Infiammazioni
Appunti: anatomia e fisiologia per terapisti complementari
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Autrice: Bianca Buser Relatori, Dispense: Dott.essa C. Gutti e Dr. A Bernasconi Categoria: CSA, Patologia
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Patologia: Patologia: Patologia generale: Mutazioni cellulari, Infiammazioni, Neoplasmi; Patologia speciale: Cardiovascolare, Respiratorio, Infezioni, Digerente, Urinario, Ormonale, Metabolico, Muscoloscheletrico, Nervoso, Dermatico

Patologia
CSA

Introduzione
Stimoli di varia natura possono provocare nei tessuti connettivi vascolarizzati una complessa reazione (immunitaria), l'infiammazione, caratterizzata da una particolare reazione dei vasi sanguigni.

Poichè l'infiammazine è spesso una reazione esternamente evidente, essa ha una storia ricca e antica, intimamente legata alla storia delle ferite, delle guerre e delle infezioni.
Già Cornelio Celso, uno scrittore romano (non medico) del primo secolo a.C., poté descriverne i
Segni clinici:

  • Calore (calor)
  • Rossore (rubor)
  • Gonfiore (tumor)
  • Dolore (dolor)
  • Un quinto segno fu aggiunto più tardi da Virchow (1821-1902) ed è la
    perdita di funzione.

L'infiammazione è legata al processo di riparazione e serve a distruggere o confinare l'agente lesivo, produrre una guarigione e sostituire il tessuto danneggiato.

Si distinguono due tipi di infiammazione:

  • Acuta:
    di breve durata, è caratterizzata dalla comparsa di un essudato composto da liquidi, proteine plasmatiche (edema) e dalla migrazione dei leucociti (soprattutto neutrofili).
  • Cronica:
    di lunga durata, è caratterizzata dalla presenza di linfociti/macrofagi, da proliferazione di vasi sanguigni, da fibrosi e necrosi tessutale.

1.  Infiammazione acuta

Si tratta di una risposta immediata, aspecifica e precoce allo stimo lesivo. Come avviene:
nella figura (4.2. pag. 36 del libro di riferimento) vediamo in modo semplificato la formazione di un essudato infiammatorio acuto.

Esempio: Reazione infiammatoria
a lesione cutanea (infettiva)

Descrizione

  • Alterazione del calibro vascolare
    • I piccoli vasi adiacenti all'area del danno tissutale dapprima divengono dilatati, con un aumento del flusso sanguigno. Poi il flusso che li percorre rallenta.
  • Riduzione del flusso
    • Le cellule endoteliali si rigonfiano e si rettraggono parzialmene, così da non poter più costituire un rivestimento interno completamente intatto.
    • I vasi divengono permeabili, permettendo il passaggio di acqua e sali, e di alcune proteine di basso peso molecolare dal plasma all'area danneggiata (essudazione). Una delle principali proteine che possono uscire è la sottile molecola solubile del fibrinogeno. La perdita di proteine plasmatiche comporta:
      • diminuzione della pressione osmotica nei vasi
      • aumento della pressione osmotica nei liquidi interstitziali
      • Tutto ciò concorre alla formazione di EDEMA.

Esempio: Reazione infiammatoria allergica
  • Stasi e addensamento di GR ?
    • All'instaurarsi della stasi i polimorfi neutrofili circolanti si avvicinano (marginazione) e aderiscono (adesione) alle cellule endoteliali rigonfiate, e poi migrano attivamente attraverso la membrana basale dei vasi (migrazione), passando nell'area del danno tissutale mediante un richiamo chemiotattico.
    • Più tardi, piccole quantità di moniciti del sangue (macrofagi) migrano in modo simile; lo stesso fanno i linfociti.
    • Si noti come nella zona lesa la morte del tessuto porta alla liberazione di sostanze (mediatori chimici) che agiscono sui vasi vicini.

