Medicina popolare

per autodidatti

 

 

luglio 27, 2005


Indice della pagina

 

1.0 Tracce del tema

1.1 Etica  e morale

1.2 Modello adottato

1.3 Riferimenti personali

1.4 Fonti e riferimenti generali

1.5 Valutazione  etica e morale

1.6 Comportamenti, sanzioni e gratificazioni

 

2.0 Il giuramento di Ippocrate

2.1 Formula d¹invocazione

2.2 Gratitudine e obblighi verso l¹insegnante

2.3 Tramandamento e obblighi d¹istruzione

2.4 Obblighi verso gli ammalati

2.5 Rispetto della vita umana

2.6 Conduzione  di vita e professione

2.7 Rispetto verso le altre professioni sanitarie

2.8 Comportamento verso gli ammalati

2.9 Confidenzialità

2.10  Formula di chiusura

 

3.0 Relazione terapeutica

3.1 Il morale del cliente

3.2 Sintomi psichici del cliente

3.3 Idee del cliente

3.4 Comportamento del cliente

3.5 Credibilità del cliente

3.6 L¹altruismo del terapista

3.7 Le indicazioni del terapista

3.8 La disponibilità del terapista

3.9  Autonomia di cliente e terapista

MN 2.3

Morale ed etica professionale

 

© Peter Forster

Bianca Buser

 

Pagine correlate: MmP 4.3

MmP 4

Sito utile: Etica & Politica

 

Chiese di S. Francesco, Locarno

 

Per il seguente referto oltre agli autori classici¾ noti mi sono servito specialmente di due testi:

* Freud, S.:  Il disagio della civiltà,

* Müller, Dr. Peter: Zur Aesthetik des Scheiterns in der komplementären Medizin (Estetica del fallimento nella medicina complementare): Referto al congresso "Krebs in der Naturheilkunde", Berlino 5.99, note personali.

 


1.0 Tracce del tema

1.1 Etica  e morale

1.2 Modello adottato

1.3 Riferimenti personali

1.4 Fonti e riferimenti generali

1.5 Valutazione  etica e morale

1.6 Comportamenti, sanzioni e gratificazioni

 

 

1.1 Etica e morale

Etica (greco ethos => usanza, costume): ramo della filosofia pratica che tratta:

- Usanze, costumi e comportamenti umani

- Intenzionali, di fatto, di obiettivo o di conseguenza

- In un determinato contesto.

Morale (lat. mores => costumi): tratta più i costumi comportamentali e i criteri del loro giudizio nel contesto situativo.

Secondo un criterio delle corti militari elvetiche i ³motivi etici² sono (o erano) considerati come ³intenzioni assolute incondizionate² (p.e. ³mai ammazzare una persona²) mentre ³i motivi morali² relativizzano ³principi etici assoluti² (p.e. ³mai ammazzare una persona se non in condizioni di legittima difesa²), usando dei criteri di ³minor male². Questo fatto mi è noto perchè come obiettore di coscienza venni giudicato e condannato in base a questo criterio.

Nell¹uso comune si definiscono ³etiche² delle dichiarazioni intenzionali riguardanti fatti esistenziali dell¹uomo, mentre i comportamenti relazionali e sociali si giudicano con criteri di ³morale² (costumi e usanze ideali).

Si vede da queste poche righe che i termini di etica e di morale non sono ben delimitati ma che si tratta di convenzioni di giudizio sociale di usanze e di costumi. È quindi evidente che ³etica² e ³morale² sono dei fatti culturali che si fondano idealmente su valori e loro gerachie caratteristiche per diverse culture ed epoche.

Gli amministratori di queste convenzioni e valori (e dei loro difficili contrasti intrinsici) erano da tempi remoti i sovrani, i sacerdoti e i giudici, spesso in alleanze variabili, viste le loro differenziazioni di funzioni amministrative e i loro divergenti interessi personali e di corporazione in interazione con le esigenze del pubblico ideologicamente amministrato (che in ultimo nutre i gestori).

Lo studio della storia fornisce già all¹interno di una cultura e lungo il percorso del tempo i più sorprendenti esempi di usanze e costumi (morale ed etica).

