Medicina popolare

per autodidatti

 

 

agosto 12, 2005


 

Indice della pagina

 

1.0 Metodi

1.1      Terapie manuali di tradizioni orientali

1.2      Riflessologie

1.3     Terapie manuali articolative

1.4      Massaggi del tessuto connettivo, muscoli

1.5      Massaggi ³viscerali²

1.6      Massaggi di vario tipo

1.7      Terapie manuali con scopi psichici

 

2.0 Concetti e storia

 

3.0 L¹artigianato del tatto

3.1      Settori di clientela

3.2      Ambiente di lavoro

3.3      Impostazione del cliente

3.4      Procedure terapeutiche

3.5      Respirazione

3.6      Massime per il mio lavoro

3.7      Meccanismi fisiologici

3.8      Proprietà del tessuto umano

3.9      Approccio con il cliente

3.10    Percezione, tocco, reazione

3.11    Meccanismi neurofisiologici

 

MN 4.4

 

Elementi di terapie manuali

 

© Peter Forster

Bianca Buser

 

 

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Pagine correlate: MmP 22

 

 


1.0 Metodi

       Esistono diversi metodi passivi di lavoro corporeo:

       € una serie si basa su riflessi di diverso tipo (neurologici, vasomotori, ³energetici², ³informatori², motori o di tipo occulto)

€ un altro gruppo si basa più direttamente sulle strutture corporee, (ossa e articolazioni, tessuto connettivo, muscoli, viscere ecc.).

 

In pratica, è difficile distinguere le tecniche secondo questi criteri, perché nel lavoro corporeo si tocca sempre la pelle e non si può sapere quale effetto, sul tessuto sottostante, sia diretto e quale riflessivo, vale a dire se l¹effetto sia meccanico, ³idraulico², elettromagnetico, neurologico e informatico, ³energetico² o di tipo sconosciuto.

 

Con ³riflessivo² nel senso occidentale si intende l¹effetto su zone collegate tramite tessuto connettivo, vasi sanguigni o linfatici e nervi con organi interni, allo scopo di influenzare il funzionamento di questi organi.

 

L¹idea del nesso tra zone cutanee e organi interni esiste da millenni ed è usata anche dalla neurologia clinica (zone di Head, dermatomeri, ³trigger points²).

 

In medicina alternativa si usano tante teorie per giustificare il fatto. Anche diverse terapie non manuali si basano sul principio riflessivo: agopuntura, ³neuralterapia², TENS, diverse terapie che usano il caldo e il freddo e persino delle tecniche ³deviative e di smaltimento² sono interpretabili come ³riflessive².

1.1 Terapie manuali basate su tradizioni orientali

       1.2 Riflessologie

1.3  Terapie manuali rivolte prevalentemente a ossa e articolazioni

       1.4 Massaggi del tessuto connettivo, muscoli

       1.5 Massaggi ³viscerali²

       1.6  Massaggi di vario tipo

1.7 Terapie manuali prevalentemente con scopi psichici

 

1.1 Terapie manuali basate su tradizioni orientali

Le tecniche di lavoro corporeo orientale si basano sui concetti ³anatomici² e ³fisiologici² orientali, sia cinesi sia indiani.Sono trattati i seguenti temi:

              1.1.1   Tradizione cinese e giapponese

              1.1.2   Tradizione indiana

 

1.1.1   Tradizione cinese e giapponese

                         1.1.1.1   Massaggio cinese

                         1.1.1.2   Digitopressione DO IN

                         1.1.1.3   Shiatsu

 

1.1.1.1   Massaggio cinese

Basato strettamente sull¹intero sistema di medicina tradizionale cinese, usa diversi tocchi e strisci per scopi terapeutici precisi. In Europa è poco divulgato vista la difficoltà culturale ad assimilare i concetti medici cinesi e la richiesta di virtuosità tecnica del tatto.

 

1.1.1.2   Digitopressione DO IN

Digitopressione e automassaggio della medicina tradizionale cinese basati sul concetto di meridiani, elementi, agopunti della medicina cinese.

 

1.1.1.3   Shiatsu

Metodo di massaggio giapponese divulgato in Europa. Prevalentemente digitopressione (con prevalenza delle funzioni dei ³meridiani²), combinata con elementi di judo, do-in e massaggio antico giapponese, arricchita di elementi di osteopatia e chiropratica occidentale.

 

1.1.2  Tradizione indiana

I più noti in occidente sono i diversi rami della tradizione ayurvedica con i relativi concetti anatomici e fisiologici. Applicazioni di tradizione popolare sono tecniche di massaggio per bambini e tecniche di ³riaggiustamento² di articolazioni e di ³allentamento di muscoli dolenti² nelle tradizioni artigianali.

       1.1.2.1       Massaggio ayurvedico

 

1.1.2.1   Massaggio ayurvedico

Diverse tecniche provenienti della medicina ayurvedica: ³terapia di drenaggio², ³terapia nutritiva² differenziata in ³terapia assimilativa², ³terapia con gli oli² e ³terapia astringente².

 

1.2 Riflessologie

Vengono applicate delle tecniche che si attengono principalmente a tre fonti:

€ la riflessologia ³classica², basata su lavori di Fitzgerald, Ingham e Marquart sin¹ dal 1913

€ la riflessologia ³neurologica² a partire della scoperta delle zone di Head, dermatomeri, trigger points

€ riflessologia occidentale basata su modelli cinesi e indiani.

Sono trattati i seguenti temi:

              1.2.1   Massaggio zonale

              1.2.2   Massaggio riflessologico del piede

              1.2.3   Massaggio riflessologico dell¹orecchio, delle mani

              1.2.4   Manipolazione delle zone di Head

              1.2.5   Manipolazione di dermatomi

              1.2.6   Manipolazione di ³trigger points²

              1.2.7   Digitopressione, Jin Shin Do, Zero Balancing

              1.2.8   Kinestesia, Kinesiologia applicata, touch for health

              1.2.9   Chi Nei Tsang

 

 1.2.1     Massaggio zonale

Fitzgerald nel 1913 ha definito in doppio sul corpo umano cinque zone longitudinali partendo dal mignolo della mano fino al mignolo del piede. Si massaggia una zona allo scopo di raggiungere gli organi ad essa connessi. Eunice Ingham, basandosi su queste ricerche sviluppò il ³massaggio riflessogeno del piede², altri terapeuti ne svilupparono su altre parti del corpo. Interessante ³similitudine² con i meridiani dell¹agopuntura cinese.

 

1.2.2   Massaggio riflessologico del piede

Ingham, in base alla teoria zonale, ha sviluppato una topografia degli organi sul piede.

 

1.2.3   Massaggio riflessologico di orecchio, mani ecc.

Altri terapisti hanno sviluppato topografie zonali per l¹orecchio, le mani ed altre zone del corpo.

 

1.2.4   Manipolazione delle zone di Head

Zone empiricamente trovate da Head, che indicano disturbi di organi interni. Si massaggiano dolcemente le zone dolorose allo scopo di riequilibrare la funzione dell¹organo disturbato.

 

1.2.5   Manipolazione di dermatomi

Zone cutanee innervate di determinate vertebre. Si tratta il dermatomo allo scopo di raggiungere altri organi innervati tramite la stessa vertebra. Interessante la ³similitudine² delle intersezioni di dermatomi e le ³zonali² con i punti dell¹agopuntura.

 

1.2.6   Manipolazione di ³trigger points²

(trigger => grilletto)

Si basa su nessi empiricamente osservati tra muscoli dolorosi e punti che rinforzano il dolore (trigger point). Si stimola la zona di dolore, anestetizzando e calmando il trigger point allo scopo di far sparire il dolore.

 

1.2.7   Digitopressione, Jin Shin Do, Zero Balancing

Dedotta del Do-In (automassaggio) della medicina tradizionale cinese, combinata con elementi di shiatsu e osteopatici usati come terapia passiva.

 

1.2.8   Kinestesia, Kinesiologia applicata, touch for health

Negli anni ¹60 Goodheart, un chiropratico, scoprì legami riflessologici tra vertebre, nervi, muscoli da una parte e sistemi neurolinfatici, neurovascolari, nervi periferici, liquido cerebrospinale e ³meridiani² dell¹agopuntura cinese dall¹altra. In base a ciò furono sviluppate tecniche diagnostiche e terapeutiche usando e riintegrando diverse altre tecniche come la ³polarity² (nel ³Touch for Health²), la digitopressione cinese e giapponese, l¹osteopatia, il CranioSacrale e la chiropratica.

 

1.2.9   Chi Nei Tsang

Divulgato da Mantak Chia, basato su tecniche di massaggio indiane e cinesi, prevalentemente orientato al ³viscerale² (vene, linfa, intestino e organi interni) allo scopo di curare diverse malattie e disturbi.

 

 1.3        Terapie manuali rivolte prevalentemente a ossa e articolazioni

Gli operatori di queste tecniche tentano di ³spostare delle articolazioni² tramite movimenti e/o impulsi ben dosati e direzionati sulle ossa che formano l¹articolazione. Il risultato di queste manipolazioni dovrebbe essere un ³riassestamento² di tutto il tessuto responsabile della postura e del movimento e la ³liberazione² di vasi e nervi ³incastrati².

1.3.1  Chiropratica, terapia manuale, chiropratica dolce

              1.3.2   Osteopatia, chiroterapia, biomeccanica

              1.3.3   CranioSacrale (Sutherland, Upledger)

              1.3.4   Vitalogia (Huggler), vitalpratica (Vuille)

              1.3.5   Equilibrio base spina dorsale

              1.3.6   Vitaflex

              1.3.7   Atlasologia

 

1.3.1   Chiropratica, terapia manuale, chiropratica dolce

Movimenti centrati e a scatto per reinserire al loro giusto posto vertebre e giunture spostate allo scopo di diminuire le irritazioni dei nervi, responsabili dei dolori.

La tecnica è documentata in Egitto e Tailandia a partire dal 4000 a.c. Alla fine del Œ800, Naegeli e Palmer svilupparono nel medesimo tempo e indipendentemente la Chiropratica, tecnica che usa il riaggiustamento delle vertebre sublussate allo scopo di liberare nervi e muscolatura.

 

1.3.2   Osteopatia, chiroterapia, biomeccanica

Andrew Taylor Still, nel 1874, creava un completo sistema terapeutico con il nucleo di una terapia manuale per ristabilire dei rapporti anatomici alterati allo scopo di ricordare al corpo le sue capacità di riequilibrio e di autoguarigione. La sua opera e quella dei suoi discepoli ha influenzato (e in buona parte storicamente creato) le seguenti tecniche corporee.

