usa il riaggiustamento delle vertebre sublussate allo
scopo di liberare nervi e muscolatura.
1.3.2 Osteopatia,
chiroterapia, biomeccanica
Andrew
Taylor Still, nel 1874, creava un completo sistema terapeutico con il nucleo di
una terapia manuale per ristabilire dei rapporti anatomici alterati allo scopo
di ricordare al corpo le sue capacità di riequilibrio e di autoguarigione. La
sua opera e quella dei suoi discepoli ha influenzato (e in buona parte
storicamente creato) le seguenti tecniche corporee.
1.3.3 CranioSacrale
(Sutherland, Upledger)
Sutherland,
alla fine del secolo scorso, ha scoperto ³la pompa e il ritmo² del liquido
craniospinale, la sua funzione e i relativi disturbi e ha sviluppato delle
tecniche per usarli terapeuticamente e per normalizzarli allo scopo di curare
diversi disturbi, prevalentemente di origine traumatica. I tocchi (molto
leggeri) si indirizzano prevalentemente intorno alle giunture non sinoviali di
ossa craniali e sacrali. Upledger ha riattivato e divulgato queste tecniche,
combinandole con tecniche osteopatiche, di digitopressione e ³processuali².
Oggi la
tecnica consiste prevalentemente in tocchi leggeri del cranio, del bacino e
della colonna vertebrale (meno delle membra) per allineare la struttura
corporea, usando il ritmo ³craniospinale².
1.3.4 Vitalogia
(Huggler), vitalpratica (Vuille)
Massaggio
combinato, prevalentemente della spina dorsale, con punti di digitopressione,
pressione e strumenti speciali per riequilibrare la spina dorsale.
1.3.5 Equilibrio
base spina dorsale
Massaggio
combinato prevalentemente della base della spina dorsale con punti di
agopuntura e strumenti speciali (coccige, osso sacro, lombali) per
riequilibrarla allo scopo di curare diverse malattie e disturbi.
Pressione
digitale su punti di riflesso, suggerita come tradizione tibetana, spesso
combinata con una cura a base di succo di limone e/o di terapia di luce
colorata.
1.3.7 Atlasologia
Massaggio combinato con punti di agopuntura prevalentemente
della spina dorsale alta (occipite, atlas, axis) per riequilibrarla allo scopo
di curare diverse malattie e disturbi.
1.4 Massaggi
di tessuto connettivo, muscoli
I classici
massaggi (nordico, sportivo, distensivo, balneare ...) si orientano
prevalentemente alla lavorazione di muscolatura dolente o ipertesa. I massaggi
del tessuto connettivo si concentrano piuttosto sul tessuto connettivo che
divide muscoli e ossa, portatore delle infrastrutture nutritizie e informatiche
di questi ultimi (e di tutti gli altri organi) che formano una struttura
laminare ininterrotta in tutto l¹organismo.
1.4.1 Massaggio
connettivale riflessogeno (Dicke)
1.4.2 Rolfing,
integrazione strutturale (I. Rolf)
1.4.4 Integrazione
posturale (J. Painter)
1.4.5 Massaggio
del periosto (cute ossea)
1.4.1 Massaggio
connettivale riflessogeno (Dicke)
Massaggio
del tessuto connettivo.
Elisabeth
Dicke, terapista e insegnante di ginnastica medica, scoprì nel 1929 un nesso
tra manipolazioni del tessuto connettivo, della sua nervatura e la reazione dei
vasi sanguigni. In base a questo con la collaborazione di fisiologi sviluppò un
metodo terapeutico per trattare malattie reumatiche e interne.
1.4.2 Rolfing,
integrazione strutturale (I. Rolf)
Ida Rolf,
biologa americana e discepola dello Yoga, ha scoperto nella prima metà del
nostro secolo la funzione e l¹importanza del tessuto connettivo (che contiene e
dà forma al sistema muscolare sano) e ha sviluppato un metodo di ³integrazione
strutturale² dell¹organismo, inventando delle tecniche manuali di manipolazione
del tessuto connettivo per allineare strutture e per reinstaurare
nell¹organismo dei movimenti ³naturali² allo scopo di curare diversi disturbi e
malattie prevalentemente motorie.
Il
fisico/cibernetico americano e discepolo delle arti marziali orientali Moshe
Feldenkrais, nella prima metà di questo secolo, ha scoperto dei meccanismi di
regolazione neuromuscolari sorprendenti. In base a ciò ha sviluppato prima una
tecnica di tocchi/ movimenti per reintegrare nell¹organismo una motorica
³naturale² e poi numerosi esercizi dolci di movimento e statici per
l¹insegnamento al singolo o a gruppi, che aiutino a curare dei disturbi del
sistema motorio, numerevoli malattie e disturbi fisiologici.
1.4.4 Integrazione
posturale (J. Painter)
Influenzato
da tecniche osteopatiche, dal rolfing e da altre terapie, il filosofo americano
Jack Painter ha sviluppato negli anni settanta un metodo di strisci, tocchi e
movimenti per reinstaurare la postura, allo scopo di guarire diverse malattie e
disturbi psicofisici.
1.4.5 Massaggio
del periosto (cute ossea)
Si
massaggiano zone del periosto vicino all¹epidermide (tibia, radius, ulna,
cranio,...) stimolando l¹innervazione, con lo scopo di raggiungere altri organi
a loro connessi.
Gli
operatori di questi tecniche si orientano prevalentemente al funzionamento
delle viscere:
€ vasi
linfatici e vene
€ intestino
e altri organi interni.
1.5.1 Linfodrenaggio
(Vodder)
Vodder
(marito e moglie), massaggiatori danesi in luoghi balneari nella prima metà del
nostro secolo, hanno scoperto l¹importanza del sistema linfatico per diverse
funzioni fisiologiche e sviluppato un massaggio con movimenti dolci, rotanti,
ritmati in direzione del deflusso linfatico allo scopo di far defluire del
liquido linfatico, nel sistema linfatico/venoso.
Si
massaggia la zona del colon stimolando innervazione, vasi e condotti linfatici
con lo scopo di raggiungere altri organi a loro connessi.
Provenienti
da diverse scuole e divulgate sotto molti nomi sono tecniche di massaggio
indiane e cinesi, prevalentemente orientate al ³viscerale² (vene, linfa,
intestino, altri organi interni).
Spesso
legati a ³scuole² naturopatiche e/o a delle figure emergenti che praticavano e
insegnavano l¹artigianato del tatto per scopi terapeutici.
1.6.2 Massaggio
polarity (Stone)
1.6.5
Massaggio ortho-bionomico
Massaggio
dolce, con movimenti che prevalentemente sciolgono, cullano, dondolano le membra,
il tessuto e parte del corpo per distendere giunture e organi, allo scopo di
curare diverse malattie e disturbi; spesso usato da terapisti ³antroposofici².
1.6.2 Massaggio
polarity (Stone)
Il
viennese/americano laureato in medicina, osteopatia, chiropratica e naturopatia
Randolph Stone nella prima metà di questo secolo ha scoperto una serie di
tocchi, strisci e movimenti utili a ³liberare organi², allineare strutture
osteomuscolari ed altro, allo scopo di curare diverse malattie e disturbi.
Interpreta i suoi tocchi usando dei modelli indiani di chakras, modelli antichi
di magia medioevale, di polarità energetiche e proprie scoperte come
riequilibrio di potenziali energetici, mancanti o esagerati in diverse zone del
corpo.
Tecnica di
massaggio dolce della comunità ³Alta Major² che continua diverse tecniche di
provenienza orientale ed occidentale, spesso abbinate ad elementi dietetici e
rimedi non specifici allo scopo di curare le più diverse malattie e disturbi.
Tecnica di
massaggio dolce della comunità ³Esalen² che combina diverse tecniche di
provenienza orientale e occidentale, spesso abbinata a elementi dietetici e
rimedi non specifici allo scopo di curare diverse malattie e disturbi.
1.6.5 Massaggio
ortho-bionomico
Massaggio
combinato con punti di agopuntura (prevalentemente della spina dorsale) per
riequilibrarla in combinazione con regole dietetiche e rimedi non specifici
allo scopo di curare diverse malattie e disturbi.
1.7 Terapie
manuali con scopi prevalentemente psichici
Ogni
operatore di tecniche manuali fa la banale esperienza che il suo tocco altera
gli stati emotivi e provoca delle reazioni di tipo neurovegetativo nel suo
cliente. Sarebbe un pessimo terapista chi non usasse questo fatto per scopi
terapeutici (e non sapesse evitare quelli antiterapeutici).
Dai tempi
di W.Reich esiste un ramo di psicoterapia che si dedica ad un approccio
corporeo definitamente per scopi psicoterapeutici.
1.7.1 Psicoterapie
corporee
Nelle scene
psicoterapeutiche americane e in Svizzera, specialmente in quelle di Zurigo,
negli ultimi trent¹anni si è instaurata una ³psicoterapia corporea² da prendere
sul serio, anche se contemporaneamente si sono divulgate delle forme ³volgari²
con scopi occulti (e ogni tanto evidentemente troppo trasparenti).
