Terapia dal greco θεραπεία (therapeía): cura, guarigione. Essa si occupa del trattamento di malattie e ferite, dei metodi usati per la loro guarigione e per alienarne i sintomi. Le terapie sono misure aventi lo scopo di:
riportare uno stato patologico a uno stato sano
rendere sopportabile la manifestazione di sintomi disagevoli.
Concretamente, il significato di terapia, dipende quindi dalle definizioni di salute, patologia e dagli strumenti diagnostici a disposizione per distinguerle tra di loro. Queste definizioni non sono per niente chiare.
Ippocrate citava come strumenti terapeutici del medico: il tocco - il rimedio - la parola.
Nella medicina moderna dei Stati industrializzati le funzioni mediche sono molto diversificate e specializzate:
Tocco: è affidato alle discipline chirurgiche e in modo marginale a professioni paramediche come al fisioterapista
Rimedio: (farmaco, medicamento) è affidato allo sviluppo e la produzione industriale, prescritto dai medici e venduto dai farmacisti
Parola: è affidato al psichiatra, al psicologo e al psicoterapista paramedico e in minore misure al discorso medico
Le terapie posturali manuali hanno come scopo delle modifiche strutturali e funzionali dei tessuti del cliente senza la sua partecipazione cosciente. Per questo motivo l'approccio del terapista è verso il tessuto del cliente con i suoi meccanismi innati e "istintivi" e meno verso il cliente come personalità. Questo richiede delle procedure diverse di "massaggi", anche se conviene una formazione preliminare in queste tecniche che insegnano l'abitudine di toccare.
dieci comandamenti di terapia manuale posturale
Sollevare il tessuto dall'osso, mai premere o spingere ma prendere nelle mani il tessuto. Usare l'avambraccio per seguire gli allineamenti a vite.
contro le forze della gravità, esempio: le gambe via dal bacino, le braccia contro le spalle
nel ritmo del respiro o in un altro ritmo o multiplo di ritmo prevedibile dal corpo
Almeno una giuntura tra le due mani, anche un muscolo va almeno sopra una giuntura
seguendo l'avvitamento del tessuto; non ci sono delle linee dritte sul corpo
con le pieghe mai contro di loro il corpo esegue un autoregolazione contro le forze esterne
Lentissimo, fermo per almeno tre respiri tra uno spostamento di una mano di pochi millimetri alla volta
con minima forza, ripartire la forza su superfici o lineamenti (non punti). Esercitare forza sui tendini tramite tocco perpendicolare
dando spazio in ispirazione, già che osa prenderselo
sostenendo in espirazione già che osa di lasciarsi andare
Praticando delle terapie manuali conviene di avere delle conoscenze anatomiche e fisiologiche in genere e delle conoscenze approfondite sull'anatomia, la fisiologia e la patologia dell'apparato locomotore e dei meccanismi nervosi coscienti e inconsci (cervelletto, neurovegetativo) che lo controllano.
Il tessuto organico umano nel suo insieme ha delle proprietà "reattive" diverse dagli altri materiali (come metallo, legno, vetro, gomma, stoffa, pietra, piante):
reagisce attivamente ai miei stimoli: per raggiungere un determinato obiettivo terapeutico, devo scegliere lo stimolo prevedendo che la reazione vada in direzione dell'obiettivo
reagisce in modo differenziato a diversi stimoli:
si arrende all'affaticamento,
sfugge al dolore,
gradisce freschezza in parti scottanti e calore in parti fredde,
si impanica nella costrizione,
si difende contro l'invasione,
risponde con originalità a delle proposte giocose ...
Gran parte degli stimoli sono percepiti dall'organismo a livello inconscio: usandoli maggiormente riesco ad attivare prevalentemente meccanismi fisiologici (riflessi, vegetativi, propriocettivi...) disinserendo in parte portamenti "culturali" che causano spesso contrasti e disturbi a quelli fisiologici.
Reazioni fisiologiche ad uno stimolo provocano emozioni e viceversa.
Devo percepire, osservare e usare queste condizioni (variabili in topografia, tempo e individuo) per il lavoro.
Meccanismi fisiologici
Espirando, la muscolatura perde di tono: dal momento che osa lasciarsi andare, devo sostenerla.