 

1.3.3   CranioSacrale (Sutherland, Upledger)

Sutherland, alla fine del secolo scorso, ha scoperto ³la pompa e il ritmo² del liquido craniospinale, la sua funzione e i relativi disturbi e ha sviluppato delle tecniche per usarli terapeuticamente e per normalizzarli allo scopo di curare diversi disturbi, prevalentemente di origine traumatica. I tocchi (molto leggeri) si indirizzano prevalentemente intorno alle giunture non sinoviali di ossa craniali e sacrali. Upledger ha riattivato e divulgato queste tecniche, combinandole con tecniche osteopatiche, di digitopressione e ³processuali².

 

Oggi la tecnica consiste prevalentemente in tocchi leggeri del cranio, del bacino e della colonna vertebrale (meno delle membra) per allineare la struttura corporea, usando il ritmo ³craniospinale².

 

1.3.4   Vitalogia (Huggler), vitalpratica (Vuille)

Massaggio combinato, prevalentemente della spina dorsale, con punti di digitopressione, pressione e strumenti speciali per riequilibrare la spina dorsale.

 

1.3.5   Equilibrio base spina dorsale

Massaggio combinato prevalentemente della base della spina dorsale con punti di agopuntura e strumenti speciali (coccige, osso sacro, lombali) per riequilibrarla allo scopo di curare diverse malattie e disturbi.

 

1.3.6   Vitaflex

Pressione digitale su punti di riflesso, suggerita come tradizione tibetana, spesso combinata con una cura a base di succo di limone e/o di terapia di luce colorata.

 

 1.3.7     Atlasologia

Massaggio combinato con punti di agopuntura prevalentemente della spina dorsale alta (occipite, atlas, axis) per riequilibrarla allo scopo di curare diverse malattie e disturbi.

 

1.4 Massaggi di tessuto connettivo, muscoli

I classici massaggi (nordico, sportivo, distensivo, balneare ...) si orientano prevalentemente alla lavorazione di muscolatura dolente o ipertesa. I massaggi del tessuto connettivo si concentrano piuttosto sul tessuto connettivo che divide muscoli e ossa, portatore delle infrastrutture nutritizie e informatiche di questi ultimi (e di tutti gli altri organi) che formano una struttura laminare ininterrotta in tutto l¹organismo.

              1.4.1   Massaggio connettivale riflessogeno (Dicke)

              1.4.2   Rolfing, integrazione strutturale (I. Rolf)

              1.4.3   Massaggio Feldenkrais

              1.4.4   Integrazione posturale (J. Painter)

              1.4.5   Massaggio del periosto (cute ossea)

 

1.4.1   Massaggio connettivale riflessogeno (Dicke)

Massaggio del tessuto connettivo.

Elisabeth Dicke, terapista e insegnante di ginnastica medica, scoprì nel 1929 un nesso tra manipolazioni del tessuto connettivo, della sua nervatura e la reazione dei vasi sanguigni. In base a questo con la collaborazione di fisiologi sviluppò un metodo terapeutico per trattare malattie reumatiche e interne.

 

1.4.2   Rolfing, integrazione strutturale (I. Rolf)

Ida Rolf, biologa americana e discepola dello Yoga, ha scoperto nella prima metà del nostro secolo la funzione e l¹importanza del tessuto connettivo (che contiene e dà forma al sistema muscolare sano) e ha sviluppato un metodo di ³integrazione strutturale² dell¹organismo, inventando delle tecniche manuali di manipolazione del tessuto connettivo per allineare strutture e per reinstaurare nell¹organismo dei movimenti ³naturali² allo scopo di curare diversi disturbi e malattie prevalentemente motorie.

 

1.4.3   Massaggio Feldenkrais

Il fisico/cibernetico americano e discepolo delle arti marziali orientali Moshe Feldenkrais, nella prima metà di questo secolo, ha scoperto dei meccanismi di regolazione neuromuscolari sorprendenti. In base a ciò ha sviluppato prima una tecnica di tocchi/ movimenti per reintegrare nell¹organismo una motorica ³naturale² e poi numerosi esercizi dolci di movimento e statici per l¹insegnamento al singolo o a gruppi, che aiutino a curare dei disturbi del sistema motorio, numerevoli malattie e disturbi fisiologici.

 

1.4.4   Integrazione posturale (J. Painter)

Influenzato da tecniche osteopatiche, dal rolfing e da altre terapie, il filosofo americano Jack Painter ha sviluppato negli anni settanta un metodo di strisci, tocchi e movimenti per reinstaurare la postura, allo scopo di guarire diverse malattie e disturbi psicofisici.

 

1.4.5   Massaggio del periosto (cute ossea)

Si massaggiano zone del periosto vicino all¹epidermide (tibia, radius, ulna, cranio,...) stimolando l¹innervazione, con lo scopo di raggiungere altri organi a loro connessi.

 

1.5 Massaggi ³viscerali²

Gli operatori di questi tecniche si orientano prevalentemente al funzionamento delle viscere:

€ vasi linfatici e vene

€ intestino e altri organi interni.

              1.5.1   Linfodrenaggio (Vodder)

              1.5.2   Massaggio del colon

              1.5.3   Manipolazione viscerale

 

 1.5.1     Linfodrenaggio (Vodder)

Vodder (marito e moglie), massaggiatori danesi in luoghi balneari nella prima metà del nostro secolo, hanno scoperto l¹importanza del sistema linfatico per diverse funzioni fisiologiche e sviluppato un massaggio con movimenti dolci, rotanti, ritmati in direzione del deflusso linfatico allo scopo di far defluire del liquido linfatico, nel sistema linfatico/venoso.

 

1.5.2   Massaggio del colon

Si massaggia la zona del colon stimolando innervazione, vasi e condotti linfatici con lo scopo di raggiungere altri organi a loro connessi.

 

1.5.3   Manipolazione viscerale

Provenienti da diverse scuole e divulgate sotto molti nomi sono tecniche di massaggio indiane e cinesi, prevalentemente orientate al ³viscerale² (vene, linfa, intestino, altri organi interni).

 

1.6 Massaggi di vario tipo

Spesso legati a ³scuole² naturopatiche e/o a delle figure emergenti che praticavano e insegnavano l¹artigianato del tatto per scopi terapeutici.

              1.6.1   Manipolazione Trager

              1.6.2   Massaggio polarity (Stone)

              1.6.3   Massaggio Alta Major

              1.6.4   Massaggio Esalen

              1.6.5   Massaggio ortho-bionomico

 

1.6.1   Manipolazione Trager

Massaggio dolce, con movimenti che prevalentemente sciolgono, cullano, dondolano le membra, il tessuto e parte del corpo per distendere giunture e organi, allo scopo di curare diverse malattie e disturbi; spesso usato da terapisti ³antroposofici².

 

1.6.2   Massaggio polarity (Stone)

Il viennese/americano laureato in medicina, osteopatia, chiropratica e naturopatia Randolph Stone nella prima metà di questo secolo ha scoperto una serie di tocchi, strisci e movimenti utili a ³liberare organi², allineare strutture osteomuscolari ed altro, allo scopo di curare diverse malattie e disturbi. Interpreta i suoi tocchi usando dei modelli indiani di chakras, modelli antichi di magia medioevale, di polarità energetiche e proprie scoperte come riequilibrio di potenziali energetici, mancanti o esagerati in diverse zone del corpo.

 

1.6.3   Massaggio Alta Major

Tecnica di massaggio dolce della comunità ³Alta Major² che continua diverse tecniche di provenienza orientale ed occidentale, spesso abbinate ad elementi dietetici e rimedi non specifici allo scopo di curare le più diverse malattie e disturbi.

 

1.6.4   Massaggio Esalen

Tecnica di massaggio dolce della comunità ³Esalen² che combina diverse tecniche di provenienza orientale e occidentale, spesso abbinata a elementi dietetici e rimedi non specifici allo scopo di curare diverse malattie e disturbi.

 

1.6.5   Massaggio ortho-bionomico

Massaggio combinato con punti di agopuntura (prevalentemente della spina dorsale) per riequilibrarla in combinazione con regole dietetiche e rimedi non specifici allo scopo di curare diverse malattie e disturbi.

 

1.7 Terapie manuali con scopi prevalentemente psichici

Ogni operatore di tecniche manuali fa la banale esperienza che il suo tocco altera gli stati emotivi e provoca delle reazioni di tipo neurovegetativo nel suo cliente. Sarebbe un pessimo terapista chi non usasse questo fatto per scopi terapeutici (e non sapesse evitare quelli antiterapeutici).

Dai tempi di W.Reich esiste un ramo di psicoterapia che si dedica ad un approccio corporeo definitamente per scopi psicoterapeutici.

              1.7.1   Psicoterapie corporee

              1.7.2   Terapie processuali

 

 1.7.1     Psicoterapie corporee

Nelle scene psicoterapeutiche americane e in Svizzera, specialmente in quelle di Zurigo, negli ultimi trent¹anni si è instaurata una ³psicoterapia corporea² da prendere sul serio, anche se contemporaneamente si sono divulgate delle forme ³volgari² con scopi occulti (e ogni tanto evidentemente troppo trasparenti).

 

In generale il modello di lavoro parte dai seguenti principi:

 

€ corpo (soma), emozioni (psiche) e comportamento (sociale) formano un¹unità interrelazionale; ogni intervento in ciascuna di queste componenti ha effetti anche sulle altre;

€ l¹accesso al sistema completo tramite il tatto è altrettanto efficace quanto quello tramite la parola o il farmaco

€ terapeuticamente non è necessario portare un processo a livello ³cosciente² del cliente (verbale o sensitivo); si evolve anche (e spesso meglio) a livello ³inconscio²

€ la comunicazione non verbale è altrettanto efficace di quella verbale; spesso i contrasti tra loro permettono di decifrare contrast e conflitti patologici o creativi

€ il tatto permette al terapista di percepire e di accompagnare processi che sono al di là della percezione cosciente del cliente (p.es. reazioni riflessive tramite propriocettori, comportamenti e risposte del sistema neurovegetativo, regolazione automatica di polso, respiro, temperatura, postura, toni muscolari Š).