Dal punto di vista ³funzionale², etica e morale determinano le regole di convivenza di individui, in una società con ruoli e interessi contrastanti per i singoli membri di questa società e con valutazioni divergenti di compiti, diritti e responsabilità per i singoli verso il loro prossimo e verso ³la comunità², sempre in base alla valutazione ³generale² circa l¹importanza del singolo e della ³comunitಠ(famiglia, corporazione, comunità, religione, partito, paese, cultura, razza, nazione, stato, Š).

È però limitativo affrontare l¹argomento solo da questo lato. Sembra un¹esigenza umana (salvo forse per gli individui più cinici) quella di giustificare le proprie opere, mosse e intenzioni davanti a loro stessi, alle persone amate/ammirate e/o rispettate/temute e davanti alle autorità terrestri e/o celesti. E questo richiede dei riferimenti, dei ³codici² orali oppure scritti.

 

1.2 Modello adottato

Sono partito dal seguente modello dell¹essere umano:

- Interessi e dinamica di gruppo (costumi, usanze, abitudini, comportamenti, atteggiamenti, convenzioni).

- Verso desideri, speranze, sogni, aneliti, ansie, paure, disagi, serenità, euforie, depressioni, incertezze, creatività, instabilità, rassegnazione, disperazione del singolo.

- Mediato da legami umani bilaterali come amicizie, collegialità, compagnie, innamoramentiŠ

- Sul fondo della struttura e del funzionamento ³biologico² dell¹essere umano.

 

 

 

 

1.3 Riferimenti personali

Oltre a costumi, usanze, abitudini, comportamenti, atteggiamenti, convenzioni del mestiere terapeutico impostate tacitamente da esigenze e aspettative dei clienti, sono codificate delle norme etiche e morali relative alla professione:

- Codice penale e civile.

- Leggi sanitarie federali e cantonali.

- Norme, regolamenti e codici di associazioni professionali.

Al di là di tutto questo per me valgono dei principi etici e morali appresi da:

- Antichi filosofi greci (per me più le scuole della Stoa e degli Epicurei che Aristotele e Platone) fino ai recenti, come Jeanne Hersch.

- Le radici di una società cristiana nella quale sono stato educato.

- Le convenzioni di una società laica democratica Svizzera e Ticinese.

- Le massime etiche del giuramento di Ippocrate interpretate per la mia realtà sociale (per cui mi permetto di commentarlo in seguito).

- Le massime morali tramandate dai miei insegnanti venerati (meno di lettera che di intento, per cui li presenterò di seguito in forma dialettica ed epigrammatica).

Per il mio lavoro pratico e relative valutazioni tento di rispettare il mio cliente nelle sue dimensioni

sociali, individuali psichiche e biologiche in una specie di ³socio-psico-biologismo².

 

Software: Microsoft Office

 

 

1.4 Fonti e riferimenti generali

Chissà per quale motivo gli amministratori di turno di etica e morale e i loro seguaci, difensori e alleati, si riferiscono volentieri a principi immutabili, sacri, non toccabili per vendere l¹ultima novella sociale al pubblico (dalla moda stilistica di vita fino alla religione). I loro riferimenti preferiti sono:

 

- Testi sacri (illuminati, profetici, ispirati, Š) tramandati da millenni e spesso di dubbie fonti;

incontrollabili da parte del profano a causa delle difficoltà linguistiche e culturali. Non parliamo poi del mito di persone come Profeti, Signori o Dei legati a questi testi. Esempio: ³I dieci comandamenti² del catechismo che malgrado il mio penoso studio dell¹ebraico non ho mai trovato in forma paragonabile nella Thorah.

 

- Leggi naturali come se la natura potesse essere una scusa per la cultura e come se chi la cita fosse in grado di capirla con la sua povera mente e di dedurre delle ³regole o leggi o misteri² applicabili per una struttura sociale recente. Lo strano è che sia tecnocrati che ecologisti difendono le loro ideologie facendo riferimento alle scienze naturali, gli uni più con la fisica, gli altri più con la biologia.

logica della ragione:

- culturale/istituzionale

- generalizzata

- "socio-logica"

logica del sentimento:

- individuale/relazionale

- particolarizzato

- "psico-logico"

logica di vita e morte:

- naturale/simbiotica

- evolutiva

- "bio-logica"

"socialdarwinismo"

"egocentrismo"

"anthropocentrismo"

"sociopsicobiologismo"

contesto culturale

contesto naturale

 

- ³Intenzioni mistiche² da divine a evolutive, come se qualcuno potesse saperle o dedurle premesso che un essere divino o una forma di evoluzione si esprimano con intenzioni, nel senso che diamo noi al termine, premesso che qualcosa come una divinità o un¹evoluzione esista e premesso che si possa dedurre una spece di ³socialdarwinismo² o di punizione/ gratificazione divina da tutto ciò.