Inspirando, la muscolatura guadagna di tono e si espande; devo lasciarla spazio.
Lavorando contro le solite forze della gravità posso dare al cervello un senso di leggerezza.
Usando dei riflessi innati del corpo, faccio lavorare l'organismo del cliente e meno me stesso.
Tenendo una giuntura che è tesa, dopo un pò di tempo la muscolatura si rilassa e toglie pressione dalla giuntura. (Moshe Feldenkrais)
Lavorando con le due mani a distanza di almeno "una giuntura" si riorienta la giuntura stessa (Ida Rolf)
Lavorando in zone di epimisio superficiale riesco:
ad azionare tessuti profondi
a liberare tratti vascolari e nervosi (Elisabeth Dicke)
Ogni tocco stimola dei ricettori di tatto, pressione e stiramento (dolore, temperatura, prurito, solletico, pressione, vibrazione, tensione, lunghezza...) che posso usare per provocare reazioni del corpo.
1.4 Relazione terapeutica
La relazione terapeutica tra cliente e terapista è fondamentale per l'esito del lavoro. Ci sono anzitutto le regole deontologiche (comportammentali) verbali, ma forse di più gran importanza il comportamento non verbale, visto che il lavoro si svolge in gran parte su livelli non accessibili alla coscienza.
Chiarire la relazione terapeutica ripartito in affari miei, affari tuoi e affari nostri.
Non rispondere a delle domande non poste.
Mai giudicare secondo concetti di giusto o sbagliato, a richiesta al massimo secondo concetti di utile o futile, dilettevole o frustrante.
A richiesta c'è da spiegare tutto che è scientificamente noto e da dichiarare la propria ignoranza dove non si sa.
La diagnosi è mia ! comunico a richiesta quanto è terapeuticamente utile.
Massime per il mio lavoro
Qualsiasi tecnica o metodo io decida di usare, rispetto le seguenti massime:
anche se del cliente talvolta ho poca stima, mi approccio al suo organismo con il massimo rispetto: ciascuna delle sue miliardi di cellule è più intelligente di me
l'organismo non sa cosa è "giusto" (criterio morale) o "utile" (criterio cognitivo) ma solo cosa è dilettevole, comodo, piacevole ...
Il tessuto in un determinato posto ha un buon motivo di essere com'è. Per dargli un motivo di cambiare struttura o atteggiamento posso:-'
sedurlo (il tssuto non il cliente) se non riesco: convincerlo
se non riesco ancora: ingannarlo, stancarlo, obbligarlo con la forza e con il dolore. Sono modi di barbari e dispettosi.
Nel contesto dell'organismo complessivo, è il corpo del cliente a decidere quale altra struttura o atteggiamento vuol prendere. Io sono troppo ignorante per poter proporre una "soluzione più comoda".
l'organismo del cliente reagisce al mio tocco: devo sentire come e adattare il tocco alla reazione
anche il mio organismo reagisce: non devo confondere i due
Il tocco è pelle mia su pelle sua; i due organismi si comportano come due animali che giocano o litigano.
tocca me giocare la sua partita e recitare meglio la mia parte
il suo organismo gradisce un ritmo "prevedibile" perché rassicurante
se il suo tessuto si arrabbia, si annoia o si stanca, non collabora più ed è meglio terminare la partita.
Procedure terapeutiche
ci sono metodi generalizzati, pressoché "ritualizzati" che, indipendentemente della "patologia" e dalla "costituzione" del cliente, applicano una determinata sequenza di trattamenti con determinate manipolazioni generalizzate, basandosi sulla convinzione che equilibrando complessivamente tutto l'organismo "si mette a posto" automaticamente anche la parte che ha problemi.
altri metodi si basano su criteri costituzionali / posturali caratteristici del cliente e tentano di "correggere" le "debolezze" di quest'ultimi, al fine di far sparire così anche le disfunzioni e di conseguenza i sintomi.
altri metodi sono strettamente orientati sulla disfunzione con esatte indicazioni sintomatiche e si basano su procedure manipolative in funzione di una determinata patologia (p.e. "punti riflessiologici in caso di periartrite omeroscapolare" ...). Partono dall'idea che "risolvendo" la disfunzione cruciale si metterà a posto anche la postura e la costituzione
ci sono anche metodi che danno indicazioni sia generalizzate, sia costituzionali sia sintomatiche con regole di applicazione per tutte e tre.