In generale
il modello di lavoro parte dai seguenti principi:
€ corpo
(soma), emozioni (psiche) e comportamento (sociale) formano un¹unità
interrelazionale; ogni intervento in ciascuna di queste componenti ha effetti
anche sulle altre;
€ l¹accesso
al sistema completo tramite il tatto è altrettanto efficace quanto quello
tramite la parola o il farmaco
€
terapeuticamente non è necessario portare un processo a livello ³cosciente² del
cliente (verbale o sensitivo); si evolve anche (e spesso meglio) a livello
³inconscio²
€ la
comunicazione non verbale è altrettanto efficace di quella verbale; spesso i
contrasti tra loro permettono di decifrare contrast e conflitti patologici o
creativi
€ il tatto
permette al terapista di percepire e di accompagnare processi che sono al di là
della percezione cosciente del cliente (p.es. reazioni riflessive tramite
propriocettori, comportamenti e risposte del sistema neurovegetativo,
regolazione automatica di polso, respiro, temperatura, postura, toni muscolari
Š).
1.7.1.1 Vegetoterapia
(W. Reich)
1.7.1.1 Vegetoterapia
(W. Reich)
Il medico
viennese e allievo di Freud W. Reich ha scoperto e pubblicato all¹inizio di
questo secolo delle connessioni specifiche tra tocchi (tatto), emozioni e
comportamenti che usava per scopi psicoterapeutici. Nella sua forma originale
la terapia viene usata raramente (perché descritta in modo casistico su poche
pagine della sua grandissima opera), ma è stata la madre di tutte le
psicoterapie orientate verso il lavoro sul corpo. Dato che Reich era originale,
fertilissimo e combattivo nella proposta di modelli, concetti, terapie ed
ideologie alternative che creavano controversie accese di ogni tipo,
dichiaratamente o no, si riconosce il suo ³zampino² (e caricature di esso) in
tante terapie alternative odierne.
Con
³riflesso², nel caso della terapia di Reich si intende che il tocco (tatto) può
provocare a certe condizioni dei ³richiami² di emozioni scostate, proiettate o
³seppellite² e la loro espressione verbale o non verbale (mimica, gestualità,
voce, Š).
Massaggio
di una zona che provoca ³processi² a fini prevalentemente psicoterapeutici.
Parte
dall¹ipotesi che il tessuto conservi ricordi di traumi e lesioni corporee,
emotive e sociali in determinate zone dell¹organismo. Spesso combinato con
tecniche processuali che provocano reazioni drammatiche e non più controllabili
del cliente quando il terapista porta con specifiche tecniche l¹organismo del
cliente in stato di panico.
1.7.2 Terapie
processuali
Provocare
effetti emotivi espressivi drammatici non più controllabili dal cliente.
Si basano
sulla scoperta all¹inizio di questo secolo del medico viennese e allievo di
Freud W. Reich, e cioè che determinati tocchi possano provocare reazioni
emotive forti e incontrollabili (Trance), provenienti da situazioni scostate.
Reich usava la mimica, la gestualità, i movimenti, la voce e il portamento del
suo cliente per interpretare la situazione (spesso infantile) per trattarla in
seguito a livello cosciente, allo scopo di liberare un blocco nell¹ inconscio e
curare un disturbo psichico.
Anni dopo,
Reich metteva in discussione il paradigma che il portare a livello cosciente
una frustrazione rimossa nell¹ inconscio, sia l¹ unico o un preferibile o utile
modo terapeutico.
La
discussione si è spenta, la domanda e il paradigma rimangono, come lo dimostra
la maggior parte delle tecniche psicoterapeutiche.
La nota
psicoterapista MILLER pochi anni fa e dopo lunghe esperienze con terapie
processuali (attive e passive) si è pubblicamente distanziata da questi metodi
in quanto valuta più gravi gli effetti antiterapeutici di quelli terapeutici.
Fa notare
che:
€ un
processo ³di panico² nell¹organismo del cliente con la susseguente perdita di
controllo sulle emozioni può creare traumi più gravi di quelli ³liberati²
€
l¹esperienza di rimozione e trasporto nel cosciente del trauma è spesso al di
là capacità gestionali
(susseguenti) del cliente (soprattutto su una psiche o un intelletto già
indeboliti)
€ lo scatto
improvviso di emozioni drammatiche, sconosciute e spesso violente è
frequentemente al di là delle capacità gestionali del terapista
€
l¹interpretazione e l¹elaborazione terapeutica dell¹evento è spesso aleatoria
in quanto ci sono alcuni elementi non più facilmente decifrabili:
-
l¹esibizionismo del cliente
- la sua
sete di dramma
- la sua
voglia di liberazione di impulsi aggressivi in un contesto lecito
- la
dipendenza da tali processi
- la voglia
di un ruolo importante
- l¹evento
passato che veramente ³alterava² la struttura psichica.
È diventato
di moda, nella scena delle terapie alternative, sfruttare tecniche processuali
combinate specialmente con delle tecniche di lavoro manuale sul corpo.
Secondo me,
questo sviluppo è psichicamente pericoloso, specie se applicato su clienti
psichicamente sensibili - gruppo
di mira e questo per diversi motivi:
€ nel
lavoro corporeo con persone psichicamente instabili è più difficile evitare un
processo di panico che provocarlo
€ in una
cultura annoiata è affascinante giocare con il fuoco
€ l¹ideale
culturale di dinamica e attivismo si combina bene con la pretesa di vivere un
evento interessante per i soldi spesi
€ le
tecniche di ³provocare panico² organico e emotivo sono accessibili anche a
³terapisti² con una vena di terrorismo, con problemi di identità, ruoli, potere
... o con povere facoltà professionali.
Non voglio
negare che in certi casi può essere utile al terapista di esperienza anche
questo strumento. Infatti mi capita 2...3 volte su 1000 sedute
involontariamente e forse una volta volontariamente. Ogni volta sono grato ai
miei insegnanti Thea Alther, Maya Winkler e Bianca Buser, che mi hanno istruito
bene su come comportarmi e come gestire simili situazioni. E ogni volta che non
riesco a evitarlo o a trovare un approccio meno rischioso e violento, non mi
sento all¹altezza della mia professione.
1.7.2.2 Lavoro
processuale (Mindell)
1.7.2.3 Rebirthing
(rinascita)
1.7.2.1 Tecniche di
³trance²:
Vengono
effettuate su pazienti in stato mentali alterato, raggiunto con droghe, ritmo
(tecniche ³sciamaniche²), respirazione (p.es. rebirthing), immagini e/o
(auto)suggestione (regressione) o metodi personali, allo scopo di avere accesso
ad altri mondi, ricevere ³messaggi² o comunicare con l¹inconscio (a seconda
dell¹interpretazione).
1.7.2.2 Lavoro
processuale Mindell
Si basa su
W. Reich, sulle tecniche di ³trance² e suggestione allo scopo di elaborare
emozioni rimosse a livello cosciente.
1.7.2.3 Rebirthing
(rinascita)
Si basa su
W. Reich e Mindell, si lavora con il respiro forzato allo scopo di esprimere e
purificarsi da emozioni rimosse.
Diverse
tecniche allo scopo di ³ricordarsi² eventi dimenticati, vite precedenti secondo
l¹ideologia induista/ buddista, che dovrebbero aiutare a capire la propria evoluzione.
Il tocco,
la parola e il rimedio sono i tre strumenti del medico, scrisse Ipocrate. Il
tocco è evidentemente uno strumento importante in tutte le tradizioni mediche:
€ nell¹
ayurveda si conosce da millenni l¹applicazione di massaggi terapeutici
€
dall¹antico Egitto ci arrivano dipinti millenari di terapisti che ³aggiustano²
slogature
€ nella
tradizione cinese si conosce il tocco come massaggio e come digitopressione da
millenni
€ nella
Roma antica era ordinario l¹impegno di massaggiatori nelle terme come pure
€ nella
cultura araba e turca susseguente
€ e anche
l¹Europa occidentale ha una lunga tradizione medica balneare e di massaggio
€ non
contando i ³toccasana² di tutte le tradizioni popolari.
Nella
nostra cultura sono rimasti come professioni ³paramediche ufficiali² i
fisioterapisti, i chiropratici e i massaggiatori terapeutici nei luoghi
balneari.
Nella
³scena alternativa² si sono instaurati ³terapisti corporei² che si orientano
(come elencato nel capitolo ³metodi²) attorno ai più diversi concetti,
filosofie, ideologie e modelli:
€ alcuni si
servono di concetti indiani, cinesi o giapponesi di tipo ³energetico²
€ seguiti
da un gruppo che fa capo a riflessologie di vario tipo
€ un¹ altro
gruppo proviene piuttosto dalla tradizione ³osteo...² che originalmente
³aggiustava slogature²
€ altri si
indirizzano prevalentemente ai muscoli e al tessuto connettivo, con un concetto
che risale al massaggio terapeutico
€ parecchi
si sono specializzati sulla lavorazione delle viscere (linfa, vasi, intestino)
€ mentre
altri curano di più il nesso tra tocco ed emozione
€ o tentano
di trasmettere (anche con un tocco ³simbolico²) energia, luce, forza o cercano
di togliere il male
€ e diversi
usano specifiche combinazioni di queste tecniche.