 

- Processi evolutivi di culture passate, ignorando che a lungo sono falliti e le culture stesse sono sparite tutte, salvo le recenti. E proprio i razzisti, megalomani e arroganti di tutti gli stampi si servono di argomenti di questo tipo.

 

- Teorie, ipotesi e speculazioni su processi sociali (prevalentemente economici) dal socialismo fino al liberalismo e la ³globalizzazione², dimenticando che le regole etiche-morali stesse condizionano i processi sociali che prendono come argomento per le loro deduzioni.

 

- Tradizioni culturali, come se l¹anzianità di una stupidaggine la rendesse più nobile e come se il cambiamento di condizioni sociali non mutasse le regole di convivenza.

 

 

- Dichiarazioni sociopolitiche come il ³codice dei diritti umani², che tenta di stabilire un minimo indispensabile di compiti, competenze e responsabilità individuali verso ³la societಠe i suoi gestori e amministratori. Questo documento ha almeno il buon gusto di non riferirsi all¹eterno e all¹immutabile e rimane così adattabile perchè passibile di discussione, anche se bisogna obiettare che le norme in esso contenute hanno un forte tocco di società ³individualistico- democratico-cristiana² e si astengono completamente da condizionamenti biologici.

 

- Leggi e norme, da statali fino a corporative, con relative sanzioni e ogni tanto privilegi per il caso di efrazioni che in organizzazioni democratiche si riferiscono al consenso della maggioranza degli aventi diritto di voto, in altre organizzazioni sulla volontà legifera del relativo sovraneo.

 

- Usanze sociali, dalla moda fino ai buoni costumi, che si riferiscono ai principi spirituali fino al buono o cattivo gusto ed hanno in comune che sono facilmente mutabili e seguono dei processi generativi casuali, confusi e contraddittori; spesso sono un miscuglio argomentativo qualunquistico di riferimenti sovrastanti, dall¹eterno fino all¹opportunistico della moda vigente.

 

1.5 Valutazione etica e morale

Ricordo una frase del vangelo: ³chi è privo di colpa lanci il primo sassoŠ².

Nel rapporto terapeutico, una valutazione etica e morale del terapista verso i clienti ogni tanto è inevitabile per motivi curativi. Se capita, il cliente ha il diritto di sapere i motivi, le conclusioni, le conseguenze della tua riflessione e eventualmente i consigli che hai da dare. Tutto il resto è sleale verso il cliente e antiterapeutico.

A chi del resto come terapista si sente di giudicare il suo cliente, consiglio di scegliersi un¹altra professione come p.es.:

- Procuratore pubblico

- Giudice

- Sacerdote

- Politico

- Capo del personale di un¹impresa

- Poliziotto

- Guru di una comunità spirituale

- Presidente di una congregazione di giusti.

 

Il giudizio, all¹infuori di necessità funzionali, ha degli effetti collaterali:

- Abbrutisce il viso

- Rende arrogante e/o bigotto

- Impedisce la simpatia (che nasce sul terreno della comune debolezza)

- Interrompe la riflessione e ti rende tonto

- Alimenta il rancore verso di te

- Ti fa sentire superiore, ma alla lunga non è divertente

- Porta un alto rischio di assuefazione poco soddisfacente.

 

In seguito sono presentati brevemente i quattro campi più conosciuti della filosofia etica:

              1.5.1   Etica  intenzionale  o dei valori: bene e male

              1.5.2   Etica  comportamentale  (deontologica): giusto e sbagliato

              1.5.3   Etica  obiettivistica  (teleologica): utile e futile

              1.5.4   Etica  delle conseguenze  (responsabilità)

 

Una valutazione o un giudizio serio (non a vanvera, a buon mercato o al posto di una riflessione) coinvolge elementi intenzionali, comportamentistici, di obiettivi e di conseguenze. Il semplice fatto di essersi messo in discussione su tutti e quattro questi piani evita una mancante differenziazione e permette una sintesi adatta alla funzione della valutazione stessa.