L'essudato infiammatorio acuto è costituito da:

  • Fluido contenente sali ed elevate concentrazioni di proteine, che includono le immunoglobuline.
  • Fibrina, una proteina insolubile filamentosa di alto peso molecolare.
  • Molti polimorfi neutrofili, provenienti dalla popolazikolne delle cellulle bianche del sangue.
  • Pochi macrofagi, cellule fagocitarie derivanti dai monicito del sangue.



1.1  I mediatori chimici


Mediatori infiammatori (istamina)

producono istamina; seretonina; neuropeptidi; sistema di coagulazine; fosfolipidi di membrana: ecc. (vedi tabella: fattori coinvolti nella permeabilità vasale dell'infiammazione acuta).

  • Vasodilatazione persistente e perdita del flusso assiale.
  • Rigonfiamento e separazione delle cellule endoteliali.
  • Aumento della permeabilità , con essudazione di acqua, sali minerali e piccole proteine, incluso il figrogeno.
  • Il fibrogeno è convertito in fibrina.
  • Adesiosne all'endotelio dei neutrofili (emarginazione), che si muovono attraverso le pareti vasali nel tessuto danneggiato (emigrazione).

1.2  Il fluido


Essudazione

Il fluido nell'essudato non è statico, ma circola costantemente dai vasi locali nello spazio extracellulare del tessuto danneggiato per essere poi riassorbito dai vasi linfatici. E' logico pensare che la presenza di fluido possa diluire o tamponare qualunque tossina prodotta localmente nell'area del danno tissutale.
Il glucosio e l'ossigeno possono diffondere nell'area dell'infiammazione per sostenere i macrofagi.
Il fluido consente anche la diffusione di mediatori del processo infiammatorio, e in particolare di precursori derivati dal plasma.
Se esiste già immunità contro un microorganismo invasore, le immunoglobuline dell'essudato favoriscono la fatocitosi dei neutrofili (vedi più avanti).

1.3  La fibrina


Fibrina

La fibrina è una lung proteina filamentosa, formata dalla pomerizzazione di numerose molecole di fibrinogene, la proteina plasmatica più piccola e solubile che ne è il precursore. Il fibrinogeno esce dai vasi insieme al fluido e ai sali, polimerizzando in filamenti insolubili di fibrina, non appena fuoriuscito, per attivazione della cascata coagulativa (aiuta la coagulazione).
(E' stato ipotizzato che la rete di filamenti di fibrina possa prevenire le migrazioni di microorgarganismi e produrre un supporto che potrebbe facilitare la migrazione dei neutrofili e dei macrofagi nell'area danneggiata).
Tuttavia non c'é alcuna prova reale che queste siano le funzioni.

1.4  I neutrofili

(pag. 37-41 vedi libro di riferimento)


Fisiologia neutrofilo

I neutrofili sono le cellule più importanti per la mediazione degli effetti dell'infiammazione acuta.
Se il danno al tessuto é lieve, un adeguato apporto di neutrofili può essere assicurato dalla quantità di cellule normalmente circolante nel sangue.
Se il danno è esteso, vengono liberate dal midollo scorte di neutrofili, tra cui alcune forme immature, per aumentare il numero complessivo dei neutrofili nel sangue.
(N.B.: Per mantenere il rifornimento di neutrofili, fattori di crescita provenienti dal processo infiammatorio stimolano la divisione di precursori mieloidi del midollo osseo (iperplasia??), aumentando così il numero dei neutrofili impegnati nello sviluppo e nella differenziazione).

1.5  Essudato


Pus

Alcune osservazioni sull'essudato infiammatorio acuto:
L'essudato infiammatorio acuto ha una composizione varia. In effetti i componenti dell'infiammazione acuta possono variare nelle proporzioni in funzione del luogo e della causa della risposta infiammatoria.

PUS
quando i neutrofili dominano la composizuione e matriale è fluidificato a formare pus, l'essudato è definito purulento.
ESSUDATO FIBROSO
se la fibrina è abbondante, come spesso accade nelle sierose (superficie del pericardio, del polme e, del peritoneo) l'essudato è detto fibroso.
ESSUDATO SIEROSO
quando il fluido è la componente più importante dell'essudato, si parla di essudato sieroso.