Tutte
queste complicazioni non possono nascondere un fatto semplice:
€
materialmente si tocca la pelle (o la sostanza che sta sopra o neanche questa)
€ il resto
del concetto è immaginazione del terapista
€ l¹effetto
che crea (se c¹è) è reale
€ ma la
spiegazione del processo tra tocco ed effetto è un¹ipotesi (dal ridicolo fino
al plausibile).
Per fare un esempio:
Un bravo
massaggiatore della Roma antica, lavorando su un suo cliente, toccava con
certezza meridiani, agopunti, dermatomi, zone di Head, triggerpunti, chakras e
i loro nessi, muoveva ossa e articolazioni, stimolava tessuto connettivo e
muscoli, faceva scattare riflessi di vario tipo, muoveva materiale nelle
viscere, faceva scattare emozioni, trasmetteva e assorbiva calore e forse altre
forme di energia senza saper nulla di tutto ciò. Certo che aveva anche lui
un¹idea del suo artigianato per orientarsi, ma la sua bravura non dipendeva da
questo (e neanche la mia). Conclusione: Un massaggiatore può essere un vero
artista del suo mestiere e grande medico, mentre le spiegazioni del suo
artigianato possono far ridere le vacche.
Come in
ogni artigianato la spiegazione ³tecnologica² segue il fatto a grande distanza:
l¹umanità sa fare vasi da decine di migliaia di anni e da pochi decenni dispone
di un modello razionale chemiofisico dei processi dalla pasta di argilla al
vaso smaltato e questo sapere è utile per diverse ragioni, ma non crea dei vasi
più belli. Conclusione: il lavoro corporeo non si impara studiando, ma
³mettendo le mani in pasta² come
disse Ida Rolf. È certo un arricchimento della professione ³capire² ciò che si
sta facendo, ma non è né base né inizio.
Per questo
motivo trovo controproducenti i ³discorsi sul metodo²: sarebbe più efficace
ricordarsi delle condizioni di tirocinio e pratica dell¹artigianato, valutare
le capacità terapeutiche del terapista e le opere eseguite.
Il seguente
capitolo è un parere personale di chi pratica da tanto tempo ³terapie manuali²
ed è quindi molto discutibile e incompleto. L¹ho scritto a scopo ³illustrativo
didattico².
€ Tatto,
parole e rimedio erano gli strumenti dei medici antichi
€
nell¹artigianato c¹è un 10% di ispirazione e il 90% di ³transpirazione²
€ la
³transpirazione² consiste per la maggior parte nell¹esercizio pratico e per il
resto nell¹ osservazione/riflessione/sperimentazione, in base anche a un po¹ di
studio
€ per
imparare il tatto fidatevi delle vostre mani e del vostro buon senso più che di
tecniche, di amministratori ed epigoni dei ³celebri² artigiani del tatto
€
praticando ca. 3000 ore di lavoro corporeo all¹anno, mi sono permesso di
stilare il seguente testo (soggettivo) su come vedo questo mio mestiere
€
personalmente uso diverse ³tecniche², secondo ciò che incontro strada facendo e
tenendo conto:
- del
comportamento del ³materiale² tessuto umano
- degli
obiettivi che mi pongo per la seduta
- delle mie
capacità e delle mie mancanze.
3.8 Proprietà del
³materiale² tessuto umano
3.10 Percezione, tocco, reazione
3.11 Meccanismi neurofisiologici
Il
terapista applica la sua arte naturalmente in modo individuale, adattata alla
sua clientela e agli obiettivi ³terapeutici² posti dagli strumenti operativi di
cui dispone lui stesso.
Egli può fare:
- un lavoro
di ³lifestile², per ricchi annoiati e belli perché è di moda o prevalentemente
per ³estetica², per motivi di gusto, voglia o divertimento
- un lavoro
di ³fitness² per i dilettanti sportivi e altre persone che intendono così
affrontare meglio una vita ³combattiva²
- un lavoro
di ³wellness², per chi intende trattare bene il suo corpo in senso preventivo,
augurandosi di star bene fino alla morte e di soffrire meno possibile, o per
chi ha un tale terrore della vecchiaia e della morte che cerca di far tutto
giusto per essere più sano
- può
accompagnare fasi transitorie nella vita del cliente spesso legati anche a
cambiamenti neurovegetativi, emotivi, relazionali, sociali e spirituali o
- avere una
clientela con problemi cronici emotivi, relazionali, sociali e relativi sintomi
somatici
- oppure
può specializzarsi su casi di ³impedimenti acuti², che intendono essere
³riparati efficacemente² al più presto possibile senza approfondimento o
- trattare
una clientela con malattie croniche e degenerative
- dedicarsi
a dar sollievo (anche solo palliativo) a chi soffre di ³brutti danni e malanni²
L¹elenco
mostra la diversità di obiettivi, approcci, esigenze e desideri possibili da
cui si può dedurre l¹improbabilità che un terapista abbia una clientela di
tutta la gamma.
È anche
ragionevole pensare che non esista un metodo (strumento) unico per soddisfare
tutte queste esigenze.
I primi tre
settori elencati, secondo i miei criteri, non sono ³terapie². Sono socialmente
rilevanti nella nostra cultura, un grande mercato e un ricco e importante campo
d¹impiego per chi vuol praticare in questo ambito. Ma non dovrebbe chiamarsi
³terapia² perché non tratta ³ammalati², anche se spesso si incontrano sintomi sociali,
psichici e anche somatici tra i clienti coinvolti.
I due
settori successivi si rivolgono prevalentemente a una clientela con disturbi
che Freud ha descritto in modo geniale nel suo saggio ³Il disagio nella
cultura². Mostrano spesso dei sintomi neurovegetativi, ma secondo i miei
criteri comprendono soggetti più adatti a socio
- e
psicoterapie piuttosto che a naturopatia e terapie corporee.
Naturopatia
e terapie corporee (o manuali) sono rivolte prevalentemente a clienti degli
ultimi tre settori. Questo non vuol dire che siano esclusi elementi sociali,
relazionali, emotivi; anzi, ma l¹esperienza mi insegna che è più frequente la
depressione causata da stati ormonali instabili, la disperazione causata da
continui dolori reumatici, e gli stati di panico causata da traumi subiti, che
viceversa.
L¹ambiente
per il lavoro sul corpo deve essere pacifico, calmo, contemplativo, caldo.
Sono da
escludere disturbi di ogni tipo per la durata della seduta.
Si può
lavorare sia sul pavimento sia su un lettino. Preferisco il lettino, che è più
comodo, specialmente per clienti non molto sportivi e anziani. La tecnica del
tocco cambia notevolmente su lettino o sul pavimento.
Preferisco
un lettino lungo, largo e stabile perché il cliente si sente più rassicurato.
Uso quasi sempre una termocoperta per garantire una temperatura gradevole e
copro sempre il cliente anche d¹estate per evitare raffreddamenti dall¹aria e
anche inconsci impulsi di pudore. Lavoro sotto la coperta.
Sia sul
pavimento che sul lettino, una posizione comoda e calda per il cliente è almeno
un atto di cortesia.
Lascio al
cliente la libertà di decidere fino a che punto vuole svestirsi. Essa dipende
dalle sue abitudini culturali e sociali e anche dalla ³familiaritಠcon il
terapista.
Entro nel
locale di lavoro solo dopo che il cliente si è svestito e accomodato sotto la
coperta.
Lavoro
volentieri con oli vegetali ai quali aggiungo oli eterici. Questo a scopi
terapeutici, per adattare la ³scivolositಠo semplicemente per il profumo
gradevole. I manuali di aromaterapia lo descrivono esaurientemente.
3.3 Impostazione
del cliente
Lascio
spesso la libertà al cliente di mettersi nella posizione per lui più comoda,
perché sono dell¹avviso che l¹arte del terapista è quella di adattarsi alle
possibilità del cliente e che il lavoro rende quando il cliente si trova a suo
agio. Non è molto scolastico adattare il lavoro alla posizione preferita del
cliente, ma il lavoro con clienti fortemente lesi, impediti o andicappati lo
insegna.
La
maggioranza dei clienti si mette inizialmente ³supina² con le gambe allungate o
piegate.
Molto
raramente il cliente si pone ³prona² o sul fianco (solo quelli che assumono
queste posizioni anche per dormire).
Dico al
cliente che non deve stare fermo ma che può muoversi quando ne sente l¹impulso.
Questo è
evidente: se tramite il lavoro cambiano i toni muscolari viene automatico di
spostare leggermente la posizione delle giunture coinvolte.
Dico anche
che può cambiare posizione non appena l¹attuale posizione diventa scomoda.
Se lui non
lo fa spontaneamente gli chiedo io di cambiare posizione dopo una mezz¹ora o
un¹ora, secondo il mio parere.
Qualsiasi
sia la posizione del cliente, è indispensabile esaminare dove sostenerlo o
farlo appoggiare su cuscini per allentare tensioni provenienti dalla posizione
stessa o per facilitare il mio lavoro (senza disturbare la comodità del
cliente).
