Artigianato del tatto

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Categoria: Postura, Lavoro corporeo, Dispense
Autore: Peter

titolo .pdf Correlati: Terapie locomotorie, Terapie manuali, Metodi di medicina manuale,
Tecniche di medicina manuale
Bruno Varini: Il Tatto

Il testo si riferisce alla medicina manuale strutturale, che tenta di incentivare l'organismo a cambiare la propria geometria. Fanno parte certi rami dell'Osteopatia, della Biomeccanica, del Rolfing, dell'Integrazione Posturale e delle tecniche Craniosacrali. Approfondimenti vedi nei testi "Correlati".


Il seguente capitolo illustra il parere personale di chi pratica da tanto tempo "terapie manuali" ed è quindi molto discutibile e incompleto. L'ho scritto a scopo "illustrativo didattico".

  • Tatto, parole e rimedio erano gli strumenti dei medici antichi
  • nell'artigianato c'è un 10% di ispirazione e un 90% di "transpirazione"
  • la "transpirazione" consiste per la maggior parte nell'esercizio pratico e per il resto nell' osservazione / riflessione / sperimentazione,e un po' di studio
  • in quanto al tatto fidatevi delle vostre mani e del vostro buon senso più che di tecniche, di amministratori ed epigoni di "celebri" artigiani del tatto
  • praticando ca. 3000 ore di lavoro corporeo all'anno, mi sono permesso di stilare il seguente testo (soggettivo) su come vedo io questo mio mestiere
  • personalmente uso diverse "tecniche" che adotto a dipendenza di ciò che incontro strada facendo e tenendo conto:
    • del comportamento del "materiale" tessuto umano
    • degli obiettivi che mi pongo per la seduta
    • delle mie capacità e delle mie mancanze.

1.  Settori di clientela

Il terapista applica la sua arte in modo individuale, adattandola alla sua clientela e agli obiettivi "terapeutici" posti dagli strumenti operativi di cui dispone. Egli può fare:

L'elenco mostra la diversità di obiettivi, approcci, esigenze e desideri possibili da cui si può dedurre l'improbabilità che un terapista abbia una clientela che comprenda tutta la gamma. È anche ragionevole pensare che non esista un metodo (strumento) unico per soddisfare tutte queste esigenze.

I primi tre settori elencati, secondo i miei criteri, non sono "terapie". Sono socialmente rilevanti nella nostra cultura, rappresentano un grande mercato e un ricco e importante campo d'impiego per chi vuol praticare in questo ambito. Ma non si dovrebbe parlare di "terapia" perché non si ha a che fare con "ammalati" anche se spesso nei soggetti trattati si riscontrano sintomi sociali, psichici e anche somatici.

I due settori successivi si rivolgono prevalentemente a una clientela con disturbi che Freud ha descritto in modo geniale nel suo saggio "Il disagio nella cultura". Mostrano spesso dei sintomi neurovegetativi, ma secondo i miei criteri comprendono soggetti più adatti a socio- e psicoterapie piuttosto che a naturopatia e terapie corporee.

Naturopatia e terapie corporee (o manuali) sono rivolte prevalentemente a clienti degli ultimi tre settori. Questo non vuol dire che siano esclusi elementi sociali, relazionali, emotivi; anzi, ma l'esperienza mi insegna che è più frequente la depressione causata da stati ormonali instabili, la disperazione causata da continui dolori reumatici, e gli stati di panico causata da traumi subiti, che viceversa.