2.  Esiti della risposta infiammatoria acuta

(pag. 46 del libro di riferimento)!!

In condizioni favorevoli la reazione infiammatoria acuta è una risposta adeguata all'evento lesivo e può preparare il terreno al processo di guarigione.
L'esito di una risposta infiammatoria acuta può essere diverso:

  1. Restituzione o risoluzione (ripristino normale della funzione, senza cicatrice)
  2. Formazione di un ascesso
  3. Riparazione fibrosa (= cicatrice)
  4. La cronicizzazione o infiammazione cronica

2.1  Risoluzione

Cioè la rimozione dell'essudato infiammatorio seguita dalla sua sostituzione con cellule rigenerate del tipo originale (restituzione). (cfr. guarigione per prima intenzione che però avviene raramente).
Avviene quando il danno all'architettura cellulare è stato minimo e le cellule possono ricrescere, infatti anche se ci può essere un'intensa distruzione di cellule, se il danno ai tessuti di sostegno è minimo, l'essudato infiammatorio può essere rimosso dell'area infiammata combinando una fluidificazione da parte dei neutrofili (con riassorbimento del fluido nei vasi linfatici) e fagocitosi dei detriti da parte dei macrofagi.
Le cellule danneggiate rigenerano e la funzione precedente viene ripristinata.
Sfortunatamente questo processo di risoluzione avviene raraamente.
Ad esempio nelle ferite semplici e non infette, nelle ferite da bisturi, nelle ferite in cui i margini vengono riavvicinati perfettamente e rapidamente, ecc. Nella maggior parte dei casi il tessuto di sostegno è danneggiato, e la guarigione avviene con la formazione di una cicatrice.
N.B.: La rigenerazione non può avvenire nel tessuto cardiaco né nel tessuto nervoso (poichè le cellule non possono moltiplicarsi).


2.2  Formazione di un ascesso


Esempio: Riparazione cutanea

Ascesso acuto

Se l'area del tessuto malato è estesa, e la causa è un batterio piogeno (formatore di pus), si può formare un ascesso acuto.
Un ascesso è una massa di tessuto necrotico, con neutrofili vivi e morti, sospesi in un liquido prodotto dalla degradazione dei tessuti grazie all'azione degli enzimi dei neutrofili.
Nelle prime fasi quando è circondato da essudato infiammatorio acuto è detto ascesso acuto.

Ascesso cronico

Se l'ascesso ingrandisce solo lentamente o non ingrandisce affatto, l'essudato infiammatorio acuto che forma la parete dell'ascesso, è gradualmente rimpiazzato da tessuto cicatriziale.
L'area centrale del tessuto danneggiato non è eradicata, e i detriti centrali contengono ancora batteri vivi, che possono sempre determinare un danno. Si parla allora di ascesso cronico.

2.3  Riparazione fibrosa

Se c'è stato danno considerevole la guarigione porterà alla formazione di una cicatrice e il processo di riparazione avverrà secondo la seguenza seguente:

  • I capillari preesistenti nel tessuto non danneggiato formano nuovi capillari per gemmazione che si dirigono verso l'area danneggiata. I macrofagi fagocitano l'essudato infiammatorio e il tessuto morto.
    Il tessuto di granulazione vascolare, macrofagi e cellule di sostegno sostituiscono l'area di tessuto danneggiata.
  • Avviene una crescita prograssiva di fibroblasti e miofibroblasti, e la perdita di tessuto è riempita da una complessa rete di capillari, con i fibrblasti che proliferano e con alcuni macrofagi.
    Continuando la proliferazione dei fibroblasti e l'intensa sintesi di collagene, molti dei capillari neoformati regrediscono fino a che resta un numero relativamente piccolo di canali vascolari che connettono l'area danneggiata al tessuto normale, provvedendo nutrimento ai fibroblasti.
  • Gli spazi che restano si riempiono prograssivamente di fibroblasti che sintetizzano e secernono collagene (tessuto di granulazione fibroso). I fibroblasti si allineano affinchè possano depositare il collagene secondo direttrici che offrano la massima resistenza alle forze di stimolazione. Spesso si verifica la contrazione dell'area a opera dei miofibroblasti, così l'ampiezza dell'area può ridursi.
  • In seguito alla produzione dei fibroblasti si forma una cicatrice collagene (cfr. guarigione per seconda intezione).