                         1.7.1.1   Vegetoterapia (W. Reich)

                         1.7.1.2   Massaggio psicozonale

 

1.7.1.1   Vegetoterapia (W. Reich)

Il medico viennese e allievo di Freud W. Reich ha scoperto e pubblicato all¹inizio di questo secolo delle connessioni specifiche tra tocchi (tatto), emozioni e comportamenti che usava per scopi psicoterapeutici. Nella sua forma originale la terapia viene usata raramente (perché descritta in modo casistico su poche pagine della sua grandissima opera), ma è stata la madre di tutte le psicoterapie orientate verso il lavoro sul corpo. Dato che Reich era originale, fertilissimo e combattivo nella proposta di modelli, concetti, terapie ed ideologie alternative che creavano controversie accese di ogni tipo, dichiaratamente o no, si riconosce il suo ³zampino² (e caricature di esso) in tante terapie alternative odierne.

Con ³riflesso², nel caso della terapia di Reich si intende che il tocco (tatto) può provocare a certe condizioni dei ³richiami² di emozioni scostate, proiettate o ³seppellite² e la loro espressione verbale o non verbale (mimica, gestualità, voce, Š).

 

1.7.1.2   Massaggio psicozonale

Massaggio di una zona che provoca ³processi² a fini prevalentemente psicoterapeutici.

Parte dall¹ipotesi che il tessuto conservi ricordi di traumi e lesioni corporee, emotive e sociali in determinate zone dell¹organismo. Spesso combinato con tecniche processuali che provocano reazioni drammatiche e non più controllabili del cliente quando il terapista porta con specifiche tecniche l¹organismo del cliente in stato di panico.

 

 1.7.2     Terapie processuali

Provocare effetti emotivi espressivi drammatici non più controllabili dal cliente.

Si basano sulla scoperta all¹inizio di questo secolo del medico viennese e allievo di Freud W. Reich, e cioè che determinati tocchi possano provocare reazioni emotive forti e incontrollabili (Trance), provenienti da situazioni scostate. Reich usava la mimica, la gestualità, i movimenti, la voce e il portamento del suo cliente per interpretare la situazione (spesso infantile) per trattarla in seguito a livello cosciente, allo scopo di liberare un blocco nell¹ inconscio e curare un disturbo psichico.

Anni dopo, Reich metteva in discussione il paradigma che il portare a livello cosciente una frustrazione rimossa nell¹ inconscio, sia l¹ unico o un preferibile o utile modo terapeutico.

La discussione si è spenta, la domanda e il paradigma rimangono, come lo dimostra la maggior parte delle tecniche psicoterapeutiche.

La nota psicoterapista MILLER pochi anni fa e dopo lunghe esperienze con terapie processuali (attive e passive) si è pubblicamente distanziata da questi metodi in quanto valuta più gravi gli effetti antiterapeutici di quelli terapeutici.

Fa notare che:

€ un processo ³di panico² nell¹organismo del cliente con la susseguente perdita di controllo sulle emozioni può creare traumi più gravi di quelli ³liberati²

€ l¹esperienza di rimozione e trasporto nel cosciente del trauma è spesso al di là capacità gestionali (susseguenti) del cliente (soprattutto su una psiche o un intelletto già indeboliti)

€ lo scatto improvviso di emozioni drammatiche, sconosciute e spesso violente è frequentemente al di là delle capacità gestionali del terapista

€ l¹interpretazione e l¹elaborazione terapeutica dell¹evento è spesso aleatoria in quanto ci sono alcuni elementi non più facilmente decifrabili:

- l¹esibizionismo del cliente

- la sua sete di dramma

- la sua voglia di liberazione di impulsi aggressivi in un contesto lecito

- la dipendenza da tali processi

- la voglia di un ruolo importante

- l¹evento passato che veramente ³alterava² la struttura psichica.

 

È diventato di moda, nella scena delle terapie alternative, sfruttare tecniche processuali combinate specialmente con delle tecniche di lavoro manuale sul corpo.

 

Secondo me, questo sviluppo è psichicamente pericoloso, specie se applicato su clienti psichicamente sensibili -  gruppo di mira ­ e questo per diversi motivi:

 

€ nel lavoro corporeo con persone psichicamente instabili è più difficile evitare un processo di panico che provocarlo

€ in una cultura annoiata è affascinante giocare con il fuoco

€ l¹ideale culturale di dinamica e attivismo si combina bene con la pretesa di vivere un evento interessante per i soldi spesi

€ le tecniche di ³provocare panico² organico e emotivo sono accessibili anche a ³terapisti² con una vena di terrorismo, con problemi di identità, ruoli, potere ... o con povere facoltà professionali.

 

Non voglio negare che in certi casi può essere utile al terapista di esperienza anche questo strumento. Infatti mi capita 2...3 volte su 1000 sedute involontariamente e forse una volta volontariamente. Ogni volta sono grato ai miei insegnanti Thea Alther, Maya Winkler e Bianca Buser, che mi hanno istruito bene su come comportarmi e come gestire simili situazioni. E ogni volta che non riesco a evitarlo o a trovare un approccio meno rischioso e violento, non mi sento all¹altezza della mia professione.

                         1.7.2.1   Tecniche di ³trance²

                         1.7.2.2   Lavoro processuale (Mindell)

                         1.7.2.3   Rebirthing (rinascita)

                         1.7.2.4   Regressione

 

 1.7.2.1 Tecniche di ³trance²:

Vengono effettuate su pazienti in stato mentali alterato, raggiunto con droghe, ritmo (tecniche ³sciamaniche²), respirazione (p.es. rebirthing), immagini e/o (auto)suggestione (regressione) o metodi personali, allo scopo di avere accesso ad altri mondi, ricevere ³messaggi² o comunicare con l¹inconscio (a seconda dell¹interpretazione).

 

1.7.2.2   Lavoro processuale Mindell

Si basa su W. Reich, sulle tecniche di ³trance² e suggestione allo scopo di elaborare emozioni rimosse a livello cosciente.

 

1.7.2.3   Rebirthing (rinascita)

Si basa su W. Reich e Mindell, si lavora con il respiro forzato allo scopo di esprimere e purificarsi da emozioni rimosse.

 

1.7.2.4   Regressione

Diverse tecniche allo scopo di ³ricordarsi² eventi dimenticati, vite precedenti secondo l¹ideologia induista/ buddista, che dovrebbero aiutare a capire la  propria evoluzione.

 

2.0 Concetti e storia

Il tocco, la parola e il rimedio sono i tre strumenti del medico, scrisse Ipocrate. Il tocco è evidentemente uno strumento importante in tutte le tradizioni mediche:

€ nell¹ ayurveda si conosce da millenni l¹applicazione di massaggi terapeutici

€ dall¹antico Egitto ci arrivano dipinti millenari di terapisti che ³aggiustano² slogature

€ nella tradizione cinese si conosce il tocco come massaggio e come digitopressione da millenni

€ nella Roma antica era ordinario l¹impegno di massaggiatori nelle terme come pure

€ nella cultura araba e turca susseguente

€ e anche l¹Europa occidentale ha una lunga tradizione medica balneare e di massaggio

€ non contando i ³toccasana² di tutte le tradizioni popolari.

 

Nella nostra cultura sono rimasti come professioni ³paramediche ufficiali² i fisioterapisti, i chiropratici e i massaggiatori terapeutici nei luoghi balneari.

 

Nella ³scena alternativa² si sono instaurati ³terapisti corporei² che si orientano (come elencato nel capitolo ³metodi²) attorno ai più diversi concetti, filosofie, ideologie e modelli:

€ alcuni si servono di concetti indiani, cinesi o giapponesi di tipo ³energetico²

€ seguiti da un gruppo che fa capo a riflessologie di vario tipo

€ un¹ altro gruppo proviene piuttosto dalla tradizione ³osteo...² che originalmente ³aggiustava slogature²

€ altri si indirizzano prevalentemente ai muscoli e al tessuto connettivo, con un concetto che risale al massaggio terapeutico

€ parecchi si sono specializzati sulla lavorazione delle viscere (linfa, vasi, intestino)

€ mentre altri curano di più il nesso tra tocco ed emozione

€ o tentano di trasmettere (anche con un tocco ³simbolico²) energia, luce, forza o cercano di togliere il male

€ e diversi usano specifiche combinazioni di queste tecniche.

 

Tutte queste complicazioni non possono nascondere un fatto semplice:

 

€ materialmente si tocca la pelle (o la sostanza che sta sopra o neanche questa)

€ il resto del concetto è immaginazione del terapista

€ l¹effetto che crea (se c¹è) è reale

€ ma la spiegazione del processo tra tocco ed effetto è un¹ipotesi (dal ridicolo fino al plausibile).

 

 Per fare un esempio:

Un bravo massaggiatore della Roma antica, lavorando su un suo cliente, toccava con certezza meridiani, agopunti, dermatomi, zone di Head, triggerpunti, chakras e i loro nessi, muoveva ossa e articolazioni, stimolava tessuto connettivo e muscoli, faceva scattare riflessi di vario tipo, muoveva materiale nelle viscere, faceva scattare emozioni, trasmetteva e assorbiva calore e forse altre forme di energia senza saper nulla di tutto ciò. Certo che aveva anche lui un¹idea del suo artigianato per orientarsi, ma la sua bravura non dipendeva da questo (e neanche la mia). Conclusione: Un massaggiatore può essere un vero artista del suo mestiere e grande medico, mentre le spiegazioni del suo artigianato possono far ridere le vacche.

 

Come in ogni artigianato la spiegazione ³tecnologica² segue il fatto a grande distanza: l¹umanità sa fare vasi da decine di migliaia di anni e da pochi decenni dispone di un modello razionale chemiofisico dei processi dalla pasta di argilla al vaso smaltato e questo sapere è utile per diverse ragioni, ma non crea dei vasi più belli. Conclusione: il lavoro corporeo non si impara studiando, ma ³mettendo  le mani in pasta² come disse Ida Rolf. È certo un arricchimento della professione ³capire² ciò che si sta facendo, ma non è né base né inizio.

 

Per questo motivo trovo controproducenti i ³discorsi sul metodo²: sarebbe più efficace ricordarsi delle condizioni di tirocinio e pratica dell¹artigianato, valutare le capacità terapeutiche del terapista e le opere eseguite.

 

3.0 Artigianato del tatto

Il seguente capitolo è un parere personale di chi pratica da tanto tempo ³terapie manuali² ed è quindi molto discutibile e incompleto. L¹ho scritto a scopo ³illustrativo didattico².