2.  Ambiente di lavoro

Ambiente
L'ambiente per il lavoro sul corpo deve essere pacifico, calmo, contemplativo, caldo. Sono da escludere disturbi di ogni tipo per la durata della seduta.
Lettino, pavimento
Si può lavorare sia sul pavimento sia su un lettino. Preferisco il lettino, che è più comodo, specialmente per clienti non molto sportivi e anziani. La tecnica del tocco cambia notevolmente dal lettino al pavimento.
Preferisco un lettino lungo, largo e stabile sul quale il cliente si sente più rassicurato.
Temperatura
Uso quasi sempre una termocoperta per garantire una temperatura gradevole e copro sempre il cliente anche d'estate per evitare raffreddamenti dall'aria e anche inconsci impulsi di pudore. Lavoro sotto la coperta. Sia sul pavimento che sul lettino garantire una posizione comoda e calda per il cliente è un atto di cortesia. Malauguratamente non dispongo di un hammam; sarebbe più facile.
Svestirsi
Lascio al cliente la libertà di decidere fino a che punto vuole svestirsi. Essa dipende dalle sue abitudini culturali e sociali e anche dalla "familiarità" con il terapista. Entro nel locale di lavoro solo dopo che il cliente si è svestito e accomodato sotto la coperta.
Oli di massaggio
Lavoro volentieri con oli vegetali ai quali aggiungo oli eterici. Questo a scopi terapeutici, per adattare la "scivolosità" o semplicemente per il loro profumo gradevole. I manuali di aromaterapia descrivono esaurientemente le loro proprietà

3.  Impostazione del cliente

Lascio spesso la libertà al cliente di mettersi nella posizione per lui più comoda, perché sono dell'avviso che l'arte del terapista è quella di adattarsi alle possibilità del cliente e che il lavoro rende quando il cliente si trova a suo agio. Non è molto scolastico adattare il lavoro alla posizione preferita del cliente, ma il lavoro con clienti fortemente lesi, impediti o andicappati lo insegna.

La maggioranza dei clienti si mette inizialmente "supina" con le gambe allungate o piegate. Molto raramente il cliente si pone "prona" o sul fianco (solo quelli che assumono queste posizioni anche per dormire).

Dico al cliente che non deve stare fermo ma che può muoversi quando ne sente l'impulso. Questo è evidente: se tramite il lavoro cambiano i toni muscolari viene automatico di spostare leggermente la posizione delle giunture coinvolte.

Dico anche che può cambiare posizione non appena l'attuale posizione diventa scomoda. Se lui non lo fa spontaneamente gli chiedo io di cambiare posizione dopo mezz'ora o un'ora, secondo il mio parere.

Qualunque sia la posizione del cliente, è indispensabile esaminare dove sostenerlo o farlo appoggiare su cuscini per allentare tensioni provenienti dalla posizione stessa o per facilitare il lavoro (senza disturbare la comodità del cliente).


3.1  Materiale di appoggio e sostegno

Come sostegni e cuscini uso:

Come dimostra la lista qui sopra, preferisco diversi cuscini piccoli e sottili di diverso materiale per poter adattare consistenza e altezza del sostegno a dimensione, geometria, posizione e altre esigenze del cliente. In tutto uso ca. 20 cuscini, tutti con le loro fodere cambiabili e lavabili ad alta temperatura.


3.2  Posizioni e sostegni tipici

Le posizioni (e i sostegni)elencate di seguito non sono le uniche possibili ma le più frequenti. Per altre posizioni, p.es.star seduti dritti o piegati in avanti, mezzo seduti, embrionali ... non vale la pena di descrivere il materiale di appoggio perché deve comunque essere adattato individualmente al cliente e scelto secondo il buon senso e le conoscenze anatomiche e fisiologiche del terapista. Certe tecniche terapeutiche richiedono posizioni "speciali" di testa, gambe, braccia, torsioni della spina dorsale ecc.

Vengono trattati i seguenti argomenti:


Posizioni "supine"

Sono di primaria importanza le posizioni di testa, braccia e gambe.