La procedura terapeutica varia tantissimo secondo il metodo usato dal terapista
Personalmente faccio capo a:
una fase preliminare, nella quale tento di conoscere la situazione attuale, di equilibrare e mettere a proprio agio il corpo del cliente e di stabilire un rapporto con il suo organismo all'infuori della sua responsabilità.
una fase specifica dove mi rivolgo al massimo disagio attuale o proseguo il lavoro precedente.
una fase integrativa dove tento di coinvolgere la fase specifica nel contesto dell'organismo completo.
una fase conclusiva che serve a restituire al cliente la responsabilità operativa del suo corpo.
Durante le singole fasi tento di lavorare in completa dipendenza dalle azioni e reazioni dell'organismo del cliente applicando i miei strumenti operativi in base alle problematiche del momento.
C'è una dinamica ricchissima tra il tocco del terapista, la reazione del tessuto toccato e la percezione della reazione da parte del terapista. Il mio personale lavoro corporeo si basa maggiormente su questa dinamica.
Reazione del cliente al tocco
Ho dei clienti che sono estremamente sensibili al tocco con reazioni tessutali locali. Ad alcuni anche senza il tocco, la sola vicinanza di una persona "estranea" fa scattare dei meccanismi che possono manifestarsi come espressioni emotive, come nei casi di sintomi neurovegetativi immediati o ritardati.
In altri clienti devo ricorrere a tutti gli strumenti dell'arte per provocare anche minime reazioni tessutali.
Già questi esempi dimostrano due compiti del terapista:
come e cosa percepisce della reazione tessutale (locale) e dell'organismo (in toto) del cliente e
come adatta il suo tocco alla reazione.
Guardando il cliente si nota che lavorando in maniera sufficientemente delicata:
i sistemi di autoregolazione neurovegetativi e riflessivi percepiscono evidentemente il tocco in modo molto differenziato (perché rispondono) mentre
alla parte cosciente, gestionale, cognitiva del cliente non arriva niente di questi impulsi riflessivi; al massimo un paio di sensazioni come caldo, fresco, pesante, leggero, scarica, carica, tensione, distensione, liberazione, oppressione, irrequietezza, calma, dolore, benessere, sonnolenza, ecc.
1.5 Terapista
Il terapista:
sente stati, movimenti e cambiamenti locali di temperatura, consistenza, tono, umidità, struttura dermica, ...
e ha impressioni di reazioni locali del tessuto come se fosse spaventato, terrorizzato, fiducioso, impaurito, generoso, ripulsivo, scioccato, incavolato, renitente, conciliante, voluttuoso, aggressivo, regressivo, tremolante, vivace, mortificato ...
Ne risulta che il tocco (e la relativa reazione) viene percepito diversamente da chi tocca e da chi è toccato:
chi tocca percepisce cambiamenti riconoscibili al tatto e impressioni di modi reattivi che appartengono al suo repertorio di esperienza, invece
chi è toccato non percepisce la reazione neurovegetativa e dei propriocettori, ma in compenso una "somma di sensazioni" elaborata in funzione alle sue "esperienze di tessuto locale".
La reazione al tocco è complessa, reale e unica. È percepibile sia dal terapista che dal cliente solo in modo frammentario e diverso l'uno dall'altro. Viene interpretata e usata dai due secondo criteri ben diversi. La dinamica del lavoro corporeo si evolve in questo contrasto dove la reazione reale è perno e nesso tra terapista e organismo del cliente.
2. Lavoro posturale
Il seguente capitolo descrive degli aspetti pratici del lavoro corporeo posturale. Non mi servo di una particolare tecnica (Osteopatia, Feldenkrais, Rolfing, Mézières, CranioSacrale, ...) ma come nella mia prassi personale uso elementi di tutte queste tecniche e mi sono dato da fare di annotare dei principi comuni.
La diagnostica per le terapie manuali si basa prevalentemente sull'ispezione e la palpazione di strutture e sui movimenti dell'apparato locomotore.