 

€ Tatto, parole e rimedio erano gli strumenti dei medici antichi

€ nell¹artigianato c¹è un 10% di ispirazione e il 90% di ³transpirazione²

€ la ³transpirazione² consiste per la maggior parte nell¹esercizio pratico e per il resto nell¹ osservazione/riflessione/sperimentazione, in base anche a un po¹ di studio

€ per imparare il tatto fidatevi delle vostre mani e del vostro buon senso più che di tecniche, di amministratori ed epigoni dei ³celebri² artigiani del tatto

€ praticando ca. 3000 ore di lavoro corporeo all¹anno, mi sono permesso di stilare il seguente testo (soggettivo) su come vedo questo mio mestiere

€ personalmente uso diverse ³tecniche², secondo ciò che incontro strada facendo e tenendo conto:

- del comportamento del ³materiale² tessuto umano

- degli obiettivi che mi pongo per la seduta

- delle mie capacità e delle mie mancanze.

       3.1      Settori di clientela

       3.2      Ambiente di lavoro

       3.3      Impostazione del cliente

       3.4      Procedure terapeutiche

       3.5      Respirazione

       3.6      Massime per il mio lavoro

       3.7      Meccanismi fisiologici

       3.8      Proprietà del ³materiale² tessuto umano

       3.9      Approccio con il cliente

       3.10    Percezione, tocco, reazione

       3.11    Meccanismi neurofisiologici

 

3.1 Settori di clientela

Il terapista applica la sua arte naturalmente in modo individuale, adattata alla sua clientela e agli obiettivi ³terapeutici² posti dagli strumenti operativi di cui dispone lui stesso.

 

 Egli può fare:

- un lavoro di ³lifestile², per ricchi annoiati e belli perché è di moda o prevalentemente per ³estetica², per motivi di gusto, voglia o divertimento

- un lavoro di ³fitness² per i dilettanti sportivi e altre persone che intendono così affrontare meglio una vita ³combattiva²

- un lavoro di ³wellness², per chi intende trattare bene il suo corpo in senso preventivo, augurandosi di star bene fino alla morte e di soffrire meno possibile, o per chi ha un tale terrore della vecchiaia e della morte che cerca di far tutto giusto per essere più sano

- può accompagnare fasi transitorie nella vita del cliente spesso legati anche a cambiamenti neurovegetativi, emotivi, relazionali, sociali e spirituali o

- avere una clientela con problemi cronici emotivi, relazionali, sociali e relativi sintomi somatici

- oppure può specializzarsi su casi di ³impedimenti acuti², che intendono essere ³riparati efficacemente² al più presto possibile senza approfondimento o

- trattare una clientela con malattie croniche e degenerative

- dedicarsi a dar sollievo (anche solo palliativo) a chi soffre di ³brutti danni e malanni²

 

L¹elenco mostra la diversità di obiettivi, approcci, esigenze e desideri possibili da cui si può dedurre l¹improbabilità che un terapista abbia una clientela di tutta la gamma.

È anche ragionevole pensare che non esista un metodo (strumento) unico per soddisfare tutte queste esigenze.

 

I primi tre settori elencati, secondo i miei criteri, non sono ³terapie². Sono socialmente rilevanti nella nostra cultura, un grande mercato e un ricco e importante campo d¹impiego per chi vuol praticare in questo ambito. Ma non dovrebbe chiamarsi ³terapia² perché non tratta ³ammalati², anche se spesso si incontrano sintomi sociali, psichici e anche somatici tra i clienti coinvolti.

 

I due settori successivi si rivolgono prevalentemente a una clientela con disturbi che Freud ha descritto in modo geniale nel suo saggio ³Il disagio nella cultura². Mostrano spesso dei sintomi neurovegetativi, ma secondo i miei criteri comprendono soggetti più adatti a socio

- e psicoterapie piuttosto che a naturopatia e terapie corporee.

Naturopatia e terapie corporee (o manuali) sono rivolte prevalentemente a clienti degli ultimi tre settori. Questo non vuol dire che siano esclusi elementi sociali, relazionali, emotivi; anzi, ma l¹esperienza mi insegna che è più frequente la depressione causata da stati ormonali instabili, la disperazione causata da continui dolori reumatici, e gli stati di panico causata da traumi subiti, che viceversa.

 

3.2 Ambiente di lavoro

L¹ambiente per il lavoro sul corpo deve essere pacifico, calmo, contemplativo, caldo.

Sono da escludere disturbi di ogni tipo per la durata della seduta.

Si può lavorare sia sul pavimento sia su un lettino. Preferisco il lettino, che è più comodo, specialmente per clienti non molto sportivi e anziani. La tecnica del tocco cambia notevolmente su lettino o sul pavimento.

Preferisco un lettino lungo, largo e stabile perché il cliente si sente più rassicurato. Uso quasi sempre una termocoperta per garantire una temperatura gradevole e copro sempre il cliente anche d¹estate per evitare raffreddamenti dall¹aria e anche inconsci impulsi di pudore. Lavoro sotto la coperta.

Sia sul pavimento che sul lettino, una posizione comoda e calda per il cliente è almeno un atto di cortesia.

Lascio al cliente la libertà di decidere fino a che punto vuole svestirsi. Essa dipende dalle sue abitudini culturali e sociali e anche dalla ³familiaritಠcon il terapista.

Entro nel locale di lavoro solo dopo che il cliente si è svestito e accomodato sotto la coperta.

Lavoro volentieri con oli vegetali ai quali aggiungo oli eterici. Questo a scopi terapeutici, per adattare la ³scivolositಠo semplicemente per il profumo gradevole. I manuali di aromaterapia lo descrivono esaurientemente.

 

 3.3        Impostazione del cliente

Lascio spesso la libertà al cliente di mettersi nella posizione per lui più comoda, perché sono dell¹avviso che l¹arte del terapista è quella di adattarsi alle possibilità del cliente e che il lavoro rende quando il cliente si trova a suo agio. Non è molto scolastico adattare il lavoro alla posizione preferita del cliente, ma il lavoro con clienti fortemente lesi, impediti o andicappati lo insegna.

 

La maggioranza dei clienti si mette inizialmente ³supina² con le gambe allungate o piegate.

Molto raramente il cliente si pone ³prona² o sul fianco (solo quelli che assumono queste posizioni anche per dormire).

 

Dico al cliente che non deve stare fermo ma che può muoversi quando ne sente l¹impulso.

Questo è evidente: se tramite il lavoro cambiano i toni muscolari viene automatico di spostare leggermente la posizione delle giunture coinvolte.

 

Dico anche che può cambiare posizione non appena l¹attuale posizione diventa scomoda.

Se lui non lo fa spontaneamente gli chiedo io di cambiare posizione dopo una mezz¹ora o un¹ora, secondo il mio parere.

 

Qualsiasi sia la posizione del cliente, è indispensabile esaminare dove sostenerlo o farlo appoggiare su cuscini per allentare tensioni provenienti dalla posizione stessa o per facilitare il mio lavoro (senza disturbare la comodità del cliente).

                  3.3.1       Materiale di appoggio e sostegno

                  3.3.2       Posizioni e sostegni tipici

 

3.3.1   Materiale di appoggio e sostegno

Come sostegni e cuscini uso:

- diversi piccoli e sottili cuscini morbidi per l¹appoggio di parti dolenti

- diversi piccoli e sottili cuscini di crusca (leggeri, mezzo morbidi) che si adattano ma fissano la forma, sostenendola e fissando le posizioni

- un grande cuscino di crusca cuneiforme come appoggio del bacino in posizione ³prona²

- due piccoli e due medi cuscini di crusca ³doppio conici² come sostegno delle caviglie in posizione laterale, semilaterale e ³prona²

- cuscini di miglio (pesanti, duri) per fissare delle posizioni: due piccolissimi per i polsi, due medi per diversi adattamenti, uno grande come appoggio della gamba in posizione laterale e come appoggio dei piedi in posizione ³supina² a gambe piegate²

- due rotoli lunghi in gomma schiuma semidura di diverso diametro per sostenere le ginocchia in posizione ³supina²

- un cuscino speciale ³sagomato a forma di C² in gomma schiuma semiduro che permette di lavorare bene le cervicali e la base del cranio in posizione ³supina

- un orsetto di peluche grande o un cuscino a forma di ³boomerang² di crusca da tenere in braccio in posizione laterale.

 

Come dimostra la lista qui sopra, preferisco diversi cuscini piccoli e sottili di diverso materiale per poter adattare consistenza e altezza del sostegno a dimensione, geometria, posizione e altre esigenze del cliente. In tutto uso ca. 20 cuscini, tutt con le loro fodere cambiabili e lavabili ad alta temperatura.

 

 3.3.2     Posizioni e sostegni tipici

Le posizioni (e i sostegni) non sono le uniche possibili ma le più frequenti. Per altre posizioni, p.es. seduti dritti o piegati in avanti, mezzo seduti, embrionali ... non vale la pena di descrivere il materiale di appoggio perché deve comunque essere adattato individualmente al cliente e scelto secondo il buon senso e le conoscenze anatomiche e fisiologiche del terapista. Certe tecniche terapeutiche richiedono posizioni ³speciali² di testa, gambe, braccia, torsioni della spina dorsale ecc.

                                3.3.2.1       Posizioni ³supine²

                                3.3.2.2       Posizioni laterali

                                3.3.2.3       Posizioni semilaterali

                                3.3.2.4       Posizioni ³prona²

 

3.3.2.1   Posizioni ³supine²

Sono di primordiale interesse le posizioni di testa, braccia e gambe.

Posizione della testa:

Clienti con accentuate lordosi delle prime vertebre cervicali chiedono spesso una posizione craniale senza cuscino (posizione di spavento con testa piegata indietro) che corrisponde ad una loro autopercezione e/o un loro ideale di ³testa dritta² mentre persone tendenzialmente ³gobbose² chiedono un sostegno anche di 20 e più centimetri. Il mio consiglio a loro tutti è di mettersi con talloni e spalle verso il muro con la testa distesa, di misurare la distanza tra muro e cranio e di aggiungere un centimetro come sostegno ragionevole della testa. In media si tratta della larghezza di una mano senza il pollice. Sostengo possibilmente solo il cranio (senza le spalle) per avere libero accesso a nuca e spalla durante il lavoro. Per lavori sulle prime cervicali e l¹occipite in questa posizione uso spesso un cuscino a forma di C.

 

Posizione delle braccia:

Le braccia possono appoggiare sul petto o sul bacino o ai lati del corpo.