Posizione della testa
Clienti con accentuate lordosi delle prime vertebre cervicali chiedono spesso una posizione craniale senza cuscino (posizione di spavento con testa piegata indietro) che corrisponde ad una loro autopercezione e/o un loro ideale di "testa dritta" mentre persone tendenzialmente "gobbe" chiedono un sostegno anche di 20 e più centimetri.
  • Io consiglio di posizionarsi con talloni e spalle verso il muro e testa distesa, di misurare la distanza tra muro e cranio e di aggiungere un centimetro come sostegno ragionevole della testa. In media si tratta della larghezza di una mano senza il pollice.
  • Sostengo possibilmente solo il cranio (senza le spalle) per avere libero accesso a nuca e spalla durante il lavoro.
  • Per lavori sulle prime cervicali e l'occipite in questa posizione uso spesso un cuscino a forma di C.
Posizione delle braccia
Le braccia possono appoggiare sul petto o sul bacino o ai lati del corpo. Appoggiati ai lati sostengo i polsi e le mani con un piccolo cuscino ma pesante e di qualche centimetro di spessore, per togliere la tensione di riflesso alle spalle quando i polsi non sono sostenuti.
Posizione a gambe divaricate
A gambe divaricate metto un rotolo medio duro sotto le ginocchia per togliere la tensione di riflesso della muscolatura lombare quando le ginocchia non sono sostenute. Il diametro del rotolo è di ca. 20 centimetri per persone grandi o con accentuata lordosi lombare o di ca. 10 centimetri per persone piccole o con lieve lordosi lombare.
  • Ogni tanto rialzo le ginocchia anche di più per aumentare l'angolazione dell'anca e sostengo i piedi per diminuire l'angolazione del ginocchio. Il sostegno dei piedi serve parecchio anche in caso di problemi circolatori delle gambe perché alzando le gambe si facilita il riflusso ematico.
  • Dopo aver regolato l'altezza di cosce e gambe, tiro leggermente i talloni tenendoli alzati (a ginocchio ancora appoggiato) e tento di impostare le gambe a una larghezza comoda; normalmente ca. a distanza delle spalle.
  • Non correggo ulteriormente l'allineamento verticale del corpo (testa, spalle, spina, bacino, gambe), ma prendo le loro "pieghe" come informazioni per il lavoro da fare (gruppi di muscoli ipercontratti e iperrilasciati). Lo stesso vale per l'allineamento di cosce, gambe e piedi.
Posizione di gambe appoggiate
A gambe appoggiate sostengo i piedi con un cuscino pesante per:
  • togliere la tensione di riflesso della muscolatura lombare quando il corpo ha l'impressione che il piede potrebbe scivolar via
  • dare alla caviglia un angolazione più distesa, perché senza sostegno si trova in esagerata estensione
  • tento di impostare la distanza tra i piedi e la loro rotazione in modo che le ginocchia, alla stessa distanza, non cadano nè verso l'interno né verso l'esterno. Questo dipende molto dal tono di abduttori/rotatori e adduttori delle gambe e può cambiare notevolmente durante il lavoro. In caso di necessità illustro la situazione al cliente e gli chiedo di collaborare provando di volta in volta la posizione ideale.

4.  Procedure terapeutiche

La procedura terapeutica varia tantissimo secondo il metodo usato dal terapista:

Durante le singole fasi tento di lavorare in completa dipendenza dalle azioni e reazioni dell'organismo del cliente applicando i miei strumenti operativi in base alle problematiche del momento.


5.  Respirazione

Chiedo al cliente, se necessario, di "lasciar respirare" il suo corpo e possibilmente di non interferire se non quando sono io a chiedergli di fare alcune belle inspirazioni e espirazioni a bocca leggermente aperta. Gli spiego che mi aiuta se non trattiene il fiato dopo aver inspirato (tensione muscolare), se espira bene (distensione muscolare) e se fa una pausa dopo l'espirazione (rimane un attimo in distensione). Molti clienti respirano coscientemente per paura di perdere il controllo. Lo accetto tacitamente; spesso questo riflesso si perde nel familiarizzarsi con la terapia. Normalmente lavoro al ritmo respiratorio del cliente, adattando la mia respirazione alle sua. A questo ritmo, sovrappongo ogni tanto altri schemi ritmici sincroni. Come regola "tengo" in espirazione per dare sicurezza alla sua distensione, e "lascio" in inspirazione per dargli lo spazio richiesto.

La differenza di pressione tra tenere e lasciare cambia in continuazione in base a diversi criteri che si esercitano più o meno sistematicamente durante gli anni di apprendistato e che diventano man mano degli automatismi. Il criterio rilevante è la "risposta del tessuto": nel caso ideale aumento l'ampiezza della pressione fino al punto in cui il tessuto perde di tono in espirazione a acquista in inspirazione. In seguito riduco l'ampiezza fino al punto in cui il tessuto segue ancora all'oscillazione. E'sempre sorprendente con quanta poca forza si riesce a mantenere in oscillazione il tessuto, normalmente con forze che sono molto al di sotto della soglia di percezione cosciente del cliente.