Questo spazia da valutazioni generali (di tutto l'organismo) al funzionamento di singole articolazioni e muscoli. E' evidente che questo richiede una notevole capacità di "leggere il corpo", che si acquista più con il lavoro pratico che con lo studio teorico. A seguire, un "assaggio" di quello che un terapista deve avere per diagnosticare in modo corretto.
Per osservare e valutare allineamenti e simmetrie corporee è importante conoscere il proprio occhio dominante in modo che questo sia centrato sull'asse di simmetria.
Per sapere qual è il proprio occhio dominante si esegue un semplice esercizio:
formando con le mani un piccolo cerchio come illustrato accanto, si fissa un oggetto lontano
si chiude l'occhio sinistro
se si vede ancora l'oggetto, è dominante l'occhio destro
si ripete la procedura chiudendo l'occhio destro e ci si rende conto della differenza!
Il seguente capitolo descrive degli esercizi pratici per imparare a toccare coscientemente. Si fanno in due persone. Proviene da: Greenman, Philip E.:Lehrbuch der Osteopathischen Medizin, HAUG: "Palpazione di strati tessutali"
Inizialmente bisogna imparare a palpare, non prevalentemente per scopi diagnostici ma per individuare le parti tessutali da lavorare.
La "diagnosi palpativa" non è un'operazione separata dal lavoro, ma ogni tocco comincia "palpando" e si nota tante caratteristiche: umidità, temperatura, tono, reattività, ... . In base a queste caratteristiche si orienta il lavoro da fare.
Il seguente esercizio è utile per imparare come si palpano i diversi strati dei tessuti del sistema sceletro-muscolare . Serve inoltre a formare la sensibilità tattile degli operatori sui diversi tipi di "lavoro sul corpo".
Per scopi "scolastici" è fatto in maniera che due persone contemporaneamente si esercitano a vicenda: si siedono una di fronte all'altra, con gli avanbracci apoggiati e il palmo della mano sul tavolo.
Palpazione della pelle
figg. 2.2 & 2.3
mano destra (palmo e dita) sull'avambraccio dorsale distale del collega; contatto leggero senza movimento
si sente la pelle: spessore, temperatura, ruvidità, umidità, ?
supinazione del braccio sin.; mano sull'avambraccio volare distale; contatto leggero senza movimento
si sente la differenza di spessore, temperatura, ruvidità, umidità, ?
E' di fondamentale importanza imparare a notare le differenti caratteristiche esclusivamente concentrandosi
Palpazione della fascia sottocutanea
la mano destra appoggia bene sulla pelle e induce un leggero movimento longitudinale e trasversale
si valuta la fascia sottocutanea: spessore, consistenza longitudinale e trasversale (diversa)
si notano variazioni del tessuto che possono essere connesse a disfunzioni
Palpazione di vasi nella fascia sottocutanea
si trovano nella fascia sottocutanea arterie e vene; palpandole, si tenta di identificarle e di descriverle
Fasce profonde, muscolo, tendine, ligamento
Identificazione di fasce profonde
si aumenta di poco la forza di palpazione per sentire le fasce che avvolgono le strutture più profonde, lisce, continue, consistenti
cautamente, spostando la mano orizzontalmente, si percepiscono dei compartimenti muscolari simili a "lame" più consistenti e spessi che dividono i muscoli
il palpare dei compartimenti intermuscolari permette non solo di differenziare i muscoli trattati ma anche di avere un? impressione sulle strutture intermuscolari più profonde
Palpazione del muscolo tramite la fascia profonda
Ci si concentra sul muscolo sottostante la fascia profonda per identificare le fibre muscolari e il loro percorso
muovendo la mano orizzontalmente e longitudinalmente si nota la differenza tra ruvidità e consistenza (più ruvidità e durezza perpendicolarmente alla fibra muscolare)
chiudendo lentamente la mano sinistra a pugno si sente l'attività muscolare nonché l'aumento di tono (contrazione)
aprendo il pugno si sente il muscolo che si rilassa
chiudendo di nuovo il pugno (abbastanza forte) si sente il muscolo ipertonico, diagnosi frequente in tessuti ipertesi nei dintorni di disfunzioni somatiche.