 

 

1.5.1   Etica intenzionale o dei valori: bene e male

           Quando sbagliavo da bambino e mia nonna mi faceva la predica (o sanzioni peggiori) e mi difendevo piagnucolando con l¹argomento: ³non l¹ho fatto apposta² lei si arrabbiava molto e mi rispondeva: ³ci mancherebbe anche che l¹avessi fatto apposta².

           Relativizza abbastanza il valore dell¹intenzione a scapito di un punto di vista della                responsabilità, per il fatto e non per l¹intento. In psicoterapia si nota spesso che una gran parte dei sensi di colpa e dei rancori verso il prossimo si basano su ³giudizi intenzionali² ipotizzati come negativi per il prossimo o per se stessi.

           Quando si indaga su possibili intenzioni alternative, spesso si scopre che sarebbero altrettante fonti di sensi di colpa o rancori secondo criteri differenti.

           In pratica, di fronte alla scelta di una o l¹altra possibilità, entrambe condurrebbero allo stesso effetto sulla persona.

           Si nota anche che coloro ai quali servirebbe veramente avere sensi di colpa, non li hanno mai.

           La base di un¹intenzione sono dei valori e la loro gerarchia. In giurisprudenza si chiamano beni giuridici e hanno una gerarchia di solito ben definita (p.es.: la proprietà è inferiore alla vita umana, Š).

           A livello giuridico, il giudizio dell¹intenzione diventa criminale ed è un grosso strumento del potere per diffamare o sradicare gli avversari. Nelle legislazioni democratiche normalmente è illecito un ³giudizio sull¹intenzione². D¹altronde il grado di intento serve per adeguare la punizione (omicidio premeditato o preterintenzionale).

           Ci sono degli individui che tentano ogni tanto di usare quest¹arma per scopi pubblici (dall¹economia alla politica). Possono diventare un pericolo per la società e sono da bloccare in tempo, ma purtroppo esistono pochi strumenti giuridici a questo scopo.

 

           Sottoporre delle intenzioni all¹avversario è umanamente capibile da parte del più debole (anche se ha un tocco di paranoia), è invece altamento sospettoso come arma del vantaggiato verso lo svantaggiato.

 

1.5.2   Etica comportamentale (deontologica): giusto e sbagliato

           ³Sono i vestiti che fanno l¹uomo² come tipica valutazione di usanze e costumi.

           È un dato di fatto che colui che si comporta bene, gode di facilitazioni sociali e davanti alle istituzioni, anche se dietro le quinte avesse oscure intenzioni e obiettivi asociali e mancasse di qualsiasi responsabilità.

           Preso come criterio prevalente di valutazione, questo tipo di giudizio diventa socialmente la madre di tutti i bigottismi e gli opportunismi. Anche ³farisei², legalistici e ³cosa dicono i vicini² si trovano in questo ambito di giudizio moralistico. Lo strano è che una comunità non gratifica misuratamente l¹opportunismo, ritenendo noioso e mediocre un tale comportamento individuale. In psicoterapia si trovano qui le persone con complessi di inferiorità cronici e quelle che creano ³occultamente² disastri e godono del plauso pubblico per le loro proposte di rimediarle.

           A livello individuale si incontrano qui le persone ³che conducono una vita sana, fanno tutto giusto e malgrado gli sforzi stanno male e si ammalano². E¹ la storia degli amici di Giobbe che non vollero capire che il suo destino non era una punizione divina, ma il frutto di una scommessa tra il Signore e un suo figlio maldestro (malauguratamente a scapito dell¹unico Giusto reperibile non conformista).

 

1.5.3   Etica obiettivistica (teleologica): utile e futile

- ³L¹obiettivo consacra i mezzi² e

- ³non perfezionare la tua personalità, ma concludere le singole tue opere² (G. Benn).

L¹accento di questo criterio di valutazione etica-morale è posto sull¹obiettivo, sull¹utilità di una mossa o di un evento legato allo scopo e sulle conseguenze di questi ultimi per ³l¹opera². I punti deboli di questo approccio sono:

- La valutazione e la scelta dell¹obiettivo (forse non è gradito).

- Restano impliciti i fattori imponderabili di realizzazione, visto che ogni obiettivo non solo è una scelta (aleatoria) ma anche una ipotesi.