Come forse ogni terapista "corporeo", osservo l'impiego della muscolatura respiratoria del cliente, palpando i relativi muscoli raggiungibili. Si nota facilmente se il cliente tende piuttosto a una respirazione addominale, toracica o completa. Starnuti, sbadigli, tosse, sospiri, risate, pianti, singhiozzi e la voce forniscono altri elementi per farsi un concetto della respirazione del cliente, dei relativi movimenti, muscoli e altri tessuti coinvolti.

Se la respirazione è impedita, stimolo spesso la muscolatura addominale e toracica partendo dall'inserzione del diaframma (apertura toracica inferiore) in direzione caudale e la muscolatura intercostale in direzione craniale, il che rallenta e approfondisce spesso l'espirazione. Se il cingolo del bacino è molto teso, uso il movimento respiratorio addominale/lombare per smuoverlo un po'. In seguito tento di smuovere l'apertura toracica superiore stimolando la muscolatura del cingolo scapolare e della nuca/collo, il che rafforza l'inspirazione e si manifesta spesso in sbadigli.
Durante il lavoro, i cambiamenti respiratori (se sono spontanei) sono significativi per i cambiamenti emotivi del cliente e un terapista attento li percepisce quasi meglio del cliente perché sono spesso fuggenti. Sono, insieme alla "risposta tessutale", forse i migliori segnali per il proseguimento del lavoro.


6.  Massime per il mio lavoro

Qualsiasi tecnica o metodo io decida di usare, rispetto le seguenti massime:

Il tessuto in un determinato posto ha un buon motivo di essere com'è. Per dargli un motivo di cambiare struttura o atteggiamento posso:

gli ultimi tre modi sono già invasivi

Nel contesto dell'organismo complessivo, è il corpo del cliente a decidere quale altra struttura o atteggiamento vuol prendere. Io sono troppo ignorante per poter proporre una "soluzione più comoda"

Il tocco è pelle mia su pelle sua; i due organismi si comportano come due animali che giocano o litigano.


7.  Meccanismi fisiologici


8.  Proprietà del "materiale" tessuto umano

Il tessuto organico umano nel suo insieme ha delle proprietà "reattive" diverse dagli altri materiali (come metallo, legno, vetro, gomma, stoffa, pietra, piante):

Devo percepire, osservare e usare queste condizioni (variabili in topografia, tempo e individuo) per il lavoro.

Gran parte degli stimoli sono percepiti dall'organismo a livello inconscio: usandoli maggiormente riesco ad attivare prevalentemente meccanismi fisiologici (riflessi, vegetativi, propriocettivi...) disinserendo in parte portamenti "culturali" che causano spesso contrasti e disturbi a quelli fisiologici.

Reazioni fisiologiche ad uno stimolo provocano emozioni e viceversa.

Esempi

9.  Approccio al cliente

Per l'approccio al cliente, distinguo tra me e me il livello sociale, il livello relazionale e il livello mio personale.


9.1  Approccio sociale

A livello sociale, ci sono grandi differenze di comportamento nei miei confronti da parte dei miei clienti:

  • dalla quasi devozione della persona che mi affibbia il titolo di "dottore" e mi attribuisce un ruolo di mago
  • al tartassamento di persone che ritengono tutto dovuto e mi vogliono o come sacco dei rifiuti o come ultima dimostrazione che nessuno può aiutarli e tutti sono scemi e/o corrotti e egoisti
  • all'esigenza della vittima di essere compatita e di risolvere tutti i suoi problemi senza che lei debba metter mano e che mi chiede di essere il suo salvatore
  • alla persona che si sente colpevole di tutti i danni e malanni di questa madre terra e mi vede come padre confessore, poliziotto e giudice
  • a chi pensa di sbagliare tutto e mi prende come insegnante per poi dimostrarmi che l'altro insegnante proclama un'altra dottrina
  • fino a chi chiede, in una situazione difficile, semplicemente un colpo di mano a un esperto
  • oppure chi porta in servizio la sua "macchina organismo" con la pretesa di riaverla ispezionata, riparata e pulita
  • chi cerca un cicerone che li accompagni lungo una loro strada "evolutiva"
  • o persone che cercano in me quello che li distende, li fa star bene e toglie un po' della loro noia (life stile, wellness, governante).