3.3.1 Materiale
di appoggio e sostegno
3.3.2 Posizioni
e sostegni tipici
3.3.1 Materiale
di appoggio e sostegno
Come
sostegni e cuscini uso:
- diversi
piccoli e sottili cuscini morbidi per l¹appoggio di parti dolenti
- diversi
piccoli e sottili cuscini di crusca (leggeri, mezzo morbidi) che si adattano ma
fissano la forma, sostenendola e fissando le posizioni
- un grande
cuscino di crusca cuneiforme come appoggio del bacino in posizione ³prona²
- due
piccoli e due medi cuscini di crusca ³doppio conici² come sostegno delle
caviglie in posizione laterale, semilaterale e ³prona²
- cuscini
di miglio (pesanti, duri) per fissare delle posizioni: due piccolissimi per i
polsi, due medi per diversi adattamenti, uno grande come appoggio della gamba
in posizione laterale e come appoggio dei piedi in posizione ³supina² a gambe
piegate²
- due
rotoli lunghi in gomma schiuma semidura di diverso diametro per sostenere le
ginocchia in posizione ³supina²
- un
cuscino speciale ³sagomato a forma di C² in gomma schiuma semiduro che permette
di lavorare bene le cervicali e la base del cranio in posizione ³supina
- un
orsetto di peluche grande o un cuscino a forma di ³boomerang² di crusca da
tenere in braccio in posizione laterale.
Come
dimostra la lista qui sopra, preferisco diversi cuscini piccoli e sottili di
diverso materiale per poter adattare consistenza e altezza del sostegno a
dimensione, geometria, posizione e altre esigenze del cliente. In tutto uso ca.
20 cuscini, tutt con le loro fodere cambiabili e lavabili ad alta temperatura.
3.3.2 Posizioni
e sostegni tipici
Le
posizioni (e i sostegni) non sono le uniche possibili ma le più frequenti. Per
altre posizioni, p.es. seduti dritti o piegati in avanti, mezzo seduti,
embrionali ... non vale la pena di descrivere il materiale di appoggio perché
deve comunque essere adattato individualmente al cliente e scelto secondo il
buon senso e le conoscenze anatomiche e fisiologiche del terapista. Certe
tecniche terapeutiche richiedono posizioni ³speciali² di testa, gambe, braccia,
torsioni della spina dorsale ecc.
3.3.2.3 Posizioni
semilaterali
Sono di
primordiale interesse le posizioni di testa, braccia e gambe.
Posizione
della testa:
Clienti con
accentuate lordosi delle prime vertebre cervicali chiedono spesso una posizione
craniale senza cuscino (posizione di spavento con testa piegata indietro) che
corrisponde ad una loro autopercezione e/o un loro ideale di ³testa dritta²
mentre persone tendenzialmente ³gobbose² chiedono un sostegno anche di 20 e più
centimetri. Il mio consiglio a loro tutti è di mettersi con talloni e spalle
verso il muro con la testa distesa, di misurare la distanza tra muro e cranio e
di aggiungere un centimetro come sostegno ragionevole della testa. In media si
tratta della larghezza di una mano senza il pollice. Sostengo possibilmente
solo il cranio (senza le spalle) per avere libero accesso a nuca e spalla
durante il lavoro. Per lavori sulle prime cervicali e l¹occipite in questa
posizione uso spesso un cuscino a forma di C.
Posizione
delle braccia:
Le braccia
possono appoggiare sul petto o sul bacino o ai lati del corpo.
Appoggiati
ai lati sostengo i polsi e le mani con un piccolo cuscino pesante di qualche
centimetro di spessore, per togliere la tensione di riflesso alle spalle quando
i polsi non sono sostenuti.
Posizione a
gambe divaricate:
A gambe
divaricate metto un rotolo medio duro sotto le ginocchia per togliere la
tensione di riflesso della muscolatura lombare quando le ginocchia non sono
sostenute. Il diametro del rotolo è di ca. 20 centimetri per persone grandi o
con accentuata lordosi lombare o di ca. 10 centimetri per persone piccole o con
lordosi lombare scarsa. Ogni tanto rialzo le ginocchia anche di più per
aumentare l¹angolazione dell¹anca e sostengo i piedi per diminuire
l¹angolazione del ginocchio. Il sostegno dei piedi serve parecchio anche in
caso di problemi circolatori delle gambe perché alzando le gambe si facilita il
riflusso ematico. Dopo aver regolato l¹altezza di cosce e gambe, tiro
leggermente i talloni tenendoli alzati (a ginocchio ancora appoggiato) e tento
di impostare le gambe a una larghezza comoda; normalmente ca. a distanza delle
spalle. Non correggo ulteriormente l¹allineamento verticale del corpo (testa,
spalle, spina, bacino, gambe), ma prendo le loro ³pieghe² come informazioni per
il lavoro da fare (gruppi di muscoli ipercontratti e iperrilasciati). Lo stesso
vale per l¹allineamento di cosce, gambe e piedi.
Posizione
di gambe appoggiate:
A gambe
appoggiate sostengo i piedi con un cuscino pesante per
- togliere
la tensione di riflesso della muscolatura lombare quando il corpo ha
l¹impressione che il piede potrebbe scivolar via
- dare alla
caviglia un angolazione più distesa, perché senza sostegno si trova in
esagerata estensione
- tento di
impostare la distanza tra i piedi e la loro rotazione in modo che le ginocchia,
alla stessa distanza, non cadano nè verso l¹interno né verso l¹esterno. Questo
dipende molto dal tono di abduttori/rotatori e adduttori delle gambe e può
cambiare notevolmente durante il lavoro. In caso di necessità lo spiego al
cliente e gli chiedo di collaborare provando di volta in volta la posizione
ideale.
3.3.2.2 Posizioni
laterali
Controllo e
appoggio di testa, spalla , braccia, bacino gambe e piedi.
Normalmente
lascio al cliente la libertà di scegliersi inizialmente il lato preferito.
Eventualmente
si cambia dopo un certo tempo se diventa scomodo o se non si raggiungono bene
parti da lavorare.
Certi
clienti preferiscono tirare il braccio sotto, dietro la schiena, altri davanti.
Posizione
di testa e spalla:
sostengo la
testa (solo fino sotto l¹orecchio) con un cuscino morbido fino all¹altezza alla
quale le vertebre cervicali e toraciche formano una linea continua. Se la
lordosi cervicale è accentuata chiedo al cliente di lasciar cadere la testa un
po¹ in avanti (che corregge spesso automaticamente anche la rotazione della
testa) ma in modo da essere ancora comodo. Se la spalla superiore cade
indietro, tiro indietro la spalla sotto, fino a quando quella sopra pende un pò
in avanti.
Posizione
di spalla e braccia:
Do in
braccio al cliente un orso di peluche o un cuscino di crusca a forma di
³boomerang² per sostenere braccia e spalla, liberandoli della tensione
gravitazionale, che si propaga di riflesso poi fino agli allacciamenti
muscolari all¹occipite. Lo faccio anche se il cliente preferisce appoggiare il
braccio sull¹ anca e sulla coscia, perché spesso cambia posizione dopo un po¹
di tempo.
Posizione
di bacino e gambe:
Divarico la
gamba sotto e piego quella sopra. Poi sostengo sotto il ginocchio e il piede la
gamba superiore piegata fino all¹altezza che minimizza la torsione fra spalla e
bacino e allinea anca, ginocchio e caviglia. Per allineare anche la gamba
inferiore metto un cuscino sotto la caviglia.
Per finire
chiedo al cliente di ³assestarsi² con piccoli movimenti fino che ha trovato la
posizione ³meno scomoda².
3.3.2.3 Posizioni
semilaterali
Sono simili
a quelle laterali con il braccio inferiore dietro la schiena e possono andare
dalle laterali fino quasi a quella ³prona². Senza entrare in dettagli diventa
importante sostenere il bacino all¹altezza della cresta iliaca anteriore e la
spalla all¹altezza del processo coricoidale, per evitare tensioni lombari e
della spalla e torsioni tra spalla e bacino.
A un certo
punto diventa anche più comodo alzare il braccio superiore sopra la testa e
sostenere il polso. In queste posizioni diventa problematica la torsione della
testa e la lordosi cervicale e lombare. E¹ infatti una posizione preferita
(come quella ³prona²) da persone con accentuate lordosi sia cervicali sia
lombari e con spiccate inconsce esigenze di tensione muscolare.
Richiede
parecchia fantasia e conoscenze anatomiche e fisiologiche da parte del
terapista renderla sufficientemente distensiva ed è una posizione molto
individuale.
3.3.2.4 Posizioni
³prona²
È la
posizione preferita da molti terapisti (perché hanno imparato a lavorare
comodamente il dorso in questo modo) e da pochi clienti che l¹assumono per
dormire. E¹ problematica per la posizione della testa (anche su lettini con
buchi o altri aggeggi facilitanti) con relative torsioni e tensioni su collo,
nuca, cingolo scapolare e ancestrale: tutti punti che spesso sono già critici
nei miei clienti.