In psicoterapia si trovano qui spesso le figure di imprenditori (raramente di manager) stupiti del fatto che gli altri non solo non sembrano interessati alle loro opere, ma osano criticare i modi della loro realizzazione e chiedono responsabilità per gli effetti collaterali dei processi e meccanismi messi in moto. La terapia di queste persone può essere abbastanza difficile, perchè l¹abitudine di aver successo rovina parecchio la comprensione anche di altri valori.

Certo è limitativo e riducente basare valutazioni e giudizi prevalentemente su scopo, utilità e relative implicazioni loro connesse, ma bisogna anche ammettere che ³intenzionisti, comportamentisti e responsabilisti² messi assieme non sarebbero in grado di produrre un solo sacco di patate:

- Per sfamare l¹ 80% della popolazione mondiale affamata degli ³intenzionisti².

- In condizioni igieniche che non disturbino nessuno tranne i ³comportamentisti².

- Assumendosi la responsabilità per la ³distruzione della natura² perchè fanno una ³coltivazione di patate² impedendo così la crescita di boschi selvaggi.

Devo ammettere che ho una piccola simpatia per gli ³obiettivisti² anche se parecchi di loro detesto di cuore. Sarà perchè mi sentivo da sempre più vicino alla figura di Isaù che a quella di Giacobbe.

 

 

1.5.4   Etica delle conseguenze (responsabilità)

- O come Sisifos venne ³responsabilizzato².

- O come Gesù porta in spalla i peccati dell¹umanità.

- E per compenso i cristiani troppo peccatori sono bruciati all¹inferno.

Si trova qui la fonte della colpa della quale gli ³intenzionalisti² soffrono tanto e senza motivo concreto. E non ho mai incontrato persone che temessero più la responsabilità quanto i responsabili.

Nelle nostre società l¹etica della responsabilità prende fortunatamente piede fino alle sfortunate perversioni legislative statunitensi che tentano con ultraformalismi di scaricare sempre più responsabilità dall¹individuo verso le istituzioni.

Fortunatamente la teoria dell¹organizzazione moderna ci fornisce dei criteri di valutazione applicabili e sufficientemente plausibili tramite i seguenti ³dogmi², che sarebbero una condizione per far funzionare bene un¹organizzazione:

- All¹interno di un¹organizzazione uno svolge un compito con obiettivi definiti secondo la sua indole, la sua capacità e la sua istruzione in reciproco accordo con l¹istanza superiore e con il consenso dei diretti coinvolti.

- Può disporre autonomamente di mezzi e strumenti necessari per svolgere questo compito e raggiungere lo scopo.

- Ha la responsabilità con sanzioni definite per l¹impiego razionale di mezzi e strumenti e per lo svolgimento definito dei compiti.

- Esistono delle istanze indipendenti per il controllo di esito e obiettivi.

Questi dogmi hanno i loro limiti in quanto l¹istanza ³creativa² e ³controllore² di obiettivi e compiti rimane oscura. Ma almeno tentano di delimitare il dispotismo quotidiano all¹interno di grandi organizzazioni anonime.

In psicoterapia incontriamo spesso qui tutti i quadri, dai più bassi ai manageriali, che:

- da una parte soffrono di organizzazioni dispotiche,

- e dall¹altra di accuse da parte dei ³fondamentalisti² di ogni tipo ideologico, con ottime intenzioni e scarsi compiti, competenze e responsabilità concrete.

Per noi terapisti, che siamo di solito dei piccoli imprenditori, la questione della responsabilità e delle relative ³sanzioni² è forse la più cruciale e secondo me non è formulabile in modo generalizzato. In modo pragmatico per ogni singolo cliente devo:

- Porre un obiettivo terapeutico (in funzione a una valutazione razionale del disturbo).

- Chiedermi di quali mezzi e strumenti dispongo per poter svolgere questo compito e cosa devo delegare a terapisti/ medici più adatti di me.

- Chiarire dove sono i dubbi, incertezze, carenze, possibilità di valutazione errata mia ed eventuali loro conseguenze, se sbaglio indicazione o tralascio consigli per analisi/ cure.

- Continuamente controllare l¹effetto curativo delle misure proposte e paragonarlo cogli obiettivi fissati; correggere il tiro, o proporre altre misure.

- Mai caricare questi miei problemi sul povero cliente il quale dovrebbe invece poter scaricare di un po' dei suoi problemi su di me.