In contrasto con tutto ciò, socialmente mi considero un professionista artigianale, con una relazione chiara tra cliente e fornitore di prestazioni, rispettando le dovute regole del codice delle obbligazioni e chiari patti (tipo contratto d'appalto con diritti, obblighi e responsabilità ben ripartiti e con nessuna relazione gerarchizzata).

Sto bene attento a non giocare il gioco preferito dal cliente ma di imporre socialmente il mio. Qui insisto se necessario anche a scapito dell'armonia, delle sue aspettative, pretese e cosi via.

Per me questo punto è importante anche perché non voglio lavorare con soldi pubblici o di assicurazioni e quindi percepisco la mia relazione giuridica più sotto gli aspetti di codice delle obbligazioni che non di "legge sanitaria". Per questo aspetto cambia poco e niente tra cliente e cliente. Anzi pretendo di trattare a questo livello tutti loro.


9.2  Approccio relazionale

A livello relazionale la storia cambia parecchio:

Si tratta di trovare un denominatore comune della nostra relazione,
che rispetti i limiti vicendevoli e stabilisca i temi da trattare in comune, scelti con criteri strettamente terapeutici (per non ledere il rapporto sociale cliente/fornitore). Poco importa quali siano in dettaglio: l'importante è che vengano stabiliti (espliciti o impliciti), rispettati e ogni tanto rivisti e forse adattati.
In pratica significa
differenziare e chiarire affari miei, affari tuoi e affari nostri e di trattare esclusivamente affari nostri.
Questa parte è molto individuale, varia da cliente a cliente, non solo secondo la patologia da trattare, ma anche secondo il rispetto e la simpatia reciproca. E su questo livello tentiamo di giocare la stessa partita che non è né sua né mia, ma nostra, definita assieme.

9.3  Approccio personale

A livello personale invece devo giocare la partita del suo organismo (non di "lui" né del suo "vaticano"*, visto che il mio artigianato si rivolge fortunatamente solo al suo "Battista")*. E questo lo devo giocare bene, con il massimo rispetto, per quanto mi possa anche sembrare strano.

Mi tocca accompagnare fedelmente e virtuosamente la sua melodia e il suo ritmo, sostenendo il suo timbro, volume, tempo e caratteristica con tutte le bizzarrie, rotture, ripetizioni e noie che possono contenere.

Ogni tanto sarò comunque appagato da una battuta geniale e non devo perderla: una specie di basso continuo improvvisato su un motivo e tempo sconosciuti. Evidentemente ciò richiede altrettanta abilità tecnica, esperienza e concentrazione. Ed è per me di un fascino che non stanca mai.

"Battista"
riguarda il comportamento della persona a livello puramente istintivo, provocato da circuiti neurovegetativi, ormonali e da neurotrsmettitori.
"Vaticano"
riguarda il comportamento della persona dettato da regole sociali, spesso conflittuali tra di loro e quasi sempre con il "Battista".

10.  Percezione, tocco, reazione

C'è una dinamica ricchissima tra il tocco del terapista, la reazione del tessuto toccato e la percezione della reazione da parte del terapista. Il mio personale lavoro corporeo si basa maggiormente su questa dinamica.


10.1  Reazione del cliente al tocco

Ho dei clienti che sono estremamente sensibili al tocco con reazioni tessutali locali. Ad alcuni anche senza il tocco, la sola vicinanza di una persona "estranea" fa scattare dei meccanismi che possono manifestarsi come espressioni emotive, come nei casi di sintomi neurovegetativi immediati o ritardati. In altri clienti devo ricorrere a tutti gli strumenti dell'arte per provocare anche minime reazioni tessutali.

Già questi esempi dimostrano due compiti del terapista:

Guardando il cliente
si nota che lavorando in maniera sufficientemente delicata:
Mentre il terapista

Ne risulta che il tocco (e la relativa reazione) viene percepito diversamente da chi tocca e da chi è toccato:

La reazione al tocco è complessa, reale e unica. È percepibile sia dal terapista che dal cliente solo in modo frammentario e diverso l'uno dall'altro. Viene interpretata e usata dai due secondo criteri ben diversi. La dinamica del lavoro corporeo si evolve in questo contrasto dove la reazione reale è perno e nesso tra terapista e organismo del cliente.