Palpazione del nesso muscolo tendinoso
figg. 2.4 / 2.5 / 2.6
palpando il muscolo ci si muove lentamente in direzione distale fino a che si sente una variazione del tessuto e non si sentono più le fibre muscolari
si è trovato il nesso muscolo tendinoso, regione altamente sensibile a lesioni e relativi dolori
Palpazione del tendine
si va avanti finché si sente una struttura liscia, rotonda e soda: il tendine; ci si concentra sui nessi muscolo/tendine
Palpazione del ligamento
(fig. 2.5)
si segue il tendine in direzione distale fino alla zona che lega il tendine alla giuntura (ligamentum carpi transversum)
si tenta di identificare e descriverne struttura, consistenza e spessore (i ligamenti sono simili in tutto il corpo)
Osso, intercapedine giuntura
Palpazione dell'osso
(fig. 2.6)
con la mano si va verso il gomito: il medio dorsale sulla conca del gomito, il pollice opposto sulla parte ventrale
così si riesce a palpare il caput radii: si rimane sull'osso; ci si concentra sulla sua consistenza e vitalità
Palpazione dell'intercapedine della giuntura
ci si dirige con pollice e indice finchè si sente l'intercapedine giunturale tra radio e omero
sotto le dita si trova una struttura che in condizioni "normali" non è palpabile: la membrana sinoviale
la membrana sinoviale è palpabile solo in caso di degenerazione (per molti colleghi una controindicazione per un trattamento ad eccezione del ginocchio)
Prendendo come modello l?avambraccio si sono così palpati cute, fascia sottocutanea, vasi, fascia profonda con compartimenti muscolari, muscolo, nesso muscolotendineo, tendine, ligamento, osso e intercapedine giunturale.. Le stesse strutture si potrebbero (e si dovrebbero) palpare su tutto il corpo per migliorare le capacità di palpazione, tatto e diagnostica strutturale.
Riassunto
Per sviluppare queste doti è richiesto molto esercizio, pazienza e concentrazione. Tre sono gli sbagli più frequenti che si devono assolutamente evitare:
mancanza di concentrazione
troppa pressione
troppo movimento
Gli sbagli più gravi sono la mancanza di concentrazione e la fretta: è tipico di un principiante voler avere tutto (troppa informazione) subito (in troppo poco tempo) il che impedisce di dedicarsi pazientemente a risolvere un problema alla volta.
Il principiante preme troppo nell?illusione di raccogliere così più informazioni. L'effetto è la sovrastimolazione dei meccanoricettori e la trasmissione di troppi impulsi sensoriali non più elaborabili in modo differenziato. In più: i strati muscolari periferici si contraggono e fanno irragiungibili i strati ?posturali? profondi.
Il principiante nel suo tentativo di orientamento anatomico e di identificazione di strati di tessuto muove troppo le mani: "sindrome delle mani inquiete". Più si muove la mano più è stimolato il sistema nervoso afferente il che aumenta le esigenze di trasmissione e interpretazione neurale.
Pro memoria:
assoluta concentrazione: i discorsi interni ed esterni aspettano
non premere: il tessuto non è pasta ma un ?materiale autoregolativo? che cerca ?sollevamento?
meno movimento possibile e lento: non si tratta di una gara
Lettura del corpo
La lettura del corpo si impara man mano osservando bene delle persone come stanno in piedi e come si muovono. Inizialmente è meglio non farlo estensivamente su clienti ma di esercitarsi su colleghi, in strada, al caffè.
All'inizio si vede poco o niente. Poi osservando meglio si notano delle deviazioni notevoli rispetto alla situazione ideale. Da queste osservazioni basilari si arriva ad analizzare i dettagli. Il professionista ha poi a disposizione dozzine di posizioni libere e impostate per approfondire la sua diagnosi.
Visto di fianco si nota:
una netta pendenza in avanti (linea orecchio - spalla - anca - malleolo).
osservando la distanza orizzontale anca - polso si nota che i flessori delle braccia sono corti (gli estensori sono lunghi)
Visto frontalmente e posteriormente si nota:
torsione del cingolo scapolare verso destra, pendente all?indietro (sinistra alzata in avanti) con i relativi movimenti brachiali
cingolo pubico contorto dalla parte opposta
gambe iperestese e a forma di X
baricentro spostato a destra con sovracarico di anca, ginocchio, caviglia , sulla parte anteriore del piede destro e sul tallone del piede sinistro.