 

1.6 Comportamenti, sanzioni e gratificazioni

Comportamenti e atteggiamenti del singolo in un determinato contesto sociale sono scontati se rientrano in certe convenzioni; sanzionati se deviano in modo rilevante dai valori sociali e gratificati (p.es. in forma di reputazione) se adempiono più del dovuto a questi valori.

Il sistema di sanzioni è parecchio elaborato e differenziato, come dimostra il seguente grafico, mentre le gratificazioni e motivazioni sembrano meno evolute.

 

 

 

2.0 Il giuramento di Ippocrate

Ippocrate, medico greco sull¹isola di Kos, ca. 460Š370 a.C., fondatore della medicina ³scientifica², fortemente influenzato della medicina ayurvedica. Testo in italiano della Biblioteca Cantonale, Lugano.

 

IL GIURAMENTO

"Giuro su Apollo medico e su Asclepio e su Igea e su Panacea e sugli dèi tutti e le dee, chiamandoli a testimoni, di tener fede secondo le mie forze e il mio giudizio a questo giuramento e a questo patto scritto. Riterrò chi mi ha insegnato quest¹arte pari ai miei stessi genitori, e metterò i miei beni in comune con lui, e quando ne abbia bisogno lo ripagherò del mio debito e i suoi discendenti considererò alla stregua di miei fratelli, e insegnerò loro quest¹arte, se desiderano apprenderla, senza compensi né impegni scritti; trasmetterò gli insegnamenti scritti o verbali e ogni altra parte del sapere ai miei figli così come ai figli del mio maestro e agli allievi che hanno sottoscritto il patto e giurato secondo l¹uso medicale, ma a nessun altro.

Mi varrò del regime per aiutare i malati secondo le miei forze e il mio giudizio, ma mi asterrò dal recar danno e ingiustizia.

Non darò a nessuno alcun farmaco mortale neppure se richiestone, né mai proporrò un tale consiglio: ugualmente non darò alle donne pessari per provocare l¹aborto. Preserverò pura e santa la mia vita e la mia arte. Non opererò neppure chi soffre di mal della pietra, ma lascerò il posto ad uomini esperti di questa pratica.

In quante case entrerò, andrò per aiutare i malati, astenendomi dal recar volontariamente ingiustizia e danno, e specialmente da ogni atto di libidine sui corpi di donne e uomini, liberi o schiavi. E quanto vedrò e udirò esercitando la mia professione, e anche al di fuori di essa nei miei rapporti con gli uomini, se mai non debba essere divulgato attorno, lo tacerò ritenendolo alla stregua di un sacro segreto.

Se dunque terrò fede a questo giuramento e non vi verrò meno, mi sia dato godere il meglio della vita e dell¹arte, tenuto da tutti e per sempre in onore. Se invece sarò trasgressore e spergiuro, mi incolga il contrario di ciò. ³

 

 

2.1 Formula d¹invocazione

2.2 Gratitudine e obblighi verso l¹insegnante

2.3 Tramandamento e obblighi d¹istruzione

2.4 Obblighi verso gli ammalati

2.5 Rispetto della vita umana

2.6 Conduzione  di vita e professione

2.7 Rispetto verso le altre professioni sanitarie

2.8 Comportamento verso gli ammalati

2.9 Confidenzialità

2.10  Formula di chiusura

 

2.1 Formula d¹invocazione

- Giura chiamando:

- Apollo: 1)

- Asclepio: 2)

- Hygieia: 3)

- Panacaia: 4)

- Tutti gli altri dei e dee come testimoni.

- Secondo migliore capacità e giudizio.

- Di rispettare il giuramento e i relativi obblighi.

Commento:

- Apollo: Figlio di Zeus e Leto. Gemello di artemide. Padre di Asclepio. Signore della manzia e delle arti. Può lanciare col suo arco d¹argento disgrazia, malattia e sofferenza, ma anche guarirli. Più tardi anche padrone di poesia, armonia e ordine.

- Asclepio: Figlio di Apollo e Coronis. Padre di Hygieia. Signore dell¹arte guaritrice (scettro di Asclepio).

- Hygieia: figlia di Asclepio. Signora della salute.

- Panacaia: Signora della fertilità universale.