10.2  Percezioni del terapista

La percezione del terapista (come ogni percezione) è un insieme complesso di sensazioni tattili, olfattive, uditive e visive paragonabili a un "suono orchestrale".

L'attenzione (o la coscienza) viene deviata dalla percezione, riflettendo, pensando, valutando, rispondendo o perdendosi in reminiscenze, sentimentalismi o rancori.

Così come ascoltando un concerto l'attenzione può essere focalizzata sulla voce di un singolo strumento, sulla melodia dominante, sull'evoluzione ritmica, sul tessuto armonico, sui movimenti del direttore, le stecche dei poveri musicisti, il vestito della vicina o l'etichetta al collo della camicia che gratta. Si può anche percepire semplicemente l'insieme musicale con i timbri dell'orchestra. E chi è un buon ascoltatore varia continuamente la sua percezione musicale senza lasciarsi deviare da idee, valutazioni, direttori e etichette.

Così il terapista è percettivo; la sua "orchestra" è il cliente, il suo "udito" sono i ricettori tattili, e in misura minore i ricettori olfattivi, uditivi e visivi. A differenza dell'ascoltatore nel concerto, è un povero musicista che deve contemporaneamente suonare a "prima vista" il basso continuo di un brano sconosciuto proposto dal suo cliente.


Percezione tattile

Nel lavoro corporeo la fonte percettiva prevalente è costituita dai sensori tattili. Consiglio a chi lavora in questo campo di studiare attentamente i relativi capitoli del "Thibodeau" per farsi un'idea chiara del ricco arsenale sensoriale tattile del quale l'inventore ci ha dotati:

Ma queste sono solo le percezioni locali di una piccola area dermica che tocca il cliente. Secondo la ripartizione dei diversi sensori sotto la pelle, la sensibilità varia a dipendenza del luogo di contatto: p.es. riguardo la temperatura il dorso della mano è più sensibile del palmo e così via.

Un'altra percezione tattile importante è quella di forma, distanza, "direzione tessutale" che si percepisce toccando attentamente.E questo presumibilmente grazie ai sensori di autopercezione e stiramento dei nostri muscoli durante il lavoro.

Un buon esercizio per i principianti è quello di esercitarsi "alla cieca" tentando di riconoscere oggetti solo tramite il tatto e sempre attraverso il tatto cercare di percepire la forma di statue fino nei minimi dettagli.
In diagnostica si riesce facilmente a palpare differenze tra destra e sinistra, in modo più esatto rispetto alla diagnosi visiva.
Per il principiante è inizialmente difficile lasciar perdere le sue immagini visive e concentrarsi su quelle tattili. Quasi tutti tentano di farsi "un'immagine", che per loro vuol dire un'impressione ottica, dimenticandosi che indipendentemente da questo, il cervello riesce a farsi un ritratto tattile plastico di dimensione, struttura, consistenza, umidità, temperatura e comportamento molto diverso da quello visivo. Il tirocinio del massaggiatore consiste fra l'altro proprio nel compito di completare i suoi concetti visivi dell'organismo con concetti tattili.

Uno dei problemi di questo compito è di carattere linguistico: manca una terminologia tattile specifica. Ma comunque si può far capo a denominazioni tipo:

È evidente che questi tentativi descrittivi corrispondono a un retroscena strutturale / anatomico e funzionale / fisiologico. Con il tempo e la crescente esperienza si riesce ogni tanto a decifrare e interpretare anche verbalmente stati e mutamenti tessutali. Pare che ci siano anche ricordi e memoria tattile diretta (come visiva, olfattiva, uditiva, gustativa) al di là della verbalizazione che permette al terapista di scoprire mutamenti tessutali anche dopo lungo tempo.

Ed è pure evidente che la capacità di percezione e differenziazione tattile, come la susseguente reazione operativa, non si sviluppano "riflettendo", ma agendo con concentrazione e attenzione.