2.4  Cronicizzazione dell'infiammazione

o infiammazione cronica


Infiammazioni croniche

Si tratta di un'infiammazione di lunga durata e si instaura quando lo stimolo lesivo persiste, i processi di necrosi, di formzhaione di tessuto di granulazione e di riparazione continuano ad aver luiogo contemporaneamente. Ad esempio:

  1. Infezioni persistenti (micobatt. tubercolare, treponema pallidum, funghi)
  2. Esposizione prolungata ad agenti esogeni/endogeni
  3. Autoimmunità (artrite reumatoide)

Le caratteristiche principali

dell'infiammazione cronica sono:

  1. Infiltrazione di cellule monocleate (principalmente monciti e macrofagi, linfociti e plasmacellule; granulociti => persistenza dello stimolo lediso)
  2. Distruzione di tessuto
  3. Proliferazione di fibroblasti ed in molti casi di capillari sanguigni; fibrosi (=tentativi di guarigione)
  4. Il macrofago è il principale effettore cellulare dell'infiammazione cronica e ha parecchi ruoli tra cui la capacità di:
    - fagocitosi
    - secrezione di mediatori dell'infiammazione acuta
    - secrezone di fattori di crescita utili alla riparazione.

Nella figura allegata illustriamo l'ulcera peptica come esempio di infiammazione cronica (rivedremo in dettaglio gli aspetti patologici nel capitolo appropriato).


3.  Esempi clinici

Alcuni esempi clinici illustrano l'importanza di questo tipo di patalogia

3.1  L'artrite reumatoide

(pag. 524-25 del libro di riferimento)


Artrite reumatoide

Si tratta di una malattia infiammatoria sistemica (=generalizzata) autoimmune generalizzata che colpisce particolarmente le articolazioni e provoca artrite.

Clinica

Sebbene possano essere interessati la cute, i muscoli volontari, le ossa, gli occhi, il cuore, i polmoni e altri organi, la caratteristica principale è la artrite deformante progressiva.

La malattia interessa principalmente le articolazioni periferiche sinoviali in maniera simmetrica. Ad esempio le dita e il polso, ma può anche colpire il ginocchio e articolazioni più prossimali. Le donne sono colpite 2-3 volte più spessop degli uomini. L'età di insorgenza è di solito tra i 35-45 anni. Le articolazioni colpite divengono rosse e calde, dolenti; spesso la cute sovrastante è arrossata.


Artrite reumatoide: Radiografia

A differenza delle altre artriti autoimmuni, essa è cronica e progressiva. Alla fine la malattia provoca deformità articolari (mani con dita deviate verso l'esterno o da "colpo di vento"), con segni secondari (ad esempio atrofia muscolare) dovuti all'immobilità dellarticolazione colpita.

Essa è caratterizzata da un autoanticorpo circolante, il "fattore reumatoide" o FR (artrite sieropositiva), presente in tutti i pazienti con artrite reumatoide classica.
Il FR differenzia questa forma da parecchie altre malattie articolari di natura infiammatoria (artriti sieronegative).

A livello dei tessuti è la sinovia ad essere colpita particolarmente. Si forma una sinovite (infiammazione della sinovia) che da acuta passa rapidamente ad una forma cronica con proliferazione importante della sinovia e dei vasi sanguigni (iperplasia). La sinovia viene sostituita da tessuto infiammatorio riccamente vascolarizzato (il "*Panno").

Il processo infiammatorio si estende alla capsula articolare ed ai legamenti, fino ad erodere cartilagine ed osso sottostante (osteolisi).
Negli stadi tardivi possono formarsi aderenze fibrose o perfino anchilosi ossee.