Cita i Signori e le Signore dell¹arte come testimoni, stabilendo così un programma medico simboleggiato con le figure mitiche dell¹epoca.

 

2.2 Gratitudine e obblighi verso l¹insegnante

- Di rispettare l¹insegnante dell¹arte come i genitori.

- Di dividere con lui i viveri.

- Se si trova in miseria, di approvvigionarlo.

- Di trattare i suoi discendenti come fratelli e se lo desiderano.

- Insegnare loro l¹arte senza contratto e compenso.

Commento: rispetto verso l¹insegnante dell¹arte, riconosciuto come istanza di giudizio e potere decisivo; partecipazione e solidarietà economica e fratellanza con i discendenti del maestro.

Rispecchia nel contesto delle condizioni sociali di allora la forte prevalenza del principio di ³sovranità domestica². Nella nostra cultura la ³sovranità domestica² si è trasformata in ³sovranità di istituzioni politiche e sociali² e la fratellanza è stata sostituita dalle assicurazioni sociali.

 

 

2.3 Tramandamento e obblighi d¹istruzione

Consiglio, relazione e istruzione:

- Ai miei figli e ai figli del mio insegnante senza compenso.

- Ai discepoli legati per contratto e giuramento secondo l¹usanza medica.

- A nessun¹altro.

Commento: rispecchia l¹organizzazione professionale medica dell¹epoca ³ereditaria e corporativa² (come quasi tutte le professioni) con forti obblighi e responsabilità a quei tempi reciproci tra maestro e discepolo. Nella nostra cultura del sistema corporativo è rimasta solo la parte pressoché monopolizzata di licenze e prezzi.

 

2.4 Obblighi verso gli ammalati

Indicazioni per gli ammalati:

- per il profitto e il benessere;

- secondo le mie migliori capacità e il mio giudizio;

- proteggerli dai danni

- e dalle ingiustizie.

Commento: strana e rara massima nell¹antichità: era quella di agire nell¹interesse del più debole, di proteggerlo e di astenersi di sfruttare il proprio potere. Atteggiamento che era un ideale esclusivo del capo della stirpe verso i suoi familiari.

 

2.5 Rispetto della vita umana

- Non dare a nessuno un veleno letale.

- Anche se me lo chiede.

- Nemmeno consigliarlo.

- Non consegnare a nessuna donna un abortivo.

Commento: forse serviva per mantenere alta la reputazione dei medici contro la diffidenza sociale verso chi disponeva di strumenti letali ³ermetici².

 

2.6 Conduzione di vita e professione

Mantenere sacra e pulita la propria vita e la professione.

Commento: evidentemente serviva per mantenere una buona reputazione dei medici e forse era espressione di una profonda religiosità e di gratitudine verso gli dei che permettevano di curare.

 

2.7 Rispetto verso le altre professioni sanitarie

Non operare i calcoli della vescica urinaria, ma lasciarlo a chi è artigiano del mestiere.

Commento: rispetto verso ³il chirurgo² come professionista con propria corporazione e obbligo di non invadere il suo campo.

 

2.8 Comportamento verso gli ammalati

Entrerò nelle case:

- per il profitto e benestare degli ammalati;

- astenendomi da ingiustizia, vendetta e altri danni

- e dalle opere voluttuose sui corpi di donne e uomini, liberi e schiavi.

Commento: rispetto per il ³regno domestico² con il capo della stirpe come unico sovrano.

 

2.9 Confidenzialità

- Ciò che vedo e sento durante il trattamento e anche all¹infuori nella vita delle persone, non deve essere oggetto di pettegolezzo.

- Sono silenzioso

- e rispetto il segreto.

Commento: pare che anche nell¹antichità si spettegolava volentieri e si riteneva questo comportamento un danno per l¹arte.

 

 

2.10    Formula di chiusura

Se compio questo giuramento e non lo tradisco mi sarà concesso:

- successo nella vita e nella professione;

- ottima reputazione dalle persone in eterno.

Se lo rompo e non lo rispetto otterrò il contrario.

Commento: pio desiderio (non solo) antico che i padroni dell¹arte gratificavano e punivano secondo il merito.

 

3.0 Relazione terapeutica

Il metodo terapeutico come tale fornisce pochi elementi per valutare se è appropriato. È più importante la capacità del terapista. Con il buon senso si riflette meglio ³per eliminazione² che ³positivamente². Un terapista è un bravo artigiano se:

- sa usare bene i suoi strumenti;

- se ne intende dei servizi che offre;

- se riesce a reggere una relazione terapeutica con il suo cliente.