Se un
cliente la preferisce o se, per altri motivi, sono costretto a lavorare così, i
sostegni sono i seguenti:
- sotto la
fronte un sottile cuscino a C per liberare la respirazione (a meno che il
cliente preferisca lasciar pendere testa e braccia fuori del lettino)
- sotto il
bacino un sottile cuscino cuneiforme di crusca per allentare la tensione
lombare - sotto le caviglie un rotolo di 20 centimetri per evitare
l¹iperestensione del piede
- se il
cliente tiene le braccia pendenti, ev. sottili sostegni sotto i coracoidali, se
le tiene su, sotto le ascelle.
Spesso, e
dopo un po¹ di tempo, è più comodo cambiare posizione leggermente in direzione
³semilaterale² in seguente modo:
- girare
leggermente la faccia da una parte adattando il cuscino a C
- piegare
leggermente il ginocchio della stessa parte e sostenere il bacino
- tirare il
braccio della stessa parte in su e sostenere l¹ascella o il processo
coracoidale dall¹altra parte giù.
Così si
allenta almeno ³una diagonale² (p.es. tra orecchio dx. e caviglia sin.).
Cambiando
sull¹altro lato si riesce in sequenza a liberare gran parte della muscolatura
dorsale diagonale.
La
procedura terapeutica varia tantissimo secondo il metodo usato dal terapista:
€ ci sono
metodi pressoché ³ritualizzati² che, indipendentemente della ³patologia² e
dalla, ³costituzione² del cliente, applicano una determinata sequenza di
trattamenti con determinate manipolazioni generalizzate, basandosi sulla
convinzione che equilibrando complessivamente tutto l¹organismo ³si mette a
posto² automaticamente anche la parte che ha problemi
€ altri
metodi si basano su criteri costituzionali/posturali caratteristici del cliente
e tentano di ³correggere² le ³debolezze² di quest¹ultimi, al fine di far
sparire così anche le disfunzioni e di conseguenza i sintomi
€ altri
metodi sono strettamente orientati sulla disfunzione con esatte indicazioni
sintomatiche e si basano su procedure manipolative in funzione di una
determinata patologia (p.es. ³punti riflessiologici in caso di periartrite
omeroscapolare² ...). Partono dall¹idea che ³risolvendo² la disfunzione
cruciale si metterà a posto anche la postura e la costituzione
€ ci sono
anche metodi che danno indicazioni sia generalizzate, sia costituzionali sia
sintomatiche con regole di applicazione per tutte e tre
€
personalmente mi servo spesso:
- di una
fase preliminare, nella quale tento di conoscere la situazione attuale, di
equilibrare e mettere a suo agio il corpo del cliente e di stabilire un
rapporto con l¹organismo del cliente all¹infuori della sua responsabilità.
- di una fase
specifica dove mi rivolgo al massimo disagio attuale o proseguo il lavoro
precedente
- di una
fase integrativa dove tento di coinvolgere la fase specifica nel contesto dell¹
organismo completo
- di una
fase conclusiva che serve a restituire al cliente la responsabilità operativa
del suo corpo.
Durante le
singole fasi tento di lavorare in completa dipendenza dalle azioni e reazioni
dell¹organismo del cliente nel senso di applicare i miei strumenti operativi a
dipendenza di quello che trovo al momento.
Chiedo al
cliente, se necessario, di ³lasciar respirare² il suo corpo e possibilmente di
non interferire, salvo se lo chiedo, per pochi respiri. Gli spiego che mi aiuta
se non trattiene il fiato dopo aver inspirato (tensione muscolare), se espira
bene (distensione muscolare) e se fa una pausa dopo l¹espirazione (rimane un
attimo in distensione). Molti clienti respirano coscientemente per paura di
perdere il controllo. Lo accetto tacitamente; spesso questo riflesso si perde
nel familiarizzarsi con la terapia.
Normalmente
lavoro nel ritmo respiratorio del cliente, adattando la mia respirazione alle
sua.
A questo
ritmo, sovrappongo ogni tanto altri schemi ritmici sincroni. Come regola
³tengo² in espirazione per dare sicurezza alla sua distensione, e ³lascio² in
inspirazione per dargli lo spazio richiesto.
La
differenza di pressione tra tenere e lasciare cambia in continuazione in base a
diversi criteri che si esercitano più o meno sistematicamente, durante gli anni
di apprendistato e che diventano man mano degli automatismi. Il criterio
rilevante è la ³risposta del tessuto²: nel caso ideale aumento l¹ampiezza della
pressione fino al punto in cui il tessuto perde di tono in espirazione a
acquista in inspirazione. In seguito riduco l¹ampiezza fino al punto in cui il
tessuto segue ancora all¹oscillazione. E¹ sempre sorprendente con quanta poca
forza si riesce a mantenere in oscillazione il tessuto, normalmente con forze
che sono di molto sotto la soglia di percezione cosciente del cliente.
Come forse
ogni terapista ³corporeo², osservo l¹impiego della muscolatura respiratoria del
cliente, palpando i relativi muscoli raggiungibili. Si nota facilmente se il
cliente tende piuttosto a
una respirazione addominale, toracica o completa. Starnuti, sbadigli, tosse,
sospiri, risate, pianti, singhiozzi e la voce forniscono altri elementi per
farsi un concetto della respirazione del cliente, i relativi movimenti e
muscoli e altri tessuti coinvolti.
Se la
respirazione è impedita, stimolo spesso la muscolatura addominale e toracica
partendo dall¹inserzione del diaframma (apertura toracica inferiore) in
direzione caudale e la muscolatura intercostale in direzione craniale, il che
rallenta e approfondisce spesso l¹espirazione. Se il cingolo del bacino è molto
teso, uso il movimento respiratorio addominale/lombare per smuoverlo un po¹. In
seguito tento di smuovere l¹apertura toracica superiore stimolando la
muscolatura del cingolo scapolare e della nuca/collo, il che rafforza
l¹ispirazione e si manifesta spesso in sbadigli.
Durante il
lavoro i cambiamenti respiratori (se sono spontanei) sono significativi per i
cambiamenti emotivi del cliente, che un terapista attento percepisce quasi
meglio del cliente perché sono spesso fuggenti. Sono, insieme alla ³risposta
tessutale², forse i migliori segnali per il proseguimento del lavoro.
Qualsiasi
tecnica o metodo decido di usare, rispetto le seguenti massime:
€ anche se
del cliente talvolta ho poca stima, del suo organismo ho il massimo rispetto:
ciascuna delle sue miliardi di cellule è più intelligente di me
€
l¹organismo non sa cosa è ³giusto² (criterio vaticaniano) o ³utile² (criterio
personale) ma solo cosa è dilettevole, comodo, piacevole ...
€ il
tessuto in un determinato posto ha un buon motivo di essere com¹è. Per dargli
un motivo di cambiare struttura o atteggiamento posso:
- sedurlo
-
convincerlo
-
ingannarlo
- stancarlo
-
obbligarlo con la forza
gli ultimi
tre modi sono già invasivi
€ nel
contesto dell¹ organismo complessivo, è il corpo del cliente a decidere quale
altra struttura o atteggiamento vuol prendere. Io sono troppo stupido per poter
proporre una ³soluzione più comoda²
€
l¹organismo del cliente reagisce al mio tocco:
devo
sentire come e adattare il tocco alla reazione
€ anche il
mio organismo reagisce:
non devo
confondere i due
€ Il tocco
è pelle mia su pelle sua; i due organismi si comportano come due animali che
giocano o litigano
€ tocca me
giocare la sua partita e recitare meglio la mia parte
€ il suo
organismo gradisce un ritmo ³prevedibile² perché rassicurante
€ se il suo
tessuto si arrabbia, si annoia o si stanca, non collabora più ed è meglio
terminare la partita.
3.7 Meccanismi fisiologici
a)
Espirando, la muscolatura perde di tono: dal momento che osa lasciarsi andare,
devo sostenerla
b)
Inspirando, la muscolatura guadagna di tono e si espande; devo lasciarle spazio
c)
Lavorando contro le solite forze della gravità posso dare al cervello un senso
di leggerezza
d) Usando
dei riflessi innati del corpo, faccio lavorare l¹organismo del cliente e meno
me stesso
e) Tenendo
una giuntura che è tesa, dopo un po¹ di tempo la muscolatura si rilassa e
toglie pressione dalla giuntura (Feldenkrais)
f)
Lavorando con le due mani a distanza di almeno ³una giuntura² si riorienta la
giuntura stessa (Ida Rolf)
g) Lavorando in zone di epimisio superficiale riesco:
- ad
azionare tessuti profondi
- a
liberare tratti vascolari e nervosi (Elisabeth Dicke)
h) Ogni
tocco stimola dei ricettori di tatto, pressione e stiramento (dolore,
temperatura, prurito, solletico, pressione, vibrazione, tensione, lunghezzaŠ)
che posso usare per provocare reazioni del corpo.
3.8 Proprietà del ³materiale² tessuto umano
Il tessuto
organico umano nel suo insieme ha delle proprietà ³reattive² diverse dagli
altri materiali (come metallo, legno, vetro, gomma, stoffa, pietra, piante):
- reagisce
attivamente ai miei stimoli:
per
raggiungere un determinato obiettivo terapeutico, devo scegliere lo stimolo
prevedendo che la reazione vada in direzione dell¹obiettivo
- reagisce
in modo differenziato a diversi stimoli:
sfugge al
dolore, gradisce freschezza in parti scottanti e calore in parti fredde, si
arrende all¹affaticamento, si impanica nella costrizione, si difende contro
l¹invasione, risponde con originalità a delle proposte giocoseŠ
Devo
percepire, osservare e usare queste condizioni (variabili in topografia, tempo
e individuo) per il lavoro.