10.3  Tocco del terapista

C'è un universo di tocchi, strisci, movimenti che un terapista può applicare trattando il suo cliente. Certe "scuole, metodi, tecniche" propongono regole "assolute", regole "relative" e regole sintomatiche. Le seguenti sono una piccola scelta illustrativa:

Sono trattati i seguenti argomenti:


Criteri delle diverse "scuole"

Le diverse scuole, nell' esigenza di fornire indicazioni didattiche generalizzate, applicano spesso dei criteri assoluti e relativi.

Tecniche di medicina manuale
Tecniche di medicina manuale

Quasi tutte hanno una loro ragione d'essere in una determinata situazione, ma pochissime (o nessuna) di queste scuole "assolute" è generalizzabile e fra le "relative" non ne basta un'unica (riducente), ma per svolgere un lavoro a regola d'arte bisogna far capo a un insieme dei loro criteri. Certamente esistono innumerevoli approcci utilizzabili e nessuno "migliore", come nessuno degli utilizzabili è "semplice" o riducente.

Il guaio è che a furia di semplificare il complesso, si perde la differenziazione e, spinta dall'ignoranza e dalla necessità di giustificarsi, la semplificazione diventa un dogma riducente che fa sì evolvere la credenza del terapista, ma non certo la sua arte e la salute del cliente.

Bisogna stare molto attenti con i criteri "assoluti" o prediletti, spesso non espressi esplicitamente, perché in certe situazioni o combinazioni possono danneggiare seriamente, e quando ci si rende conto è oramai tardi.Consiglio: chiedersi (o chiedere all'insegnante) le controindicazioni e gli effetti collaterali.


Andrew Taylor Still
Osteopatia
Andrew Taylor Still
William Sutherland
Cranio Sacral
William Sutherland
John Upledger
Cranio Sacral
John Upledger
Ida Rolf
Rolfing
Ida Rolf
Moshe Feldenkrais
Feldenkrais
Moshe Feldenkrais
Jack Painter
Postural Integration
Jack Painter

Criteri "assoluti" o "prediletti" possono essere indicazioni che riguardano:

Le regole "relative" o "dipendenti" sono più raffinate perchè richiedono almeno un criterio di differenziazione che impedisce un lavoro puramente meccanico. Qui il rischio sta piuttosto nel "riducente": basandosi su una o poche di queste regole e a furia di osservare un unico criterio di valutazione ne sfuggono altre forse più importanti.

Consiglio: chiedersi (o chiedere all'insegnante) la gerarchia e la sequenza dei criteri che corrispondono alle regole "relative" o "dipendenti":


Principi del lavoro personale

Le mie personali massime di lavoro non le ritengo generalmente applicabili; dipendono troppo della mia istruzione individuale, esperienza e disposizione. Se tento di spiegarle non è per motivi esibizionistici, ma perché desidero concretizzare un modo di lavoro personale atto a fornire strumenti di riflessione e decisione a chi cerca di "definire il proprio lavoro".

Personalmente lavoro:


Regole operative personali

Osservando questi principi sono deducibili diverse regole operative che sono la mia guida personale:

Riguardante il respiro:

Riguardante il ritmo:

Riguardante forza e direzione del tocco:

Riguardante temperatura e tono tessutale:

Riguardante l'ampiezza del tocco:


11.  Meccanismi neurofisiologici

Distinguo, in questo contesto, meccanismi neurofisiologici "basilari" e "coordinati". Come "basilari" intendo meccanismi di riflessi muscolari e neurovegetativi e relative trasmissioni connettivali. Come "coordinati" intendo reazioni più complesse ed elaborate del tipo meccanismi complessi, automatismi innati e acquisiti.


11.1  Meccanismi basilari

Sfrutto meccanismi neurofisiologici (periferici e vegetativi), riflessi di diverso tipo, di trasmissione e reazione connettivale:

Fase preparativa:

Fase operativa:

Impiego di tecniche specifiche:

Approccio al dolore:


11.2  Meccanismi coordinati

Ci sono numerosi meccanismi neurofisiologici "superiori" ai semplici riflessi (spesso coordinati dal cervelletto o anche da funzioni cerebrali più alte) che permettono al terapista di agganciarsi a degli automatismi "inconsci", di riattivarli o ripristinarli. Nell'ambito di una seduta lavorativa, dopo aver riequilibrato il sistema neurovegetativo e aver trattato come descritto prima "una parte critica", questa "terza fase" serve a reintegrare l'organismo in toto.