Tutti i terapisti (e forse tutti gli operatori sanitari) sono confrontati con i seguenti temi relazionali.

Io valuto un operatore sanitario, fra l¹altro, anche in base alla sua posizione riguardante le sue relazioni terapeutiche.

 

Sono trattati i seguenti temi:

3.1 Il morale del cliente

3.2 Sintomi psichici del cliente

3.3 Idee del cliente

3.4 Comportamento del cliente

3.5 Credibilità del cliente

3.6 L¹altruismo del terapista

3.7 Le indicazioni del terapista

3.8 La disponibilità del terapista

3.9  Autonomia di cliente e terapista

 

3.1 Il morale del cliente

Il cliente (o: soggetto, paziente, utente) è normalmente una persona in stato di ansia, paura, incertezza, preoccupazione, emozionalitàŠ per la sua malattia, il suo disagio o il suo difetto: ambienti, comportamenti o discorsi del terapista che accentuano questi stati d¹animo non solo sono non professionali, ma anche antiterapeutici. Come disse mia nonna: il cliente deve uscire un po¹ più eretto, lo sguardo un po¹ più chiaro e un po¹ più sorridente di quando è entrato.

 

3.2 Sintomi psichici del cliente

Il cliente reagisce spesso ai suoi stati d¹animo manifestando sintomi (più o meno acuti) narcisisti, schizoidi, maniaci, depressivi, fobici, istericiŠ: questi sintomi possono dare indicazioni sul modo in cui il cliente affronta delle difficoltà. È tuttavia poco rispettoso giudicare il cliente secondo tali criteri ed è antiterapeutico interferire con essi, in quanto scompaiono da soli una volta superata la difficoltà e nel frattempo servono da difesa (anche se scomoda).

 

3.3 Idee del cliente

Il cliente ha delle ³idee strane²: il che vuol dire che sono diverse dalle mie. Se voglio interferire in questo campo non devo fare il terapista, ma l¹insegnante o il missionario. Citerò in proposito una massima di mia nonna zingara: ³Mai rispondere alle domande non poste, ma sempre a quelle poste².

 

3.4 Comportamento del cliente

Il cliente ha dei comportamenti ³non idonei²: per correggerli dovrei fare il poliziotto.

 

3.5 Credibilità del cliente

Il cliente è bugiardo: quando io mi comporto da giudice.

 

3.6  L¹altruismo del terapista

Il cliente non vuol farsi aiutare: con giusta ragione. Perché non sono il suo angelo custode (anche se talvolta mi piacerebbe assumere quel ruolo arrogante) ma rendo modestamente un servizio, come un cameriere, e il cliente, direttamente o indirettamente, mi paga.

 

3.7 Le indicazioni del terapista

Il cliente non segue i miei consigli/indicazioni: se non sono riuscito a trovare quei consigli/indicazioni che il cliente possa applicare, devo dichiarare fallito il mio tentativo e consigliare un terapista più idoneo.

 

3.8 La disponibilità del terapista

Il cliente mi disturba per qualsiasi sciocchezza: sto diventando il suo guru. Sono però terapista. L¹obiettivo è che il più presto possibile il cliente non abbia più bisogno di me, o perché è guarito o perché gli ho mostrato come arrangiarsi da solo.

 

3.9 Autonomia di cliente e terapista

Il cliente dipende da me, quindi deve attenersi alle mie regole: non è da gentiluomo approfittare della miseria del prossimo.

 


Programma

Corso MmP

Seminari

Conferenze

 

Lucidi

Dispense

Strumenti

Novità

 

Forum

 

Studio

Vari

Webmaster

HOME

Scopo

Struttura

 

Collaboratori

Colleghi

Impressum

Amministrazione, Recapiti

 

© 2005 P. Forster & B. Buser

via Tesserete, CH-6953 Lugaggia, Switzerland

Everyone is permitted to copy and distribute verbatim copies of this license document, but changing it is not allowed.

GFDL Gnu Free Documentation License

 

Il materiale contenuto in questo sito può essere usato secondo le leggi Statunitensi sul

  Fair Use

(non per scopi di lucro; citazione della fonte).