Gran parte
degli stimoli sono percepiti dall¹organismo a livello inconscio: usandoli
maggiormente riesco ad attivare prevalentemente meccanismi fisiologici
(riflessi, vegetativi, propriocettivi...) disinserendo in parte portamenti
³culturali² che causano spesso contrasti e disturbi a quelli fisiologici.
Reazioni
fisiologiche ad uno stimolo provocano emozioni e viceversa.
Esempi:
- azionando
la muscolatura mimica facciale, sorgono emozioni che corrispondono all¹emozione
che aziona lo stesso gruppo muscolare
- attivando
la muscolatura respiratoria di un certo tipo, scatta l¹impulso del respiro
congruente (p.es. sbadiglio, sospiro, ...)
- tirando o
allentando la muscolatura posturale di un determinato tipo, si provocano le
congruenti sensazioni (p.es. spavento, se si aumenta la lordosi cervicale).
Per l¹approccio
al cliente, distinguo tra me e me il livello sociale, il livello relazionale e
il livello mio personale.
3.9.1 Sociale
A livello
sociale, ci sono grandi differenze nel modo come mi trattano i miei clienti:
- dalla
quasi devozione della persona che mi affibbia il titolo di ³dottore² e mi
abbina al ruolo del mago
- al tartassamento
di persone che ritengono tutto dovuto e mi vogliono o come sacco rifiuti o come
ultima dimostrazione che nessuno può aiutarli e tutti sono scemi e/o corrotti e
egoisti
-
all¹esigenza della vittima che io abbia compassione e risolva tutti i suoi problemi
senza che lei debba far niente e che mi chiede di essere il suo salvatore
- alla
persona che si sente colpevole di tutti i danni e malanni di questa madre terra
e mi vede come padre confessore, poliziotto e giudice
- a chi
pensa di sbagliare tutto e mi prende come insegnante per poi dimostrarmi che
l¹altro insegnante proclama un¹altra dottrina
- fino a
chi chiede semplicemente un colpo di mano di un esperto in una situazione
difficile
- oppure
chi porta in servizio la sua ³macchina organismo² con la pretesa di riaverla
ispezionata, riparata e pulita
- e non da
ultimo delle persone che cercano un cicerone su una loro strada ³evolutiva²
- o delle
altre persone che cercano in me quello che li distende, li fa star bene e
toglie un po¹ della loro noia (life stile, wellness, governante).
In
contrasto con tutto ciò, mi vedo socialmente come professionista artigianale,
con una relazione chiara di cliente e fornitore di prestazioni rispettando le
dovute regole del codice delle obbligazioni e chiari patti, tipo contratto
d¹appalto con diritti, obblighi e responsabilità ben ripartiti e con nessuna
relazione gerarchizzata.
Sto bene
attento a non giocare il gioco preferito dal cliente ma di imporre socialmente
il mio. Qui insisto se necessario anche a scapito dell¹armonia, delle sue
aspettative, pretese e cosi via. Per me questo punto è importante anche perché
non voglio lavorare con soldi pubblici o di assicurazioni e quindi percepisco
la mia relazione giuridica meno sotto gli aspetti di ³legge sanitaria² che di codice
delle obbligazioni.
Per questo
aspetto cambia poco e niente tra cliente e cliente.
Anzi
pretendo di trattare ugualmente su questo livello tutti i miei clienti.
A livello
relazionale la storia cambia parecchio:
- posso
avere rispetto o meno di pregi e difetti del mio cliente
- posso
provare simpatia o meno per i suoi punti deboli e forti
- posso
sentirmi attratto o schifato o indifferente verso il mondo in cui vive
- e lo
stesso vale per lui nei miei confronti.
Si tratta
di trovare un denominatore comune della nostra relazione che rispetti i limiti
vicendevoli e stabilisca i temi da trattare in comune, scelti con criteri
strettamente terapeutici (per non ledere il rapporto sociale
cliente/fornitore). Poco importa quali siano in dettaglio: importante è che
vengano stabiliti (espliciti o impliciti), rispettati e ogni tanto rivisti e
forse adattati. In pratica significa differenziare e chiarire affari miei,
affari tuoi e affari nostri e di trattare esclusivamente affari nostri. Questa parte
è molto individuale, varia da cliente a cliente, non solo secondo la patologia
da trattare, ma anche secondo il rispetto e la simpatia reciproca. E su questo
livello tentiamo di giocare la stessa partita che non è ne sua ne mia, ma la
nostra definita assieme.
A livello
mio personale invece devo giocare la partita del suo organismo (non di ³lui² né
del suo ³vaticano², visto che il mio artigianato si rivolge fortunatamente solo
al suo ³Battista²). E questo lo devo giocare bene, con il massimo rispetto per
quanto mi possa anche sembrare strana. Mi tocca accompagnare fedelmente e
virtuosamente la sua melodia e il suo ritmo, sostenendo il suo timbro, volume,
tempo e caratteristica con tutte le bizzarrie, rotture, ripetizioni e noie che
possono contenere. Ogni tanto sarò comunque appagato da una battuta geniale e
non devo perderla. Una specie di basso continuo improvvisato su un motivo e
tempo sconosciuti. Evidentemente ciò richiede altrettanta abilità tecnica,
esperienza e concentrazione. Ed è per me di un fascino che non mi stanca.
3.10 Percezione,
tocco, reazione
C¹è una
dinamica ricchissima tra il tocco del terapista, la reazione del tessuto
toccato e la percezione della reazione da parte del terapista. Il mio personale
lavoro corporeo si basa maggiormente su questa dinamica.
3.10.1 Reazione
del cliente al tocco
3.10.2 Percezioni
del terapista
3.10.1 Reazione
del cliente al tocco
Ho dei
clienti che sono estremamente sensibili al tocco con reazioni tessutali locali.
Ad alcuni
anche senza il tocco, la sola vicinanza di una persona ³estranea² fa scattare
dei meccanismi che possono manifestarsi come espressioni emotive, come nei casi
di sintomi neurovegetativi immediati o ritardati. In altri clienti devo
ricorrere a tutti gli strumenti dell¹arte per provocare anche minime reazioni
tessutali.
Già questi
esempi dimostrano due compiti del terapista:
come e cosa
percepisce della reazione tessutale (locale) e dell¹organismo (in toto) del
cliente e come adatta il suo tocco alla reazione.
Guardando il cliente si nota che
lavorando in maniera sufficientemente delicata:
- sistemi
di autoregolazione neurovegetativi e riflessivi percepiscono evidentemente il
tocco in modo molto differenziato (perché rispondono) mentre
- alla
parte cosciente gestionale del cliente non arriva niente di questi impulsi
riflessivi; al massimo un paio di sensazioni come caldo, fresco, pesante,
leggero, scarica, carica, tensione, distensione, liberazione, oppressione,
irrequietezza, calma, dolore, benessere, sonnolenza, ecc.
Mentre il
terapista:
- sente
stati, movimenti e cambiamenti locali di temperatura, consistenza, tono,
umidità, struttura dermica, Š
- e ha
impressioni di reazioni tessutali locali come se fosse spaventato,
terrorizzato, fiducioso, impaurito, generoso, ripulsivo, scioccato, incavolato,
renitente, conciliante, voluttuoso, aggressivo, regressivo, tremolante, vivace,
mortificato Š
Ne risulta
che il tocco (e la relativa reazione) viene percepito diversamente da chi tocca
e da chi è toccato:
- chi tocca
percepisce cambiamenti riconoscibili
al tatto e impressioni di modi reattivi che appartengono al suo
repertorio di esperienza, invece
- chi è
toccato non percepisce la reazione di propriocettori e neurovegetativa, ma in compenso una ³somma sensazioni² elaborata
in funzione alle sue ³esperienze di tessuto locale².
La reazione
al tocco è complessa, reale e unica. È percepibile sia dal terapista sia dal
cliente solo in modo frammentario e diverso l¹uno dall¹altro. Viene
interpretata e usata dai due secondo criteri ben diversi. La dinamica del
lavoro corporeo si evolve in questo contrasto dove la reazione reale è perno e
nesso tra terapista e organismo del cliente.
3.10.2 Percezioni
del terapista
La
percezione del terapista (come ogni percezione) è un insieme complesso di
sensazioni tattili, olfattive, uditive e visive che formano come un ³suono
orchestrale².
L¹attenzione
(o la coscienza) viene deviata dalla percezione riflettendo, pensando,
valutando, rispondendo o perdendosi in reminiscenze, sentimentalismi o rancori.
Come
ascoltando un concerto l¹attenzione può essere focalizzata sulla voce di un
singolo strumento, sulla melodia dominante, sull¹evoluzione ritmica, sul
tessuto armonico, sui movimenti del direttore, le stecche dei poveri musicisti,
il vestito della vicina o l¹etichetta al collo della camicia che gratta. Si può
anche percepire semplicemente l¹insieme musicale con i timbri dell¹orchestra. E
chi è un buon ascoltatore varia continuamente la sua percezione musicale senza
lasciarsi deviare da idee, valutazioni, direttori e etichette.