Appoggiati ai lati sostengo i polsi e le mani con un piccolo cuscino pesante di qualche centimetro di spessore, per togliere la tensione di riflesso alle spalle quando i polsi non sono sostenuti.

 

Posizione a gambe divaricate:

A gambe divaricate metto un rotolo medio duro sotto le ginocchia per togliere la tensione di riflesso della muscolatura lombare quando le ginocchia non sono sostenute. Il diametro del rotolo è di ca. 20 centimetri per persone grandi o con accentuata lordosi lombare o di ca. 10 centimetri per persone piccole o con lordosi lombare scarsa. Ogni tanto rialzo le ginocchia anche di più per aumentare l¹angolazione dell¹anca e sostengo i piedi per diminuire l¹angolazione del ginocchio. Il sostegno dei piedi serve parecchio anche in caso di problemi circolatori delle gambe perché alzando le gambe si facilita il riflusso ematico. Dopo aver regolato l¹altezza di cosce e gambe, tiro leggermente i talloni tenendoli alzati (a ginocchio ancora appoggiato) e tento di impostare le gambe a una larghezza comoda; normalmente ca. a distanza delle spalle. Non correggo ulteriormente l¹allineamento verticale del corpo (testa, spalle, spina, bacino, gambe), ma prendo le loro ³pieghe² come informazioni per il lavoro da fare (gruppi di muscoli ipercontratti e iperrilasciati). Lo stesso vale per l¹allineamento di cosce, gambe e piedi.

 

Posizione di gambe appoggiate:

A gambe appoggiate sostengo i piedi con un cuscino pesante per

- togliere la tensione di riflesso della muscolatura lombare quando il corpo ha l¹impressione che il piede potrebbe scivolar via

- dare alla caviglia un angolazione più distesa, perché senza sostegno si trova in esagerata estensione

- tento di impostare la distanza tra i piedi e la loro rotazione in modo che le ginocchia, alla stessa distanza, non cadano nè verso l¹interno né verso l¹esterno. Questo dipende molto dal tono di abduttori/rotatori e adduttori delle gambe e può cambiare notevolmente durante il lavoro. In caso di necessità lo spiego al cliente e gli chiedo di collaborare provando di volta in volta la posizione ideale.

 

 3.3.2.2 Posizioni laterali

Controllo e appoggio di testa, spalla , braccia, bacino gambe e piedi.

Normalmente lascio al cliente la libertà di scegliersi inizialmente il lato preferito.

Eventualmente si cambia dopo un certo tempo se diventa scomodo o se non si raggiungono bene parti da lavorare.

Certi clienti preferiscono tirare il braccio sotto, dietro la schiena, altri davanti.

 

Posizione di testa e spalla:

sostengo la testa (solo fino sotto l¹orecchio) con un cuscino morbido fino all¹altezza alla quale le vertebre cervicali e toraciche formano una linea continua. Se la lordosi cervicale è accentuata chiedo al cliente di lasciar cadere la testa un po¹ in avanti (che corregge spesso automaticamente anche la rotazione della testa) ma in modo da essere ancora comodo. Se la spalla superiore cade indietro, tiro indietro la spalla sotto, fino a quando quella sopra pende un pò in avanti.

 

Posizione di spalla e braccia:

Do in braccio al cliente un orso di peluche o un cuscino di crusca a forma di ³boomerang² per sostenere braccia e spalla, liberandoli della tensione gravitazionale, che si propaga di riflesso poi fino agli allacciamenti muscolari all¹occipite. Lo faccio anche se il cliente preferisce appoggiare il braccio sull¹ anca e sulla coscia, perché spesso cambia posizione dopo un po¹ di tempo.

 

Posizione di bacino e gambe:

Divarico la gamba sotto e piego quella sopra. Poi sostengo sotto il ginocchio e il piede la gamba superiore piegata fino all¹altezza che minimizza la torsione fra spalla e bacino e allinea anca, ginocchio e caviglia. Per allineare anche la gamba inferiore metto un cuscino sotto la caviglia.

Per finire chiedo al cliente di ³assestarsi² con piccoli movimenti fino che ha trovato la posizione ³meno scomoda².

 

3.3.2.3   Posizioni semilaterali

Sono simili a quelle laterali con il braccio inferiore dietro la schiena e possono andare dalle laterali fino quasi a quella ³prona². Senza entrare in dettagli diventa importante sostenere il bacino all¹altezza della cresta iliaca anteriore e la spalla all¹altezza del processo coricoidale, per evitare tensioni lombari e della spalla e torsioni tra spalla e bacino.

A un certo punto diventa anche più comodo alzare il braccio superiore sopra la testa e sostenere il polso. In queste posizioni diventa problematica la torsione della testa e la lordosi cervicale e lombare. E¹ infatti una posizione preferita (come quella ³prona²) da persone con accentuate lordosi sia cervicali sia lombari e con spiccate inconsce esigenze di tensione muscolare.

Richiede parecchia fantasia e conoscenze anatomiche e fisiologiche da parte del terapista renderla sufficientemente distensiva ed è una posizione molto individuale.

 

 3.3.2.4 Posizioni ³prona²

È la posizione preferita da molti terapisti (perché hanno imparato a lavorare comodamente il dorso in questo modo) e da pochi clienti che l¹assumono per dormire. E¹ problematica per la posizione della testa (anche su lettini con buchi o altri aggeggi facilitanti) con relative torsioni e tensioni su collo, nuca, cingolo scapolare e ancestrale: tutti punti che spesso sono già critici nei miei clienti.

 

Se un cliente la preferisce o se, per altri motivi, sono costretto a lavorare così, i sostegni sono i seguenti:

- sotto la fronte un sottile cuscino a C per liberare la respirazione (a meno che il cliente preferisca lasciar pendere testa e braccia fuori del lettino)

- sotto il bacino un sottile cuscino cuneiforme di crusca per allentare la tensione lombare - sotto le caviglie un rotolo di 20 centimetri per evitare l¹iperestensione del piede

- se il cliente tiene le braccia pendenti, ev. sottili sostegni sotto i coracoidali, se le tiene su, sotto le ascelle.

 

Spesso, e dopo un po¹ di tempo, è più comodo cambiare posizione leggermente in direzione ³semilaterale² in seguente modo:

- girare leggermente la faccia da una parte adattando il cuscino a C

- piegare leggermente il ginocchio della stessa parte e sostenere il bacino

- tirare il braccio della stessa parte in su e sostenere l¹ascella o il processo coracoidale dall¹altra parte giù.

 

Così si allenta almeno ³una diagonale² (p.es. tra orecchio dx. e caviglia sin.).

Cambiando sull¹altro lato si riesce in sequenza a liberare gran parte della muscolatura dorsale diagonale.

 

3.4 Procedure terapeutiche

La procedura terapeutica varia tantissimo secondo il metodo usato dal terapista:

€ ci sono metodi pressoché ³ritualizzati² che, indipendentemente della ³patologia² e dalla, ³costituzione² del cliente, applicano una determinata sequenza di trattamenti con determinate manipolazioni generalizzate, basandosi sulla convinzione che equilibrando complessivamente tutto l¹organismo ³si mette a posto² automaticamente anche la parte che ha problemi

€ altri metodi si basano su criteri costituzionali/posturali caratteristici del cliente e tentano di ³correggere² le ³debolezze² di quest¹ultimi, al fine di far sparire così anche le disfunzioni e di conseguenza i sintomi

€ altri metodi sono strettamente orientati sulla disfunzione con esatte indicazioni sintomatiche e si basano su procedure manipolative in funzione di una determinata patologia (p.es. ³punti riflessiologici in caso di periartrite omeroscapolare² ...). Partono dall¹idea che ³risolvendo² la disfunzione cruciale si metterà a posto anche la postura e la costituzione

€ ci sono anche metodi che danno indicazioni sia generalizzate, sia costituzionali sia sintomatiche con regole di applicazione per tutte e tre

€ personalmente mi servo spesso:

- di una fase preliminare, nella quale tento di conoscere la situazione attuale, di equilibrare e mettere a suo agio il corpo del cliente e di stabilire un rapporto con l¹organismo del cliente all¹infuori della sua responsabilità.

- di una fase specifica dove mi rivolgo al massimo disagio attuale o proseguo il lavoro precedente

- di una fase integrativa dove tento di coinvolgere la fase specifica nel contesto dell¹ organismo completo

- di una fase conclusiva che serve a restituire al cliente la responsabilità operativa del suo corpo.

 

Durante le singole fasi tento di lavorare in completa dipendenza dalle azioni e reazioni dell¹organismo del cliente nel senso di applicare i miei strumenti operativi a dipendenza di quello che trovo al momento.

 

3.5 Respirazione

Chiedo al cliente, se necessario, di ³lasciar respirare² il suo corpo e possibilmente di non interferire, salvo se lo chiedo, per pochi respiri. Gli spiego che mi aiuta se non trattiene il fiato dopo aver inspirato (tensione muscolare), se espira bene (distensione muscolare) e se fa una pausa dopo l¹espirazione (rimane un attimo in distensione). Molti clienti respirano coscientemente per paura di perdere il controllo. Lo accetto tacitamente; spesso questo riflesso si perde nel familiarizzarsi con la terapia.

Normalmente lavoro nel ritmo respiratorio del cliente, adattando la mia respirazione alle sua.

A questo ritmo, sovrappongo ogni tanto altri schemi ritmici sincroni. Come regola ³tengo² in espirazione per dare sicurezza alla sua distensione, e ³lascio² in inspirazione per dargli lo spazio richiesto.

 

La differenza di pressione tra tenere e lasciare cambia in continuazione in base a diversi criteri che si esercitano più o meno sistematicamente, durante gli anni di apprendistato e che diventano man mano degli automatismi. Il criterio rilevante è la ³risposta del tessuto²: nel caso ideale aumento l¹ampiezza della pressione fino al punto in cui il tessuto perde di tono in espirazione a acquista in inspirazione. In seguito riduco l¹ampiezza fino al punto in cui il tessuto segue ancora all¹oscillazione. E¹ sempre sorprendente con quanta poca forza si riesce a mantenere in oscillazione il tessuto, normalmente con forze che sono di molto sotto la soglia di percezione cosciente del cliente.

 

Come forse ogni terapista ³corporeo², osservo l¹impiego della muscolatura respiratoria del cliente, palpando i relativi muscoli raggiungibili. Si nota facilmente se il cliente tende piuttosto a una respirazione addominale, toracica o completa. Starnuti, sbadigli, tosse, sospiri, risate, pianti, singhiozzi e la voce forniscono altri elementi per farsi un concetto della respirazione del cliente, i relativi movimenti e muscoli e altri tessuti coinvolti.