Possiamo osservare anche i noduli rematoidi (20% dei casi) (cute, valvole cardiache, polmoni, milza, che sono noduli con un focolaio centrale di necrosi e tessuto infiammatorio cronico attorno.


3.2  La gotta


Gotta della mano

La gotta può fare la sua comparsa in ogni individuo che abbia avuto una prolungata iperuricemia (tassso alto di acido urico nel sangue), qualunque sia la causa dell'aumento di acido urico.

Clinica

La malattia è caratterizzata, da attacchi transitori, ma ripetuti di artrite acute, suscitata dal precipitare negli spazi articolari di cristalli di urato.
La gotta appartiene alla famiglia delle "artropatie cristalline", malattie causa da deposizione di cristalli nelle articolazioni, che causano artrite.


Colchicum autumnale
(cholchicina)

La gotta da urato è la più frequente e si manifesta soprattutto nei maschi, e le donne la possono manifestare dopo la menopausa; vi è una familiarità ed è associata con una tendenza all'ipertensione e con la malattia delle arterie coronarie. Il primo attacco può avvenire ad ogni età tra i 20 e i 60 anni, di solito si manifesta con un attacco unico di artrite, spesso a carico dell'alluce, dolorosissima.

Gli attacchi gottosi sono intermittenti e possono essere provocati da eccessi dietetici. Il dolore è lancinante. Il recidivare degli attacchi gottosi alla stessa articolazione alla fine provoca distruzione della cartilagine articolare, ispessimento cronico della sinoviale e un'osteoartrite secondaria: questo quando è indicato con il nome di artrite gottosa cronica. I cristalli possono depositarsi anche nei tessuti molli periarticolari. Le masse depositate nei tessuti molli possono ingrandirsi fino a produrre masse palpabili costituite da materiale bianco gessoso (tofi).

I cristalli possono provocare calcoli renali e depositandosi nel rene provocare una nefrite interstiziale. La precipitazione di urati nei tubuli renali può essere causa di necrosi tubulare acuta a livello e di conseguenza una insufficienza renale nei soggetti leucemici.

Le cause di iperuricemia

(aumento di acido urico nel sangue) possono essere due:


Purine in alimenti
(precursori di acido urico)
  • Iposecrezione di aciduo urico: è osservata nella maggior parte dei pazienti con gotta ed è dovuta a cause ignote
  • Sovrapproduzione di acido urico. Da elevato ricambio cellulare (leucemia, terapia dei tumori). Raramente da difetti ereditari degli enzimi del metabolsimo delle purine.

La diagnosi viene posta dimostrando la presenza di cristalli nel liquido dell'articolazione.

Terapia della gotta

(dopo aver escluso altre cause di gotta come leucemia, malattie renali, ecc):

Fase acuta

Dapprima viene curata la fase acuta con il riposo, analgesici e anti infiammatori, ev. corticosteroidi.

A lungo termine

Il paziene deve essere sorvegliato ed educato; viene introdotta una dieta in cui si aumenta la quantità di liquidi, viene sospeso l'alcool e alcuni alimenti; spesso viene introdotto un medicamento anti-acido-urico.

Prognosi

Senza trattamento l'attacco acuto può durare da alcuni giorni a settimane, mentre con una terapia adeguata i sintomi regrediscono rapidamente. Gli intervalli tra una crisi e l'altra variano da qualche giorno a anni e diventano più frequenti se la malattia progredisce e il trattamento non è adeguato.


3.3  infiammazione cronica granulomatosa

Alcuni agenti inducono una particolare forma di infiammazione cronica, nota come infiammazione granulomatosa.


Patogenesi di granuloma

Essa ha luogo quando la fagocitosi dei neutrofili non riesce a neutralizzare l'agente lesivo causale.
Alcune malattie di tipo granulomatoso sono di grande importanza sociale e sottolineano quindi l'importanza di questo particolare aspetto del processo infiammatorio. Citiamo ad esempio la tubercolosi e la lebbra.