Così il
terapista è percettivo; la sua ³orchestra² è il cliente, il suo ³udito² sono i
ricettori tattili, e in misura minore i ricettori olfattivi, uditivi e visivi.
A differenza dell¹ascoltatore nel concerto, è un povero musicista che deve
contemporaneamente suonare a ³prima vista² il basso continuo di un brano
sconosciuto proposto dal suo cliente.
3.10.2.1 Percezione tattile
Nel lavoro
corporeo la fonte percettiva prevalente sono i sensori tattili. Consiglio a chi
lavora in questo campo di studiare attentamente i relativi capitoli del
³Thibodeau² per farsi, oltre che della bravura artigianale, anche un¹idea
chiara del ricco arsenale sensoriale tattile del quale l¹inventore ci ha
dotati:
- freddo e caldo
- pressione
superficiale e profonda, perpendicolare e traslata, fine e grossolana
- movimenti
di peli
-
scivolamento
-
vibrazioni lente e ad alta frequenza
- forse
altri strumenti non ancora conosciuti e
- l¹insieme
complesso di tutti.
Ma queste
sono solo le percezioni locali di una piccola area dermica che tocca il
cliente. Secondo la ripartizione dei diversi sensori sotto la pelle, la
sensibilità varia secondo il luogo di contatto: p.es. il dorso della mano è più
sensibile del palmo alla temperatura e così via.
Un¹altra
percezione tattile importante è quella di forma, distanza, ³direzione
tessutale² che si percepisce toccando attentamente, presumibilmente grazie ai
sensori di autopercezione e stiramento dei nostri muscoli durante il lavoro.
È un buon
esercizio ³alla cieca² per i principianti esercitarsi tentando di riconoscere
oggetti solo tramite il tatto e di percepire la forma di statue fino ai minimi
dettagli solo con il tatto.
In
diagnostica si riesce facilmente a palpare differenze tra destra e sinistra,
più esattamente che in modo visivo.
Per il
principiante è inizialmente difficile lasciar perdere le sue immagini visive e
concentrarsi su quelle tattili. Quasi tutti tentano di farsi ³un¹immagine², che
per loro vuol dire un¹impressione ottica, dimenticandosi che indipendentemente
da questo, il cervello riesce a farsi un ritratto tattile plastico di
dimensione, struttura, consistenza, umidità, temperatura e comportamento molto
diverso da quello visivo. Il tirocinio del massaggiatore consiste fra l¹altro
proprio nel compito di completare i suoi concetti visivi dell¹organismo con
concetti tattili.
Uno dei
problemi di questo compito per discepoli verbalmente orientati è di carattere
linguistico: manca una terminologia specifica tattile per denominare le
percezioni. Ma le nostre lingue offrono delle possibilità di denominazione di:
- tono
muscolare: teso, floscio
-
consistenza: duro, molle, gommoso,
-
temperatura: freddo, fresco, tiepido, caldo, scottante
- umidità:
secco, umido, oleoso
-
struttura: ruvido, liscio, pergamenaceo
-
geometria: rotondo, spigoloso, fibroso, noduloso
- risposta
dinamica: elastico (come una gomma o molla), plastico (come argilla, rame)
- reazione
tessutale: spaventato, terrorizzato, fiducioso, impaurito, generoso, repulsivo,
scioccato, incavolato, renitente, conciliante, voluttuoso, aggressivo,
regressivo, tremolante, vivace, mortificato.
È evidente
che questi tentativi descrittivi corrispondono a un retroscena strutturale/
anatomico e funzionale/ fisiologico. Con il tempo e la crescente esperienza si
riesce ogni tanto a decifrare e interpretare anche verbalmente stati e
mutamenti tessutali. Pare che ci siano anche ricordi e memoria tattile diretta
(come visiva, olfattiva, uditiva, gustativa) al di là della verbalizazione che permette al terapista di scoprire dei
mutamenti tessutali anche dopo lungo tempo.
È evidente
che la capacità di percezione e differenziazione tattile, come la susseguente
reazione operativa, non si sviluppa ³riflettendo², ma agendo con concentrazione
e attenzione.
3.10.3 Tocco del
terapista
C¹è un
universo di tocchi, strisci, movimenti che un terapista può applicare trattando
il suo cliente. Certe ³scuole, metodi, tecniche² propongono regole ³assolute²,
regole ³relative² e regole sintomatiche. Le seguenti sono una piccola scelta
illustrativa:
3.10.3.1 Criteri
delle diverse ³scuole²
3.10.3.2 Principi
del lavoro personale
3.10.3.3 Regole
operative personali
3.10.3.1 Criteri delle diverse ³scuole²
Le diverse
scuole, nella loro esigenza di dare delle indicazioni didattiche generalizzate,
applicano spesso dei criteri assoluti e relativi.
Quasi tutte
hanno una loro ragione d¹essere in una determinata situazione, ma pochissime (o
nessuna) di queste scuole ³assolute² è generalizzabile e fra le ³relative² non
ne basta un¹unica (riducente), ma ci vuole un sistema di parecchie per svolgere
un lavoro a regola d¹arte. Certamente esistono innumerevoli approcci
utilizzabili e nessuno ³migliore², come nessuno degli utilizzabili è ³semplice²
o riducente.
Il guaio è
che a furia di semplificare il complesso, si perde la differenziazione e,
spinta dall¹ignoranza e dalla necessità di giustificarsi, la semplificazione
diventa un dogma riducente che fa evolvere la credenza del terapista, ma certo
non la sua arte e la salute del cliente.
Con i
criteri ³assoluti² o prediletti, spesso non espressi esplicitamente, bisogna
stare molto attenti, perché in certe situazioni o combinazioni possono
seriamente danneggiare, e poi è tardi per dire che non era inteso così.
Consiglio: chiedersi (o chiedere all¹insegnante) le controindicazioni e gli
effetti collaterali.
€ Criteri
³assoluti² o ³prediletti² possono essere indicazioni che riguardano:
- ordini
sequenziali (p.es. dai piedi alla testa o viceversa, sempre verso il cuore, Š)
- regole
per posti di manipolazione prediletti (articolazioni, muscoli, ossa, tessuto
connettivo)
- regole
per tipi di manipolazioni (tenere, premere, impastare, scivolare, battere, Š)
- regole
per determinati movimenti di articolazioni ³a leva² (specialmente in
osteopatia)
- criteri
direzionali (p.es. contro la gravità, tirare il muscolo, scaricare il muscolo,
con il deflusso linfatico, Š)
- criteri
ritmici (p.es. sincrono al respiro, polso craniale, Š)
- criteri
di tempo (lento, veloce, Š)
- criteri
di forza (energico, fino, a tocco di farfalla)
- criteri
di uso delle mani (p.es. una giuntura tra le due mani, simmetria (o asimmetria)
dei posti di tocco, Š)
- criteri
anatomici (p.es. origine e inserzione, sul ventre muscolare, lungo le
separazioni di tessuto connettivo tra due muscoli)
- criteri
fisioneurologici (p.es. sfruttare gli archi riflessivi Š)
Le regole ³relative² o ³dipendenti² sono
già più raffinate perchè richiedono almeno un criterio di differenziazione che
impedisce un lavoro puramente meccanico. Qui il rischio sta piuttosto nel
³riducente²: Basandosi su una o poche di queste regole e a furia di osservare
un unico criterio di valutazione ne sfuggono altre forse più importanti.
Consiglio:
chiedersi (o chiedere all¹insegnante) la gerarchia e la sequenza dei criteri:
€ regole
³relative² o ³dipendenti² possono essere:
- scaldare
il freddo, rinfrescare il caldo
- energico
sul floscio, tocco di farfalla sul teso (o viceversa)
-
disperdere sul duro e concentrarsi sul molle
- tenere
un¹articolazione tesa fino al prossimo sospiro
- tenere il
tessuto che ³lascia² e lasciare il tessuto che si ³espande²
- sincronizzare
il micromovimento muscolare con il respiro
- tenere
finché sparisce il ³polso craniale²
-
prevalentemente dermatomi innervati del simpatico in stati parasimpatici e
viceversa.
3.10.3.2 Principi del lavoro personale
Non ritengo
applicabile in modo generale le mie personali massime di lavoro; troppo
dipendono della mia istruzione individuale, dalla mia esperienza e
disposizione. Se tento di spiegarli non è per motivi esibizionistici, ma perché
tento di concretizzare un modo di lavoro personale, per fornire strumenti di
riflessione e decisione a chi cerca di ³definire il suo proprio lavoro².