E' evidente che la torsione tra cingoli scapolari e pubici si trova rispecchiata nella spina dorsale come le relative pieghe laterali.
Inoltre si nota una leggera iperlordosi lombare e cervicale seguita da ipercifosi toracale.
Lettura di movimenti
Per la diagnostica del movimento bisogna anzitutto tener presente le conoscenze sulla funzione del camminare e dei relativi esercizi. Solo così si riesce a valutare la sincronizzazione funzionante o impedita delle diverse membra . In base a queste osservazioni, il professionista dispone di dozzine di altri test per approffondire il problema.
L'accento del passo sulla destra o sulla sinistra
la simmetria o meno del movimento delle spalle
Il contromovimento o meno di cingolo scapolare e pubico
Il penzolamento libero o meno delle braccia
la posizione eccessivamente prona o supina delle mani
L'alzare accentuato o scarso delle gambe
se le ginocchia, osservate anteriormente, si muovono lungo una retta o se fanno "cerchi"
l'appoggio del piede su tallone - mignolo - alluce o meno
lo scatto del piede su tallone - alluce
il liberare la gamba quando é alzata
la leggera rotazione delle gamba durante un periodo di movimento e tante altre
Da tutto questo si riesce a decifrare in buona parte quali sono le "catene muscolari" impedite.
Lascio spesso la libertà al cliente di mettersi nella posizione per lui più comoda, perché sono dell'avviso che l'arte del terapista è quella di adattarsi alle possibilità del cliente e che il lavoro rende quando il cliente si trova a suo agio. Non è molto scolastico adattare il lavoro alla posizione preferita del cliente, ma il lavoro con clienti fortemente lesi, impediti o andicappati lo insegna.
La maggioranza dei clienti si mette inizialmente "supina" con le gambe allungate o piegate. Molto raramente il cliente si pone "prona" o sul fianco (solo quelli che assumono queste posizioni anche per dormire).
Dico al cliente che non deve stare fermo ma che può muoversi quando ne sente l'impulso. Questo è evidente: se tramite il lavoro cambiano i toni muscolari viene automatico di spostare leggermente la posizione delle giunture coinvolte.
Dico anche che può cambiare posizione non appena l'attuale posizione diventa scomoda. Se lui non lo fa spontaneamente gli chiedo io di cambiare posizione dopo mezz'ora o un'ora, secondo il mio parere.
Qualunque sia la posizione del cliente, è indispensabile esaminare dove sostenerlo o farlo appoggiare su cuscini per allentare tensioni provenienti dalla posizione stessa o per facilitare il lavoro (senza disturbare la comodità del cliente).
Pro memoria:
Non sono mai presente mentre il cliente si veste o si sveste
Il cliente è sempre coperto e il fondo è riscaldato
Mi lavo le mani prima e dopo il trattamento di un cliente
diversi piccoli e sottili cuscini morbidi per l'appoggio di parti dolenti
diversi piccoli e sottili cuscini di crusca (leggeri, mezzo morbidi) che si adattano ma fissano la forma, sostenendola e fissando le posizioni
due piccoli e due medi cuscini di crusca "doppio conici" come sostegno delle caviglie in posizione laterale, semilaterale e "prona"
cuscini di miglio (pesanti, duri) per fissare delle posizioni: due piccolissimi per i polsi, due medi per diversi adattamenti, uno grande come appoggio della gamba in posizione laterale e come appoggio dei piedi in posizione "supina" a gambe piegate"
due rotoli lunghi in gomma schiuma semidura di diverso diametro per sostenere le ginocchia in posizione "supina"
un cuscino speciale "sagomato a forma di C" in gomma schiuma semiduro che permette di lavorare bene le cervicali e la base del cranio in posizione "supina
un orsetto di peluche grande o un cuscino morbido da sostenere il braccio in posizione laterale.