Il Granuloma

I granulomi sono costituiti da piccoli agglomerati (1 - 2 mm) di cellule infiammatorie, principalmente da macrofagi modificati, usualmente circondati da linfociti.

  • La cellula tipica del granuloma è il macrofago modificato, denominato anche cellula epiteloide, grazie al suo aspetto morfologico.
  • Un'altra caratteristica del granuloma è la presenza di cellule giganti di tipo Langhans o tipo "corpo estraneo". Il meccanismo principale della loro formazione è la fusione di più macrofagi.

Stimoli lesivi di granulomatosi

Tra gli stimoli lesivi che provocano risposta infiammatoria di tipo granulomatoso ricordiamo:

  1. Microorganismi
    Il gruppo più importante è quello dei micobatteri, germi patogeni intracellulari. Quelli più importanti per l'uomo sono:
    • Mycobacterium Tuberculosis: responsabile della tubercolosi
    • Mycobacterium Leprae: responsabile della lebbra.
  2. Materiale estraneo inerte
    Dato che il materiale non è vivente, gli enzimi dei neutrofili non hanno la possibilità di distruggerlo. Il materiale rimane come un irritante cronico all'interno dei tessuti.
    Per esempio:
    • Polveri inorganiche esogene che penetrano (ad es. minatori); talco proveniente da quanti chirurgici e che resta nelle cicatrici o altro materiale chirurgico.
    • Materiali endogeni collocati in sede impropria o depositati in grande quantità come cristalli di acido urico (vedi gotta) o cheratina uscita da cisti epidermidi traumatizzate.
  3. Alcuni funghi'
  4. Fattori ancora ignoti come nella malattia "sarcoide"

4.  Sull'infiammazione

guarigione per prima e seconda intenzione

Guarigione per prima intenzione

Si tratta della guarigione di una ferita da taglio (con lembi giustapposti).
Taglio - coagolo - pus - crosta (riassorbimento di pus, coagolo, edema).
(v. pag. 49 del libro di riferimento)
Il processo avviene in quattro tappe (*):

  1. Neovascolarizzazione: nellangiogenesi i vasi preesistenti producono gemmazoni da cui germogliano i nuovi vasi. Intervengono diversi fattori di crescita. Si tratta di un processo SEMPRE patologico.
  2. Migrazione e proliferazine dei fibroblasti che producono collagene.
  3. Deposizione di matrice extracellulare.
  4. Rimodellamento tissutale: una volta finito il processo (degradazione del collagene, riassorbimento edema, scomparsa infiltrazione, scomparsa neovascolarizzazione) i macrofagi moriranno per apoptosi.
    l'epitelio presenta inizialmente una crosta in rilievo perché sotto di essa c'è la cute in ricostruzione. Il tessuto si rigenera TOTALMENTE, non restano tracce del danno subito!

Guarigione per seconda intenzione

Si tratta della guarigione di una ferita lacero-contusa (ulcere, ascessi, infarti, ecc). In questo caso c'è una grossa perdita di tessuto e i lembi della ferita sono separati.

Il processo avverrà anche secondo le prima quattro tappe (*) sopra descritte, ma ci sarà rioganizzazione di fibre collagene e sostituzione con tessuto connettivo. Si forma una cicatrice (fibrosi) - V. RIPARAZIONE FIBROSA.


5.  Differenze infiammazione acuta e cronica

Tabella riassuntiva

  Infiammazione acuta Infiammazione cronica
Durata Pochi giorni Settimane o mesi
Clinica Sintomatica, funzionalità e morfologia vengono ripristinate Esordio asintomatico e a lungo termine
Istologia Alterazioni vascolari; infiltrazioni di neutrofili Infiltrazine di macrofagi e linfociti
Guarigione Processi finali di guarigione Tentativi di guarigione simultanei a processi infiammatori

6.  Pagine correlate, Sitografia

Immagini Gfdl:

Cerchi con Google
in generale nell'Enciclopedia di Medicina popolare


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