 

Se la respirazione è impedita, stimolo spesso la muscolatura addominale e toracica partendo dall¹inserzione del diaframma (apertura toracica inferiore) in direzione caudale e la muscolatura intercostale in direzione craniale, il che rallenta e approfondisce spesso l¹espirazione. Se il cingolo del bacino è molto teso, uso il movimento respiratorio addominale/lombare per smuoverlo un po¹. In seguito tento di smuovere l¹apertura toracica superiore stimolando la muscolatura del cingolo scapolare e della nuca/collo, il che rafforza l¹ispirazione e si manifesta spesso in sbadigli.

Durante il lavoro i cambiamenti respiratori (se sono spontanei) sono significativi per i cambiamenti emotivi del cliente, che un terapista attento percepisce quasi meglio del cliente perché sono spesso fuggenti. Sono, insieme alla ³risposta tessutale², forse i migliori segnali per il proseguimento del lavoro.

 

3.6 Massime per il mio lavoro

Qualsiasi tecnica o metodo decido di usare, rispetto le seguenti massime:

€ anche se del cliente talvolta ho poca stima, del suo organismo ho il massimo rispetto: ciascuna delle sue miliardi di cellule è più intelligente di me

€ l¹organismo non sa cosa è ³giusto² (criterio vaticaniano) o ³utile² (criterio personale) ma solo cosa è dilettevole, comodo, piacevole ...

€ il tessuto in un determinato posto ha un buon motivo di essere com¹è. Per dargli un motivo di cambiare struttura o atteggiamento posso:

- sedurlo

- convincerlo

- ingannarlo

- stancarlo

- obbligarlo con la forza

gli ultimi tre modi sono già invasivi

€ nel contesto dell¹ organismo complessivo, è il corpo del cliente a decidere quale altra struttura o atteggiamento vuol prendere. Io sono troppo stupido per poter proporre una ³soluzione più comoda²

€ l¹organismo del cliente reagisce al mio tocco:

devo sentire come e adattare il tocco alla reazione

€ anche il mio organismo reagisce:

non devo confondere i due

€ Il tocco è pelle mia su pelle sua; i due organismi si comportano come due animali che giocano o litigano

€ tocca me giocare la sua partita e recitare meglio la mia parte

€ il suo organismo gradisce un ritmo ³prevedibile² perché rassicurante

€ se il suo tessuto si arrabbia, si annoia o si stanca, non collabora più ed è meglio terminare la partita.

 

 3.7 Meccanismi fisiologici

a) Espirando, la muscolatura perde di tono: dal momento che osa lasciarsi andare, devo sostenerla

b) Inspirando, la muscolatura guadagna di tono e si espande; devo lasciarle spazio

c) Lavorando contro le solite forze della gravità posso dare al cervello un senso di leggerezza

d) Usando dei riflessi innati del corpo, faccio lavorare l¹organismo del cliente e meno me stesso

e) Tenendo una giuntura che è tesa, dopo un po¹ di tempo la muscolatura si rilassa e toglie pressione dalla giuntura (Feldenkrais)

f) Lavorando con le due mani a distanza di almeno ³una giuntura² si riorienta la giuntura stessa (Ida Rolf)

g) Lavorando in zone di epimisio superficiale riesco:

- ad azionare tessuti profondi

- a liberare tratti vascolari e nervosi (Elisabeth Dicke)

h) Ogni tocco stimola dei ricettori di tatto, pressione e stiramento (dolore, temperatura, prurito, solletico, pressione, vibrazione, tensione, lunghezzaŠ) che posso usare per provocare reazioni del corpo.

 

3.8 Proprietà del ³materiale² tessuto umano

Il tessuto organico umano nel suo insieme ha delle proprietà ³reattive² diverse dagli altri materiali (come metallo, legno, vetro, gomma, stoffa, pietra, piante):

- reagisce attivamente ai miei stimoli:

per raggiungere un determinato obiettivo terapeutico, devo scegliere lo stimolo prevedendo che la reazione vada in direzione dell¹obiettivo

- reagisce in modo differenziato a diversi stimoli:

sfugge al dolore, gradisce freschezza in parti scottanti e calore in parti fredde, si arrende all¹affaticamento, si impanica nella costrizione, si difende contro l¹invasione, risponde con originalità a delle proposte giocoseŠ

Devo percepire, osservare e usare queste condizioni (variabili in topografia, tempo e individuo) per il lavoro.

 

Gran parte degli stimoli sono percepiti dall¹organismo a livello inconscio: usandoli maggiormente riesco ad attivare prevalentemente meccanismi fisiologici (riflessi, vegetativi, propriocettivi...) disinserendo in parte portamenti ³culturali² che causano spesso contrasti e disturbi a quelli fisiologici.

 

Reazioni fisiologiche ad uno stimolo provocano emozioni e viceversa.

Esempi:

- azionando la muscolatura mimica facciale, sorgono emozioni che corrispondono all¹emozione che aziona lo stesso gruppo muscolare

- attivando la muscolatura respiratoria di un certo tipo, scatta l¹impulso del respiro congruente (p.es. sbadiglio, sospiro, ...)

- tirando o allentando la muscolatura posturale di un determinato tipo, si provocano le congruenti sensazioni (p.es. spavento, se si aumenta la lordosi cervicale).

 

3.9 Approccio al cliente

Per l¹approccio al cliente, distinguo tra me e me il livello sociale, il livello relazionale e il livello mio personale.

                  3.9.1       Sociale

                  3.9.2       Relazionale

                  3.9.3       Personale

 

 3.9.1     Sociale

A livello sociale, ci sono grandi differenze nel modo come mi trattano i miei clienti:

- dalla quasi devozione della persona che mi affibbia il titolo di ³dottore² e mi abbina al ruolo del mago

- al tartassamento di persone che ritengono tutto dovuto e mi vogliono o come sacco rifiuti o come ultima dimostrazione che nessuno può aiutarli e tutti sono scemi e/o corrotti e egoisti

- all¹esigenza della vittima che io abbia compassione e risolva tutti i suoi problemi senza che lei debba far niente e che mi chiede di essere il suo salvatore

- alla persona che si sente colpevole di tutti i danni e malanni di questa madre terra e mi vede come padre confessore, poliziotto e giudice

- a chi pensa di sbagliare tutto e mi prende come insegnante per poi dimostrarmi che l¹altro insegnante proclama un¹altra dottrina

- fino a chi chiede semplicemente un colpo di mano di un esperto in una situazione difficile

- oppure chi porta in servizio la sua ³macchina organismo² con la pretesa di riaverla ispezionata, riparata e pulita

- e non da ultimo delle persone che cercano un cicerone su una loro strada ³evolutiva²

- o delle altre persone che cercano in me quello che li distende, li fa star bene e toglie un po¹ della loro noia (life stile, wellness, governante).

 

In contrasto con tutto ciò, mi vedo socialmente come professionista artigianale, con una relazione chiara di cliente e fornitore di prestazioni rispettando le dovute regole del codice delle obbligazioni e chiari patti, tipo contratto d¹appalto con diritti, obblighi e responsabilità ben ripartiti e con nessuna relazione gerarchizzata.

Sto bene attento a non giocare il gioco preferito dal cliente ma di imporre socialmente il mio. Qui insisto se necessario anche a scapito dell¹armonia, delle sue aspettative, pretese e cosi via. Per me questo punto è importante anche perché non voglio lavorare con soldi pubblici o di assicurazioni e quindi percepisco la mia relazione giuridica meno sotto gli aspetti di ³legge sanitaria² che di codice delle obbligazioni.

Per questo aspetto cambia poco e niente tra cliente e cliente.

Anzi pretendo di trattare ugualmente su questo livello tutti i miei clienti.

 

3.9.2   Relazionale

A livello relazionale la storia cambia parecchio:

- posso avere rispetto o meno di pregi e difetti del mio cliente

- posso provare simpatia o meno per i suoi punti deboli e forti

- posso sentirmi attratto o schifato o indifferente verso il mondo in cui vive

- e lo stesso vale per lui nei miei confronti.

 

Si tratta di trovare un denominatore comune della nostra relazione che rispetti i limiti vicendevoli e stabilisca i temi da trattare in comune, scelti con criteri strettamente terapeutici (per non ledere il rapporto sociale cliente/fornitore). Poco importa quali siano in dettaglio: importante è che vengano stabiliti (espliciti o impliciti), rispettati e ogni tanto rivisti e forse adattati. In pratica significa differenziare e chiarire affari miei, affari tuoi e affari nostri e di trattare esclusivamente affari nostri. Questa parte è molto individuale, varia da cliente a cliente, non solo secondo la patologia da trattare, ma anche secondo il rispetto e la simpatia reciproca. E su questo livello tentiamo di giocare la stessa partita che non è ne sua ne mia, ma la nostra definita assieme.

 

3.9.3   Personale

A livello mio personale invece devo giocare la partita del suo organismo (non di ³lui² né del suo ³vaticano², visto che il mio artigianato si rivolge fortunatamente solo al suo ³Battista²). E questo lo devo giocare bene, con il massimo rispetto per quanto mi possa anche sembrare strana. Mi tocca accompagnare fedelmente e virtuosamente la sua melodia e il suo ritmo, sostenendo il suo timbro, volume, tempo e caratteristica con tutte le bizzarrie, rotture, ripetizioni e noie che possono contenere. Ogni tanto sarò comunque appagato da una battuta geniale e non devo perderla. Una specie di basso continuo improvvisato su un motivo e tempo sconosciuti. Evidentemente ciò richiede altrettanta abilità tecnica, esperienza e concentrazione. Ed è per me di un fascino che non mi stanca.

 

 3.10   Percezione, tocco, reazione

C¹è una dinamica ricchissima tra il tocco del terapista, la reazione del tessuto toccato e la percezione della reazione da parte del terapista. Il mio personale lavoro corporeo si basa maggiormente su questa dinamica.

                  3.10.1     Reazione del cliente al tocco

                  3.10.2     Percezioni del terapista

                  3.10.3     Tocco del terapista

 

3.10.1    Reazione del cliente al tocco

Ho dei clienti che sono estremamente sensibili al tocco con reazioni tessutali locali.