Per esempio, uso molto spesso un "programma cerebrale" che pare aumentare e abbassare leggermente il tono di molti muscoli sincronizzati con il respiro (si abbassa espirando, aumenta inspirando). In regioni traumatizzate, questo meccanismo manca spesso o è addirittura invertito. Tecnicamente non è molto difficile ripristinare questo meccanismo, con una semplice variazione del tocco nel ritmo del respiro.

Per simili motivi lavoro spesso in modo asimmetrico, diagonale, a chiocciola, e specialmente in una fase successiva lungo delle "catene muscolari" o su interi sistemi muscolari, con le due mani parecchio distanti una dall'altra, sfruttando così funzioni cerebrali di coordinazione automatica (prevalentemente inconsci, involontari):

Molti di questi tocchi corrispondono a osservazioni di Ida Rolf, Moshe Feldenkrais, Jack Painter (e altri praticanti di lavoro corporeo strutturale), che insegnavano fra l'altro a lavorare "a distanza di una e più giunture" e di tenere d'occhio le reazioni di sistemi funzionali muscolari come i:

  • respiratori (sistema di 28 muscoli direttamente coinvolti)
  • espressivi (spec. muscolatura mimica e linguistica)
  • impressivi (spec. muscolatura dell' occhio e dell'orecchio)
  • digestivi (spec. di masticazione, deglutazione, movimenti peristaltici, escrezione, defecazione).

Per concludere un lavoro si usa spesso un determinato tocco, p.es. si tocca prominens e giuntura sacro - coccigeale o semplicemente la conca tra sopraciglia e naso per poi ritrovare il cliente dopo avergli lasciato qualche minuto di riposo.

Benedetta Ceresa, Mario Santoro, Daniela Rüegg curavunt
16 ott 2006


12.  Aggiunte


12.1  Fonti


12.2  Commenti

alla pagina: Patologia del dolore

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daniela 22 October 2006, 14:35

Nel capitolo "Approccio personale" parli di "Vaticano" e "Battista"; a mio parere ci andrebbe una spiegazione riguardo il significato di questi due termini.

Peter Forster?22 October 2006, 16:39

Hai perfettamente ragione. Andrebbe ca. così: "Come "Battista" intendo le istanze "vegetative" che funzionano all'infuori della volontà. corrisponde ca. al concetto dell' "Es" di Groddeck / Freud. Oggi si direbbe, che si tratta di circuiti regolativi neurovegetativi, ormonali e di neurotrasmettitori.
Come "Vaticano" invece intendo le istanze formate durante la nostra "socializzazione", che al solito sono contrastanti. Nel concetto di Freud corrisponde ca. al "Sovra-Ego" (Ueber-Ich).

Me lo potresti esprimere in un Italiano civilizzato? Ti sarei molto grata.
8=)__

Peter Forster?23 October 2006, 19:41

Ottimo, Daniela. Grazie per avermi messo a posto il 9.3 . 8=)__

daniela22 June 2007, 13:36

Ho riveduto definitivamente tutto il capitolo. Molto esaustivo e molto interessante!

Peter22 June 2007, 20:55

Mille grazie, cara Daniela, nei prossimi giorni lo sistemo sul sito. Abbraccio. Peter

MARIO NURCHIS26 August 2007, 22:15

manca foto al punto 8 del testo saluti m.n.

Grazie Mario, messo a posto. 8>)_Peter August 26, 2007, at 11:00 PM

MARIO NURCHIS05 September 2007, 14:25

Per fare dei richiami a questi interessanti testi non si potrebbero usare parole piu' consone?

mario nurchis29 September 2007, 01:03

Ci ripetiamo: per richiamare questi testi, non sarebbe meglio avere il buon senso di scrivere nome e cognome? Perché chi lo fà si nasconde?

mario nurchis29 September 2007, 01:13

Vedi la nostra osservazione precedente. E' questione di correttezza e onestà.

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