Osservando i principi cui sopra, sono deducibili diverse regole operative che sono la mia guida personale:
Riguardante il respiro:
tengo (rassicurato) il tessuto in fase di rilascio del muscolo (normalmente espirazione)
lascio libero il tessuto quando richiede spazio (normalmente microcontrazione inspiratoria) e mi sposto in questa fase
tento di non sforzare o regolare la respirazione del cliente, ma respiro possibilmente al suo ritmo (anche se è molto variato o irregolare)
al massimo gli chiedo di tener aperta la bocca, di non trattenere il fiato e di lasciar respirare il corpo
Riguardante il ritmo:
normalmente questo determina il "tempo" (larghetto, andante, allegro) del lavoro
il ritmo del tocco (a seconda del tempo largo, adagio, moderato o presto) può essere un multiplo o uguale a una frazione del tempo
comprende tutte le variazioni ritmiche, agogiche, accentuali e di pause immaginabili
nonché "gli accordi" del tocco ma si orienta sempre sulla "linea melodica" e sulla "guida ritmica" del cliente
spesso mi sento proprio come accompagnatore a prima vista di basso continuo di un solista
Forza e tono muscolare
Riguardante forza e direzione del tocco:
spostando la mano, la stacco spesso dal corpo per dare il senso di liberazione al tessuto (tengo raramente per più di tre cicli respiratori)
scivolo raramente sulla pelle, ma dò al tocco una leggera direzione traslatoria definita (normalmente opposta alla forza reattiva generata dalla gravità)
piuttosto che premerlo, sollevo il tessuto dall'osso
piuttosto che comprimerle, apro le giunture (salvo braccia e mani dove le forze gravitazionali lo fanno già di natura)
piuttosto che correggerla, accentuo l'esagerazione di una posizione giunturale (per provocare una regolazione reattiva posturale neurologica in senso opposto)
Riguardante temperatura e tono tessutale:
seguo il tessuto freddo per scaldarlo
adatto la forza del tocco contrariamente al tono muscolare (più il muscolo è teso, minore è la forza)
Riguardante l'ampiezza del tocco:
tocco con le punta delle dita o delle linee lungo il tessuto "fibroso" (massaggio del connettivale)
ma copro il più regolarmente possibile con tutta la mano il tessuto amorfo
uso polpacci, dita, palmo o dorso della mano, polso, avambraccio e braccio il più possibile adattandomi alla geometria locale del corpo del cliente e con un massimo di mobilità delle membra del mio corpo.
Ci sono numerosi meccanismi neurofisiologici "superiori" ai semplici riflessi (spesso coordinati dal cervelletto o anche da funzioni cerebrali più alte) che permettono al terapista di agganciarsi a degli automatismi "inconsci", di riattivarli o ripristinarli. Nell'ambito di una seduta lavorativa, dopo aver riequilibrato il sistema neurovegetativo e aver trattato come descritto prima "una parte critica", questa "terza fase" serve a reintegrare l'organismo in toto.
Per esempio, uso molto spesso un "programma cerebrale" che pare aumentare e abbassare leggermente il tono di molti muscoli sincronizzati con il respiro (si abbassa espirando, aumenta inspirando). In regioni traumatizzate, questo meccanismo manca spesso o è addirittura invertito. Tecnicamente non è molto difficile ripristinare questo meccanismo, con una semplice variazione del tocco nel ritmo del respiro.
Per simili motivi lavoro spesso in modo asimmetrico: diagonale, a chiocciola, vite e specialmente in una fase successiva lungo delle "catene muscolari" o su interi sistemi muscolari, con le due mani parecchio distanti una dall'altra, sfruttando così funzioni cerebrali di coordinazione automatica (prevalentemente inconsci, involontari)
coordinazioni spontanee tra agonisti e antagonisti anche eterolaterali (p.e. Mm. quadriceps sin. e M. triceps femoris dx.)
coordinazioni di "equilibrio" di massa, tensione, posizione, gravità, apoggio (p.e. in posizione laterale dx.: coscia dx. in direzione caudale e braccio sin. in direzione craniale)
coordinazioni tra destra e sinistra con le relative divergenze di motorica fine (dx.) e di isometria (sin.) (p.e. spalla sin. e spina iliaca dx.)
coordinazioni eterolaterali funzionali (p.e. gomito dx. e ginocchio sin.)
catene strutturali muscolari (inserzioni e origini di muscoli diversi in zone vicine, p.e. coracoidale dx. e cresta iliaca dx.)
catene funzionali di movimenti frequenti (p.e. "catena del passo": Mm. Psoas, Quadrizeps, flessori della gamba, flessori del piede ...) su relative zone d'inserzione e di origine)