Ad alcuni anche senza il tocco, la sola vicinanza di una persona ³estranea² fa scattare dei meccanismi che possono manifestarsi come espressioni emotive, come nei casi di sintomi neurovegetativi immediati o ritardati. In altri clienti devo ricorrere a tutti gli strumenti dell¹arte per provocare anche minime reazioni tessutali.

 

Già questi esempi dimostrano due compiti del terapista:

come e cosa percepisce della reazione tessutale (locale) e dell¹organismo (in toto) del cliente e come adatta il suo tocco alla reazione.

 

 

 Guardando il cliente si nota che lavorando in maniera sufficientemente delicata:

- sistemi di autoregolazione neurovegetativi e riflessivi percepiscono evidentemente il tocco in modo molto differenziato (perché rispondono) mentre

- alla parte cosciente gestionale del cliente non arriva niente di questi impulsi riflessivi; al massimo un paio di sensazioni come caldo, fresco, pesante, leggero, scarica, carica, tensione, distensione, liberazione, oppressione, irrequietezza, calma, dolore, benessere, sonnolenza, ecc.

 

Mentre il terapista:

- sente stati, movimenti e cambiamenti locali di temperatura, consistenza, tono, umidità, struttura dermica, Š

- e ha impressioni di reazioni tessutali locali come se fosse spaventato, terrorizzato, fiducioso, impaurito, generoso, ripulsivo, scioccato, incavolato, renitente, conciliante, voluttuoso, aggressivo, regressivo, tremolante, vivace, mortificato Š

 

Ne risulta che il tocco (e la relativa reazione) viene percepito diversamente da chi tocca e da chi è toccato:

- chi tocca percepisce cambiamenti riconoscibili  al tatto e impressioni di modi reattivi che appartengono al suo repertorio di esperienza, invece

- chi è toccato non percepisce la reazione di propriocettori e neurovegetativa, ma in   compenso una ³somma sensazioni² elaborata in funzione alle sue ³esperienze di tessuto locale².

 

La reazione al tocco è complessa, reale e unica. È percepibile sia dal terapista sia dal cliente solo in modo frammentario e diverso l¹uno dall¹altro. Viene interpretata e usata dai due secondo criteri ben diversi. La dinamica del lavoro corporeo si evolve in questo contrasto dove la reazione reale è perno e nesso tra terapista e organismo del cliente.

 

3.10.2    Percezioni del terapista

La percezione del terapista (come ogni percezione) è un insieme complesso di sensazioni tattili, olfattive, uditive e visive che formano come un ³suono orchestrale².

 

L¹attenzione (o la coscienza) viene deviata dalla percezione riflettendo, pensando, valutando, rispondendo o perdendosi in reminiscenze, sentimentalismi o rancori.

 

Come ascoltando un concerto l¹attenzione può essere focalizzata sulla voce di un singolo strumento, sulla melodia dominante, sull¹evoluzione ritmica, sul tessuto armonico, sui movimenti del direttore, le stecche dei poveri musicisti, il vestito della vicina o l¹etichetta al collo della camicia che gratta. Si può anche percepire semplicemente l¹insieme musicale con i timbri dell¹orchestra. E chi è un buon ascoltatore varia continuamente la sua percezione musicale senza lasciarsi deviare da idee, valutazioni, direttori e etichette.

 

Così il terapista è percettivo; la sua ³orchestra² è il cliente, il suo ³udito² sono i ricettori tattili, e in misura minore i ricettori olfattivi, uditivi e visivi. A differenza dell¹ascoltatore nel concerto, è un povero musicista che deve contemporaneamente suonare a ³prima vista² il basso continuo di un brano sconosciuto proposto dal suo cliente.

                                3.10.2.1     Percezione  tattile

 

 3.10.2.1    Percezione tattile

Nel lavoro corporeo la fonte percettiva prevalente sono i sensori tattili. Consiglio a chi lavora in questo campo di studiare attentamente i relativi capitoli del ³Thibodeau² per farsi, oltre che della bravura artigianale, anche un¹idea chiara del ricco arsenale sensoriale tattile del quale l¹inventore ci ha dotati:

- freddo e caldo

- pressione superficiale e profonda, perpendicolare e traslata, fine e grossolana

- movimenti di peli

- scivolamento

- vibrazioni lente e ad alta frequenza

- forse altri strumenti non ancora conosciuti e

- l¹insieme complesso di tutti.

 

Ma queste sono solo le percezioni locali di una piccola area dermica che tocca il cliente. Secondo la ripartizione dei diversi sensori sotto la pelle, la sensibilità varia secondo il luogo di contatto: p.es. il dorso della mano è più sensibile del palmo alla temperatura e così via.

 

Un¹altra percezione tattile importante è quella di forma, distanza, ³direzione tessutale² che si percepisce toccando attentamente, presumibilmente grazie ai sensori di autopercezione e stiramento dei nostri muscoli durante il lavoro.

 

È un buon esercizio ³alla cieca² per i principianti esercitarsi tentando di riconoscere oggetti solo tramite il tatto e di percepire la forma di statue fino ai minimi dettagli solo con il tatto.

In diagnostica si riesce facilmente a palpare differenze tra destra e sinistra, più esattamente che in modo visivo.

Per il principiante è inizialmente difficile lasciar perdere le sue immagini visive e concentrarsi su quelle tattili. Quasi tutti tentano di farsi ³un¹immagine², che per loro vuol dire un¹impressione ottica, dimenticandosi che indipendentemente da questo, il cervello riesce a farsi un ritratto tattile plastico di dimensione, struttura, consistenza, umidità, temperatura e comportamento molto diverso da quello visivo. Il tirocinio del massaggiatore consiste fra l¹altro proprio nel compito di completare i suoi concetti visivi dell¹organismo con concetti tattili.

 

Uno dei problemi di questo compito per discepoli verbalmente orientati è di carattere linguistico: manca una terminologia specifica tattile per denominare le percezioni. Ma le nostre lingue offrono delle possibilità di denominazione di:

- tono muscolare: teso, floscio

- consistenza: duro, molle, gommoso,

- temperatura: freddo, fresco, tiepido, caldo, scottante

- umidità: secco, umido, oleoso

- struttura: ruvido, liscio, pergamenaceo

- geometria: rotondo, spigoloso, fibroso, noduloso

- risposta dinamica: elastico (come una gomma o molla), plastico (come argilla, rame)

- reazione tessutale: spaventato, terrorizzato, fiducioso, impaurito, generoso, repulsivo, scioccato, incavolato, renitente, conciliante, voluttuoso, aggressivo, regressivo, tremolante, vivace, mortificato.

 

È evidente che questi tentativi descrittivi corrispondono a un retroscena strutturale/ anatomico e funzionale/ fisiologico. Con il tempo e la crescente esperienza si riesce ogni tanto a decifrare e interpretare anche verbalmente stati e mutamenti tessutali. Pare che ci siano anche ricordi e memoria tattile diretta (come visiva, olfattiva, uditiva, gustativa) al di là della verbalizazione che permette al terapista di scoprire dei mutamenti tessutali anche dopo lungo tempo.

 

È evidente che la capacità di percezione e differenziazione tattile, come la susseguente reazione operativa, non si sviluppa ³riflettendo², ma agendo con concentrazione e attenzione.

 

 3.10.3   Tocco del terapista

C¹è un universo di tocchi, strisci, movimenti che un terapista può applicare trattando il suo cliente. Certe ³scuole, metodi, tecniche² propongono regole ³assolute², regole ³relative² e regole sintomatiche. Le seguenti sono una piccola scelta illustrativa:

                                3.10.3.1     Criteri delle diverse ³scuole²

                                3.10.3.2     Principi del lavoro personale

                                3.10.3.3     Regole operative personali

 

3.10.3.1     Criteri delle diverse ³scuole²

Le diverse scuole, nella loro esigenza di dare delle indicazioni didattiche generalizzate, applicano spesso dei criteri assoluti e relativi.

 

Quasi tutte hanno una loro ragione d¹essere in una determinata situazione, ma pochissime (o nessuna) di queste scuole ³assolute² è generalizzabile e fra le ³relative² non ne basta un¹unica (riducente), ma ci vuole un sistema di parecchie per svolgere un lavoro a regola d¹arte. Certamente esistono innumerevoli approcci utilizzabili e nessuno ³migliore², come nessuno degli utilizzabili è ³semplice² o riducente.

 

Il guaio è che a furia di semplificare il complesso, si perde la differenziazione e, spinta dall¹ignoranza e dalla necessità di giustificarsi, la semplificazione diventa un dogma riducente che fa evolvere la credenza del terapista, ma certo non la sua arte e la salute del cliente.

 

Con i criteri ³assoluti² o prediletti, spesso non espressi esplicitamente, bisogna stare molto attenti, perché in certe situazioni o combinazioni possono seriamente danneggiare, e poi è tardi per dire che non era inteso così. Consiglio: chiedersi (o chiedere all¹insegnante) le controindicazioni e gli effetti collaterali.

 

€ Criteri ³assoluti² o ³prediletti² possono essere indicazioni che riguardano:

- ordini sequenziali (p.es. dai piedi alla testa o viceversa, sempre verso il cuore, Š)

- regole per posti di manipolazione prediletti (articolazioni, muscoli, ossa, tessuto connettivo)

- regole per tipi di manipolazioni (tenere, premere, impastare, scivolare, battere, Š)

- regole per determinati movimenti di articolazioni ³a leva² (specialmente in osteopatia)

- criteri direzionali (p.es. contro la gravità, tirare il muscolo, scaricare il muscolo, con il deflusso linfatico, Š)

- criteri ritmici (p.es. sincrono al respiro, polso craniale, Š)

- criteri di tempo (lento, veloce, Š)

- criteri di forza (energico, fino, a tocco di farfalla)

- criteri di uso delle mani (p.es. una giuntura tra le due mani, simmetria (o asimmetria) dei posti di tocco, Š)

- criteri anatomici (p.es. origine e inserzione, sul ventre muscolare, lungo le separazioni di tessuto connettivo tra due muscoli)

- criteri fisioneurologici (p.es. sfruttare gli archi riflessivi Š)

 

 Le regole ³relative² o ³dipendenti² sono già più raffinate perchè richiedono almeno un criterio di differenziazione che impedisce un lavoro puramente meccanico. Qui il rischio sta piuttosto nel ³riducente²: Basandosi su una o poche di queste regole e a furia di osservare un unico criterio di valutazione ne sfuggono altre forse più importanti.