Personalmente
lavoro:
€ in modo
lento (per dare all¹organismo del cliente il tempo di percepire, elaborare,
rispondere a ogni stimolo)
€ con
tocchi leggerissimi (sotto la soglia di percezione cosciente del cliente,
sfruttando i meccanismi della sua autopercezione inconscia)
€
adattandomi a un ritmo del cliente (prevalentemente respiratorio) forza,
direzione e, ambito e cambiamento del tocco
€ spesso in
direzione opposta alla forza della gravità
€ ma non
contro una ³posizione esagerata² (non correggere)
€ e
possibilmente in completa funzione della reazione del tessuto toccato:
-
temperatura
-
consistenza
- tono
muscolare
- tipo di
reattività
3.10.3.3 Regole operative personali
Osservando
questi principi sono deducibili diverse regole operative:
- tengo
(rassicurato) il tessuto in fase di rilascio del muscolo (normalmente
espirazione)
- lascio
libero il tessuto quando richiede spazio (normalmente microcontrazione inspiratoria)
e mi sposto in questa fase
- tento di
non sforzare o regolare la respirazione del cliente, ma respiro possibilmente
nel suo ritmo (anche se è molto variato o irregolare)
- al
massimo gli chiedo di tener aperta la bocca, di non trattenere il fiato e di
lasciar respirare il corpo
-
normalmente questo determina il ³tempo² (larghetto, andante, allegro) del
lavoro
- il ritmo
del tocco (secondo che il tempo è largo, adagio, moderato o presto) può essere
un multiplo o uguale a una frazione del tempo
- comprende
tutte le variazioni ritmiche, agogiche, accentuali e di pause immaginabili
- nonché
³gli accordi² del tocco
- ma si
orienta sempre sulla ³linea melodica² e sulla ³guida ritmica² del cliente
- spesso mi
sento proprio come accompagnatore a prima vista di basso continuo di un
protagonista solista
- spostando
la mano, la stacco spesso dal corpo per dare il senso di liberazione al tessuto
(tengo raramente per più di tre cicli respiratori)
- scivolo
raramente sulla pelle, ma do al tocco una leggera direzione traslatoria
definita (normalmente opposto alla forza reattiva generata dalla gravità)
- piuttosto
che premerlo, sollevo il tessuto dall¹osso
- piuttosto
che comprimerle, apro le giunture (salvo braccia e mani dove le forze
gravitazionali lo fanno già di natura)
- piuttosto
che correggerla, accentuo l¹esagerazione di una posizione giunturale (per
provocare una regolazione reattiva posturale neurologica in senso opposto)
- seguo il
tessuto freddo per scaldarlo
- adatto la
forza del tocco contrariamente al tono muscolare (più il muscolo è teso, minore
è la forza)
- tocco con
le punta delle dita o delle linee lungo il tessuto ³fibroso² (massaggio del
connettivale)
- ma copro
più regolarmente possibile con tutta la mano il tessuto amorfo
- uso
polpacci, dita, palmo o dorso della mano, polso, avambraccio e braccio il più
possibile adattandomi alla geometria locale del corpo del cliente e con un
massimo di motilità delle membra del mio organismo.
3.11 Meccanismi
neurofisiologici
Distinguo,
in questo contesto, meccanismi neurofisiologici ³basilari² e ³coordinati². Come
³basilari² intendo meccanismi di riflessi muscolari e neurovegetativi e
relative trasmissioni connettivali. Come ³coordinati² intendo reazioni più
complesse ed elaborate del tipo meccanismi complessi, automatismi innati e
acquisiti.
Sfrutto
meccanismi neurofisiologici (periferici e vegetativi), riflessi di diverso
tipo, di trasmissione e reazione connettivale:
-
all¹inizio, come fase preparatoria e se necessario, tento una sedazione di
clienti ³simpatotonici² o una tonificazione di clienti ³vagotonici² usando
p.es. dermatomi innervati prevalentemente dal parasimpatico (cranici e sacrali)
o dal simpatico (toracali, lombali) o con altri ³trucchi²
- durante
il lavoro, controllo continuamente deviazioni neurovegetative e tento di
mantenere un certo equilibrio (ortotonico, normotonico) che regola anche delle
funzioni viscerali/ vasali
- talvolta,
lavorando su tessuti traumatizzati nella fase successiva bisogna tornare ogni
pochi minuti a riequilibrare il sistema neurovegetativo
- in
clienti molto depressi o impanicati questa fase può essere la maggior parte del
lavoro mentre in altri richiede pochi minuti (di accertamento)
- raggiunta
una certa stabiltà neurovegetativa passo alla regione più ³critica² del
cliente: dove accusa maggiori dolori e/o impedimenti (ma normalmente non sul
punto dolente)
- comincio piuttosto
distante della zona critica, vicino alle inserzioni muscolari con una mano,
sostenendo con l¹altra ³la struttura appesa² o a monte della zona dolente e
impedita
- tengo la
giuntura più carica o sfasata fino che un sospiro indica che i muscoli responsabili
hanno ceduto un po¹ (osservazione di Feldenkrais)
- oppure
lavoro sui muscoli agonisti e antagonisti responsabili contemporaneamente in
modo da provocare gli archi riflessivi (riflessi tendomuscolari e di
stiramento) a correggere la posizione
- se dei
muscoli non sono direttamente raggiungibili (perchè profondi) tento di
attivarli tramite il movimento di tessuto connettivo adiacente
- che serve
contemporaneamente a liberare l¹infrastruttura vasale, linfatica e nervosa
subdermica e intermuscolare
- se non
basta e il deflusso linfatico è critico, mi servo anche di un ³piccolo²
linfodrenaggio (indicazioni di Vodder)
- per
organi interni o lontani mi servo anche di altri riflessi (trigger points,
digitopressione, meridiani, riflessologia, se mi ricordo passando comunque)
- così mi
avvicino man mano all¹epicentro dell¹impedimento
- spesso in
questa fase ³specifica² del lavoro si incontra del tessuto traumatizzato,
³fossilizzato², indurito, inspessito, con essudati o cicatrizzato con strane
strutture e comportamenti (o mancanti reazioni) che richiede un massimo di
delicatezza operativa
- tento di
evitare o di far passare presto dei dolori locali, se necessario anche con
localanestetici (spray di freddo, oli eterici di garofano, menta, xilocaina),
compresse calde o sostanze riscaldanti/ roborifere ... .
- Questo
per evitare o portare fuori dai circoli viziosi di spasmo/ dolore
- Allo
stesso scopo servono pomate, oli o rimedi da ingerire di vario tipo secondo il
meccanismo che provocano i dolori.
3.11.2 Coordinati
Ci sono
numerosi meccanismi neurofisiologici ³superiori² ai semplici riflessi (spesso
coordinati dal cervelletto o anche da funzioni cerebrali più alte) che
permettono al terapista di agganciarsi a degli automatismi ³inconsci², di
riattivarli o ripristinarli.
Nell¹ambito
di una seduta lavorativa, dopo aver riequilibrato il sistema neurovegetativo e
aver trattato come descritto prima ³una parte critica², questa ³terza fase²
serve a reintegrare l¹organismo in toto.
Per esempio,
uso molto spesso un ³programma cerebrale² che pare aumentare e abbassare
leggermente il tono di molti muscoli sincronizzati con il respiro (si abbassa
espirando, aumenta inspirando). In regioni traumatizzate, questo meccanismo
manca spesso o è addirittura invertito. Tecnicamente non è molto difficile
ripristinare questo meccanismo, con una semplice variazione del tocco nel ritmo
del respiro.
Per simili
motivi lavoro spesso in modo asimmetrico, diagonale, a chiocciola, e
specialmente in una fase successiva lungo delle ³catene muscolari² o su interi
sistemi muscolari, con le due mani parecchio distanti una dall¹altra,
sfruttando così funzioni cerebrali di coordinazione automatica (prevalentemente
inconsci, involontari):
-
coordinazioni spontanee tra agonisti e antagonisti anche eterolaterali (p.es
Mm. quadriceps sin. e M. triceps femoris dx.)
-
coordinazioni di ³equilibrio² di massa, tensione, posizione, gravità, apoggio
(p.es. in posizione laterale dx.: coscia dx. in direzione caudale e braccio
sin. in direzione craniale)
-
coordinazioni tra destra e sinistra con le relative divergenze di motorica fine
(dx.) e di isometria (sin.) (p.es. spalla sin. e spina iliaca dx.)
-
coordinazioni eterolaterali funzionali (p.es. gomito dx. e ginocchio sin.)
- catene strutturali
muscolari (inserzioni e origini di muscoli diversi in zone vicine, p.es.
coracoidale dx. e cresta iliaca dx.)
- catene
funzionali di movimenti frequenti (p.es. ³catena del passo²: Mm. Psoas,
Quadrizeps, flessori della gamba, flessori del piede ...) su relative zone
d¹inserzione e di origine)
- molti di
questi tocchi corrispondono a un¹osservazione di Ida Rolf che insegnava fra
l¹altro a lavorare ³a distanza di una e più giunture²)
- sistemi
funzionali muscolari:
-
respiratori (sistema di 28 muscoli direttamente coinvolti)
-
espressivi (spec. muscolatura mimica e linguistica)
-
impressivi (spec. muscolatura dell¹ occhio e dell¹orecchio)
- digestivi
(spec. di masticazione, deglutazione, movimenti peristaltici, escrezione,
defecazione).
Per concludere
un lavoro si usa spesso un determinato tocco, p.es. si tocca prominens e
giuntura sacro-coccigeale o semplicemente la conca tra sopracigli e naso per
poi ritrovare il cliente dopo avergli lasciato qualche minuto di riposo.
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