Consiglio: chiedersi (o chiedere all¹insegnante) la gerarchia e la sequenza dei criteri:

€ regole ³relative² o ³dipendenti² possono essere:

- scaldare il freddo, rinfrescare il caldo

- energico sul floscio, tocco di farfalla sul teso (o viceversa)

- disperdere sul duro e concentrarsi sul molle

- tenere un¹articolazione tesa fino al prossimo sospiro

- tenere il tessuto che ³lascia² e lasciare il tessuto che si ³espande²

- sincronizzare il micromovimento muscolare con il respiro

- tenere finché sparisce il ³polso craniale²

- prevalentemente dermatomi innervati del simpatico in stati parasimpatici e viceversa.

 

3.10.3.2     Principi del lavoro personale

Non ritengo applicabile in modo generale le mie personali massime di lavoro; troppo dipendono della mia istruzione individuale, dalla mia esperienza e disposizione. Se tento di spiegarli non è per motivi esibizionistici, ma perché tento di concretizzare un modo di lavoro personale, per fornire strumenti di riflessione e decisione a chi cerca di ³definire il suo proprio lavoro².

 

Personalmente lavoro:

€ in modo lento (per dare all¹organismo del cliente il tempo di percepire, elaborare, rispondere a ogni stimolo)

€ con tocchi leggerissimi (sotto la soglia di percezione cosciente del cliente, sfruttando i meccanismi della sua autopercezione inconscia)

€ adattandomi a un ritmo del cliente (prevalentemente respiratorio) forza, direzione e, ambito e cambiamento del tocco

€ spesso in direzione opposta alla forza della gravità

€ ma non contro una ³posizione esagerata² (non correggere)

€ e possibilmente in completa funzione della reazione del tessuto toccato:

- temperatura

- consistenza

- tono muscolare

- tipo di reattività

 

3.10.3.3     Regole operative personali

Osservando questi principi sono deducibili diverse regole operative:

- tengo (rassicurato) il tessuto in fase di rilascio del muscolo (normalmente espirazione)

- lascio libero il tessuto quando richiede spazio (normalmente microcontrazione inspiratoria) e mi sposto in questa fase

- tento di non sforzare o regolare la respirazione del cliente, ma respiro possibilmente nel suo ritmo (anche se è molto variato o irregolare)

- al massimo gli chiedo di tener aperta la bocca, di non trattenere il fiato e di lasciar respirare il corpo

- normalmente questo determina il ³tempo² (larghetto, andante, allegro) del lavoro

- il ritmo del tocco (secondo che il tempo è largo, adagio, moderato o presto) può essere un multiplo o uguale a una frazione del tempo

- comprende tutte le variazioni ritmiche, agogiche, accentuali e di pause immaginabili

- nonché ³gli accordi² del tocco

- ma si orienta sempre sulla ³linea melodica² e sulla ³guida ritmica² del cliente

- spesso mi sento proprio come accompagnatore a prima vista di basso continuo di un protagonista solista

- spostando la mano, la stacco spesso dal corpo per dare il senso di liberazione al tessuto (tengo raramente per più di tre cicli respiratori)

- scivolo raramente sulla pelle, ma do al tocco una leggera direzione traslatoria definita (normalmente opposto alla forza reattiva generata dalla gravità)

- piuttosto che premerlo, sollevo il tessuto dall¹osso

- piuttosto che comprimerle, apro le giunture (salvo braccia e mani dove le forze gravitazionali lo fanno già di natura)

- piuttosto che correggerla, accentuo l¹esagerazione di una posizione giunturale (per provocare una regolazione reattiva posturale neurologica in senso opposto)

- seguo il tessuto freddo per scaldarlo

- adatto la forza del tocco contrariamente al tono muscolare (più il muscolo è teso, minore è la forza)

- tocco con le punta delle dita o delle linee lungo il tessuto ³fibroso² (massaggio del connettivale)

- ma copro più regolarmente possibile con tutta la mano il tessuto amorfo

- uso polpacci, dita, palmo o dorso della mano, polso, avambraccio e braccio il più possibile adattandomi alla geometria locale del corpo del cliente e con un massimo di motilità delle membra del mio organismo.

 

 3.11   Meccanismi neurofisiologici

Distinguo, in questo contesto, meccanismi neurofisiologici ³basilari² e ³coordinati². Come ³basilari² intendo meccanismi di riflessi muscolari e neurovegetativi e relative trasmissioni connettivali. Come ³coordinati² intendo reazioni più complesse ed elaborate del tipo meccanismi complessi, automatismi innati e acquisiti.

                  3.11.1     Basilari

              3.11.2    Coordinati

 

3.11.1    Basilari

Sfrutto meccanismi neurofisiologici (periferici e vegetativi), riflessi di diverso tipo, di trasmissione e reazione connettivale:

- all¹inizio, come fase preparatoria e se necessario, tento una sedazione di clienti ³simpatotonici² o una tonificazione di clienti ³vagotonici² usando p.es. dermatomi innervati prevalentemente dal parasimpatico (cranici e sacrali) o dal simpatico (toracali, lombali) o con altri ³trucchi²

- durante il lavoro, controllo continuamente deviazioni neurovegetative e tento di mantenere un certo equilibrio (ortotonico, normotonico) che regola anche delle funzioni viscerali/ vasali

- talvolta, lavorando su tessuti traumatizzati nella fase successiva bisogna tornare ogni pochi minuti a riequilibrare il sistema neurovegetativo

- in clienti molto depressi o impanicati questa fase può essere la maggior parte del lavoro mentre in altri richiede pochi minuti (di accertamento)

- raggiunta una certa stabiltà neurovegetativa passo alla regione più ³critica² del cliente: dove accusa maggiori dolori e/o impedimenti (ma normalmente non sul punto dolente)

- comincio piuttosto distante della zona critica, vicino alle inserzioni muscolari con una mano, sostenendo con l¹altra ³la struttura appesa² o a monte della zona dolente e impedita

- tengo la giuntura più carica o sfasata fino che un sospiro indica che i muscoli responsabili hanno ceduto un po¹ (osservazione di Feldenkrais)

- oppure lavoro sui muscoli agonisti e antagonisti responsabili contemporaneamente in modo da provocare gli archi riflessivi (riflessi tendomuscolari e di stiramento) a correggere la posizione

- se dei muscoli non sono direttamente raggiungibili (perchè profondi) tento di attivarli tramite il movimento di tessuto connettivo adiacente

- che serve contemporaneamente a liberare l¹infrastruttura vasale, linfatica e nervosa subdermica e intermuscolare

- se non basta e il deflusso linfatico è critico, mi servo anche di un ³piccolo² linfodrenaggio (indicazioni di Vodder)

- per organi interni o lontani mi servo anche di altri riflessi (trigger points, digitopressione, meridiani, riflessologia, se mi ricordo passando comunque)

- così mi avvicino man mano all¹epicentro dell¹impedimento

- spesso in questa fase ³specifica² del lavoro si incontra del tessuto traumatizzato, ³fossilizzato², indurito, inspessito, con essudati o cicatrizzato con strane strutture e comportamenti (o mancanti reazioni) che richiede un massimo di delicatezza operativa

- tento di evitare o di far passare presto dei dolori locali, se necessario anche con localanestetici (spray di freddo, oli eterici di garofano, menta, xilocaina), compresse calde o sostanze riscaldanti/ roborifere ... .

- Questo per evitare o portare fuori dai circoli viziosi di spasmo/ dolore

- Allo stesso scopo servono pomate, oli o rimedi da ingerire di vario tipo secondo il meccanismo che provocano i dolori.

 

 3.11.2   Coordinati

Ci sono numerosi meccanismi neurofisiologici ³superiori² ai semplici riflessi (spesso coordinati dal cervelletto o anche da funzioni cerebrali più alte) che permettono al terapista di agganciarsi a degli automatismi ³inconsci², di riattivarli o ripristinarli.

Nell¹ambito di una seduta lavorativa, dopo aver riequilibrato il sistema neurovegetativo e aver trattato come descritto prima ³una parte critica², questa ³terza fase² serve a reintegrare l¹organismo in toto.

Per esempio, uso molto spesso un ³programma cerebrale² che pare aumentare e abbassare leggermente il tono di molti muscoli sincronizzati con il respiro (si abbassa espirando, aumenta inspirando). In regioni traumatizzate, questo meccanismo manca spesso o è addirittura invertito. Tecnicamente non è molto difficile ripristinare questo meccanismo, con una semplice variazione del tocco nel ritmo del respiro.

 

Per simili motivi lavoro spesso in modo asimmetrico, diagonale, a chiocciola, e specialmente in una fase successiva lungo delle ³catene muscolari² o su interi sistemi muscolari, con le due mani parecchio distanti una dall¹altra, sfruttando così funzioni cerebrali di coordinazione automatica (prevalentemente inconsci, involontari):

- coordinazioni spontanee tra agonisti e antagonisti anche eterolaterali (p.es Mm. quadriceps sin. e M. triceps femoris dx.)

- coordinazioni di ³equilibrio² di massa, tensione, posizione, gravità, apoggio (p.es. in posizione laterale dx.: coscia dx. in direzione caudale e braccio sin. in direzione craniale)

- coordinazioni tra destra e sinistra con le relative divergenze di motorica fine (dx.) e di isometria (sin.) (p.es. spalla sin. e spina iliaca dx.)

- coordinazioni eterolaterali funzionali (p.es. gomito dx. e ginocchio sin.)

- catene strutturali muscolari (inserzioni e origini di muscoli diversi in zone vicine, p.es. coracoidale dx. e cresta iliaca dx.)

- catene funzionali di movimenti frequenti (p.es. ³catena del passo²: Mm. Psoas, Quadrizeps, flessori della gamba, flessori del piede ...) su relative zone d¹inserzione e di origine)

- molti di questi tocchi corrispondono a un¹osservazione di Ida Rolf che insegnava fra l¹altro a lavorare ³a distanza di una e più giunture²)

 

- sistemi funzionali muscolari:

- respiratori (sistema di 28 muscoli direttamente coinvolti)

- espressivi (spec. muscolatura mimica e linguistica)

- impressivi (spec. muscolatura dell¹ occhio e dell¹orecchio)

- digestivi (spec. di masticazione, deglutazione, movimenti peristaltici, escrezione, defecazione).

 

Per concludere un lavoro si usa spesso un determinato tocco, p.es. si tocca prominens e giuntura sacro-coccigeale o semplicemente la conca tra sopracigli e naso per poi ritrovare il cliente dopo avergli lasciato qualche minuto di riposo.

 


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